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Gli Omini e i miracoli dei santi

Gli Omini arrivano a Roma per Le vie dei festival con L’asta del santo. Recensione.

 

Foto gli omini
Foto gli omini

Non lo definiscono un gioco né (affermazione beatamente provocatoria) tantomeno uno spettacolo. Ma L’asta del santo – proposto in due sere consecutive al Teatro del Lido di Ostia e al Teatro Vascello per Le vie dei festival – è indubbiamente teatro. Gli Omini, senza nascondersi in una struttura altra, svelano immediatamente la dinamica della serata: l’asta dei “santini”, comprati a gran voce dal pubblico attraverso un fittizio e casuale patrimonio di fiches, occupa una posizione predominante. Per chi fosse pratico di queste raffigurazioni di figure sacre dai colori svaporati e istruttive storie di vita, si troverebbe davanti a coloratissime versioni, a volte ironicamente reinterpretate, ma le quali vengono presentate (ed è questo un primo cortocircuito interessante) in assoluta conformità alla tradizione cattolica. Durante questo spettacolo che, come gli Omini stessi affermano in scena, «si vanta di cavalcare i momenti morti», la distribuzione è accompagnata dalle storie dei santi esposti, raccontate perché se ne accresca il valore di mercato ma anche perché «non si dica che Egli non ci ha insegnato nulla». Sul palco pieno soltanto di un altarino e di una doppia cordata sospesa (il transetto?), il maestro d’asta, un Luca Zacchini in golf rosso e cospicue occhiaie, prende in tutto il posto dell’officiante: introduce alla simbologia, ai rituali, alle storie; predica, bacchetta, riscuote, introduce al gioco e, come un buon prete, ci rende edotti del valore iconologico delle immagini, le cui silhouette sono tutte inscrivibili nella figura del pesce, che egli stesso ha creato per il Suo pubblico. Del resto la referenza con la quale agisce sembra proprio suggerire quella maiuscola: accompagnato e legittimato dall’assistente uomo-pesce (anche cantante e soggetto al sacrificio in questa veste da fratino è Francesco Rotelli), pian piano Zacchini non è più lo strumento, è lui la divinità che compie «almeno due miracoli», di ironica e geniale semplicità. Qualora voleste, potreste leggerla qui la critica innescata con leggerezza verso la “santificazione” di un qualsivoglia leader, ma non è questo il fine.

SB fotografia
SB Fotografia

L’indagine antropologica alla base del processo di creazione drammaturgica de gli Omini (vedi i lavori precedenti come Gabbato lo santo, Tappa o La famiglia Campione tra gli ultimi) si sposta in questo caso sul piano storico: Giulia Zacchini raggruppa e ricrea le cinquantadue storie partendo dalla narrativa sacra, ne scova le stranezze, le curiosità, le molte incongruenze del cattolicesimo, la crudeltà del percorso verso la santità (a volte ben predisposto dalla mano divina). La drammaturgia è tessuta dunque in un ritmo dato dall’alternanza dei quattro gruppi di carte dove al posto dei semi troviamo santi martiri, santi di strada, sante donne e santi d’acqua. Alle gag (o alla trovata “pubblicitaria” a tema che porta in scena sei confezioni d’acqua imbottigliata…) che spezzano l’andamento e alle quali segue lo sguardo di rimprovero del maestro al suo assistente, si alternano i singoli episodi, ora cruenti ora divertenti nei loro improbabili accostamenti (geniale l’introduzione a Veronica, patrona di lavandai, fotografi e malati di emorroidi).

L’approccio ha il merito di mantenere un’ironia e una delicatezza che non sconfinano mai nell’offesa aperta – le rappresentazioni «delle morti di cattivissimo gusto, il catto-gusto» viene colto con ironia anche da qualche prete, ci narrano – ma lo rendono un contenitore adattabile tanto in cornici teatrali quanto alle situazioni più disparate. Ne ricordiamo una tra le primissime repliche, in un circolo bocciofilo, pensata all’interno del Festival Inequilibrio di qualche anno fa; l’entusiasmo rasentava l’accanimento. Del resto l’integrazione (e non la semplice interazione) degli spettatori all’interno del meccanismo scenico è un’altra cifra tipica della compagnia toscana, nei progetti sul territorio quanto negli spettacoli. Cosa fare in questo caso, senza altra carta in mano? Unirsi in cooperativa e puntare sul santo vincente; se la fede vi assiste, potreste avere una due tre casse di santi: Anna, Croce, Pellegrino. Quest’ultima, precisano, solo frizzante.

Viviana Raciti
Twitter @viviana_raciti

Visto al Teatro Vascello, settembre 2015.

L’ASTA DEL SANTO
Disegni di Luca Zacchini. Scritture di Giulia Zacchini.
Con Luca Zacchini e Francesco Rotelli.
Coproduzione di Armunia/Festival Inequilibrio Castiglioncello.

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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