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Roberto Rustioni. Čechov interno giorno

Roberto Rustioni con Villa Dolorosa porta in scena una riscrittura da Anton Čechov. Recensione

 

roberto rustioni
Foto Manuela Giusto

La riscrittura. Questa pratica che alle arti giova per il semplice sforzo di recuperare un senso intimo dalle opere classiche, stipulando con loro – con gli artisti che le hanno composte – un patto segreto di reciprocità, fino a tradurlo all’epoca contemporanea, ossia nel tempo e nel luogo dove quell’appartenenza, quella loro classicità, si esplicita e si rende concreta essenza di ciò che esiste. Rebekka Kricheldorf è una berlinese del 1974 e ha pensato bene che Tre sorelle di Anton Čechov dal 1900 avesse per l’oggi un messaggio di forte presenza; ha dunque immaginato che il senso di solitudine estrema che lega la famiglia ma esclude da qualunque possibile relazione con altri mondi, che la monadica coesione in cui fiorisce quell’ilarità repressa capace di consumare di infelicità le menti più brillanti, potessero essere traslate in un contesto attuale mantenendo i caratteri capillari del dramma originale. Villa Dolorosa prende nome, questo spettacolo nato all’interno del progetto Fabulamundi e in scena con la regia di Roberto Rustioni per Le Vie dei Festival 2015 al Teatro Vascello di Roma, dopo aver vissuto una fase creativa nell’ottimo spazio residenziale delle Carrozzerie n.o.t.

Del modello si mantiene l’intreccio legato alla casa, vera protagonista della piece, con la penosa gestione dei rapporti interni sempre sul punto di scoppiare e morbosamente conservati fin quasi alla nausea e all’asfissia: Irina, Maša, Ol’ga, con il fratello Andrej costituiscono qui un blocco unico che non riesce a costruire una rete esterna, lasciando morire l’evoluzione in un incestuoso affare di famiglia; a nulla vale il ricorso a mariti, mogli, figli, amanti, agenti esterni che non agiscono perché è vietata loro la successione, il passaggio di testimone diretto che si caratterizza con l’uso e l’appartenenza proprio alla casa, vera gabbia dorata di una decadenza inarrestabile; è un’eredità che i figli non riescono ad assimilare e trasformare, un possesso che li ha spersonalizzati uno per uno e li rende, in fondo a qualche timido segnale di apertura subito murata, insensibili a qualsiasi contatto esterno.

Roberto Rustioni
Foto Manuela Giusto

Roberto Rustioni, dopo aver lavorato su Tre atti unici da Anton Čechov, si ritaglia, grazie a questa riscrittura, la possibilità di compiere un passo in più nell’opera di attualizzazione dell’autore russo, ponendo la situazione cechoviana in un ambiente immobilizzato, in cui gesti e parole ricorrono ogni giorno di ogni anno, con una ciclicità spaventosa cadenzata dal continuo ritorno all’appuntamento con il compleanno di Irina. Anche qui, come da buona tradizione, Čechov non prescinde da questo dialogo intrecciato di tragico e comico, quel dolore recondito non si attenua dell’ironia ma anzi forse ne viene ancor di più estremizzato, vittima dell’ultima dose di cinismo autoinflitta. Il tempo sembra non passare mai, anno dopo anno, eppure il deterioramento dei desideri, l’invecchiamento delle posizioni, la crescente non disponibilità al cambiamento, la negazione progressiva della libertà di scelta, invece di segnare il segmento cronologico lo rendono evanescente, esaurito, come l’ennesimo samovar soprammobile – feticcio del tempo – regalato per lo stesso, nuovo, compleanno.

Ultima nota è per chi abita la scena. Sempre di più nel teatro contemporaneo si affaccia una presenza innegabile, sempre più parliamo di teatro degli attori. Sì, ma gli attori di teatro. Gli attori che sono, teatro. Quelli come Federica Santoro (qui con i bravi Eva Cambiale, Carolina Cametti, Gabriele Portoghese, Emilia Scarpati Fanetti e lo stesso Rustioni) che non entrano nei personaggi, li consistono. Costoro, piuttosto che interpretare un personaggio, cioè dare a esso alcuni caratteri propri, compiono il percorso inverso e conferiscono a sé stessi alcuni caratteri del personaggio, limitando ancora di più, in tal modo, la sfumatura di verità che sibila sospesa tra realtà e finzione.

Simone Nebbia
Twitter @Simone_Nebbia

VILLA DOLOROSA
Tre compleanni falliti
liberamente tratto da Tre sorelle di Čechov
uno spettacolo di Roberto Rustioni
di Rebekka Kricheldorf
traduzione Alessandra Griffoni
adattamento e regia Roberto Rustioni
con Federica Santoro, Roberto Rustioni, Eva Cambiale, Carolina Cametti, Emilia Scarpati Fanetti, Gabriele Portoghese
assistente alla regia Gabriele Dino Albanese
Produzione Fattore K
in collaborazione con Associazione Olinda Onlus e Cadmo/Le Vie dei Festival
progetto ideato nell’ambito Fabulamundi Playwriting Europe 2014
residenza Carrozzerie n.o.t.

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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