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L’assassinio di Bin Laden è un videogioco teatrale

L’assassinio di Bin Laden è protagonista dell’ ultimo spettacolo di Agrupación Señor Serrano. Recensione. Visto a Short Theatre 2015

foto Claudia Pajewski
foto Claudia Pajewski

Tre case identiche, una costruita ad Abbottabad, in Pakistan – fortino militare usato per proteggere l’uomo che fino a qualche anno fa era il più ricercato del pianeta – , una identica alla prima tirata su in North Carolina per progettare la missione e addestrare i reparti alla cattura dell’obiettivo (dead or alive), l’ulltima in Giordania dove una troupe cinematografica aveva destinato la propria location per un film. Pellicola che portò la regista Kathryn Bigelow agli Oscar, ma alla base di Zero Dark Thirty vi è il racconto di Marc Owen, al secolo Matt Bissonnett, uno dei ventitré Navy SEALs protagonisti della missione e autore del saggio No Easy Day.
A pensarci bene questo A House in Asia visto a Short Theatre, della compagnia catalana Agrupación Señor Serrano – ultima premiata alla Biennale di Venezia con il Leone d’argento – è una camera degli specchi, al centro della quale c’è un avvenimento, realmente accaduto, che già si presenta con i tipici connotati da mistero internazionale e che dunque è esso stesso un prisma di specchi con alcuni lati deformati e deformanti. Al gruppo fondato da Alex Serrano non è il piano politico e giuridico a interessare, nello spettacolo non c’è l’obiettivo di fare emergere la verità rispetto alla prassi sicurezza internazionale. Se alcune domande emergono lo fanno per rifrazione, perché un’immagine colpisce quel prisma su uno degli angoli deformati. Scrostando la superficie dei fatti fino ad arrivare all’essenza, ciò che resta è uno Stato, il più potente del mondo, che in seguito all’attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle dà la caccia al famigerato leader di Al-Qaida Bin Laden, dopo anni scova il suo nascondiglio, addestra una truppa scelta, assalta il luogo dove il terrorista viveva con la propria famiglia, lo uccide ma non mostra il corpo a nessuno e per bocca del proprio presidente dichiara di averlo sepolto in mare. E se ora, vista l’escalation di terrore in Medio Oriente e la sostituzione di Al-Qaida con l’Isis, sappiamo senza smentita alcuna che le scelte Usa post 9/11 sono state un fallimento, non possiamo non riflettere sulla portata etica del singolo avvenimento.

foto Claudia Pajewski
foto Claudia Pajewski

Il lavoro di Serrano (ideato con Pau Palacios e Ferran Dordal) mette in moto il pensiero etico attraverso un ironico mash-up di metafore, immagini e paradossali giustapposizioni; è un grande Blob a tema che a partire proprio dai tragici eventi del 2001 arriva alla cattura e uccisione di Bin Laden. Quello che interessa agli spagnoli è soprattutto il trattamento mediatico della vicenda, quella rifrazione che muta il senso in diversi e surreali piani. Da qui, il dispositivo teatrale utilizzato, probabilmente il più efficace per gli obiettivi prefissati, prevede un’apparente riduzione ai minimi termini della centralità attoriale a fronte di una narrazione collettiva affidata a riprese live, miniature, video, registrazioni audio e naturalmente manovratori. È un enorme videogame – d’altronde l’operazione americana e soprattutto il suo utilizzo da parte dei media lo sono già di per sé – il cui prologo rappresentato da un simulatore di volo che schianta il proprio aereo sulle Twin Towers ne è il simbolo, oltre a essere la prima delle tante torsioni a cui i catalani sottopongono la linea drammaturgica degli avvenimenti.

Assistiamo a una moltiplicazione a domino dei piani mediatici: l’avvenimento reale (o dato reale per convenzione), la sua rappresentazione letteraria per voce di uno dei protagonisti, il film e infine il teatro. Scomposizione che correrebbe il grosso rischio di divenire fine a sé stessa se non lavorasse su un fatto condiviso dal grande pubblico e se non disponesse di una componente ludica potentissima. A House in Asia è intrattenimento puro, e verrebbe quasi da dire “per tutta la famiglia”, difficile non appassionarsi a questo teatro fatto di segni semplici e multimediali allo stesso tempo. Sul palco i modellini del compound, gli elicotteri, l’automobile del soldato in una fumosa notte di un altro tempo e poi marines e terroristi rappresentati da cowboy e indiani: tutto è supportato dall’impianto tecnologico al servizio di una diretta video che con tanto di regia in scena riesce a mescolare i punti di vista e i piani narrativi, prendendo continuamente lo spettatore in contropiede.

Andrea Pocosgnich
Twitter @AndreaPox

Visto a Short Theatre 2015, La Pelanda, Roma, Settembre 2015

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A House in Asia
creazione Àlex Serrano, Pau Palacios e Ferran Dordal
interpreti Àlex Serrano, Pau Palacios e Alberto Barberá
voci James Phillips (Matt) and Joe Lewis ( il giovane marine)
direttrice di produzione Barbara Bloin
video Jordi Soler
sound design e colonna sonora Roger Costa Vendrell
light design Alberto Barberá
modellini in scala Nuria Manzano
costumi Alexandra Laudo
consulenza tecnologica Eloi Maduell e Martí Sánchez-Fibla
consulenza legale Cristina Soler
consulenza al progetto Víctor Molina
fotografo Nacho Gómez
management Iva Horvat / Agente129
consulente per l’Italia Ilaria Mancia
produzione Agrupación Señor Serrano, GREC Festival de Barcelona, Hexagone Scène Nationale Arts et Sciences – Meylan, Festival TNT – Terrassa Noves Tendències, Monty Kultuurfaktorij, La Fabrique du Théâtre – Province de Hainaut
col supporto di Festival Hybrides Montpellier, Festival Differenti Sensazioni, Departament de Cultura de la Generalitat, INAEM
ringraziamenti speciali a Montserrat Bou, Emma Argilés, Olga Tormo, Carmen Zamora, Àngels Soria and Cristina Mora.
grazie a cube.bz, Max Glaenzel, Marta Baran, Berta Díaz Laudo, Ro Esguerra, Henar Rodríguez (Escola de maquillatge Montserrat Fajardo), Carine Perrin, Matis Guillem, Rosa Pozuelo, Àngela Ribera, Valérie Cordy, Denis Van Laeken and Iván Gómez García.

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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