HomeArticoliSantacristina, spazio di formazione e libertà teatrale

Santacristina, spazio di formazione e libertà teatrale

Abbiamo vissuto una giornata con i giovani interpreti e gli insegnanti del Centro Teatrale Santacristina.

 

lezione con Fausto Russo Alesi
lezione con Fausto Russo Alesi

Ci sono eredità incalcolabili, difficili da gestire, lasciti che portano con sé la necessità di una riorganizzazione e di una ricerca per far fronte alla rottura di equilibri storici. Dopo la morte di Luca Ronconi, il Piccolo Teatro di Milano ha cambiato strada cercando un rinnovamento nel solco della tradizione e affidando l’incarico della consulenza artistica a Stefano Massini, drammaturgo tra i più apprezzati in Italia e in Europa. Ma la dipartita del Maestro aveva lasciato molti punti interrogativi non solo nel futuro dell’istituzione di via Rovello: l’altra casa di Ronconi era infatti il Centro Teatrale Santacristina, un luogo di formazione e creatività fondato nel 2002 dal regista insieme a Roberta Carlotto.
Ronconi ne era l’anima, instancabilmente seguiva ogni progetto e immaginava Santacristina come uno «spazio di libertà». D’altronde è proprio qui, tra il verde delle colline e delle campagne umbre che sono nati percorsi come quello sui Sei personaggi; spettacolo creato con gli attori appena diplomati dei corsi del 2010 e del 2011 dell’Accademia Silvio d’Amico. Un lavoro durato tre anni, dunque con tempi e modi non rintracciabili nel panorama della produzione teatrale.

Lezione con Fausto Russo Alesi
Training fisico

Quest’anno il Centro diretto da Carlotto aveva programmato l’ennesimo progetto formativo, dedicato a 32 tra attrici e attori, per metà neodiplomati e per metà professionisti. Come è naturale sono arrivate più di mille richieste – anche perché sono ben poche le possibilità di perfezionamento totalmente gratuite e in questo caso il centro offriva anche vitto e alloggio. Il bando scadeva a metà gennaio, poco più di un mese prima della triste notizia. Per lo staff di Santacristina si trattava di capire se e come proseguire l’esperienza: Ronconi avrebbe tenuto per sé la maggior parte dei corsi, bisognava velocemente rimodulare il progetto cercando una nuova strada che mantenesse però le stesse radici. Ecco allora la scelta, forse l’unica percorribile, di frammentare il piano di studi affidando a più attori/insegnanti i corsi che avrebbero animato i due mesi estivi del centro.

Il percorso diventa così una scuola fatta di stimoli e approcci differenti, anche molto distanti tra loro, ma che lasciano intravedere segni e riferimenti comuni. I pedagoghi scelti infatti sono alcuni tra gli interpreti che negli anni hanno lavorato con continuità accanto al grande regista milanese. Ognuno di loro arriva a Santacristina con un metodo, ma soprattutto un testo tra le mani, che talvolta rappresenta anche parte del percorso ronconiano: Goldoni, Pasolini, O’Neill, Spregelburd, Turgenev, Pirandello, Svevo, Kraus, Siciliano, Hugo, Ibsen, Weil. Ai nomi di Umberto Orsini, Riccardo Bini, Giovanni Crippa, Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Manuela Mandracchia, Massimo De Francovich, Massimo Popolizio si affiancano quelli di  Maria Consagra e Alessio Romano, autori di un training fisico della durata di un mese. 420 ore di insegnamento impreziosite anche da percorsi laterali quali il seminario sull’organizzazione teatrale tenuto da Roberta Scaglione e le lezioni di Gianfranco Capitta sul teatro di Ronconi. Inoltre per la classe di neodiplomati, grazie alla collaborazione l’Associazione FORMA.Azione di Perugia e al finanziamento della Regione Umbria, un ulteriore percorso si concretizzerà in quattro mesi di tirocinio retribuito presso compagnie e teatri.

lezione con Manuela Mandracchia
lezione con Manuela Mandracchia

«Ho continuato a comprare e comprare terra per evitare che costruissero. Mi piace passeggiare, stare con gli animali, andare per boschi e incontrare il capriolo, il cinghiale, il tasso. Ho gli asini e due cavalli. Cani basta, perché me ne sono morti troppi avvelenati dai cacciatori. Allora, adesso, solo gatti». Queste parole del Maestro le riportava Sandra Petrignani in un articolo apparso qualche anno fa su L’Unità. E d’altronde il paesaggio verde in cui il Santacristina è immerso salta subito agli occhi, culla e ingabbia le esistenze di questi 32 giovani che hanno deciso di dedicare due mesi della propria vita al tempo sospeso, porgendo l’orecchio al proprio corpo e ai propri sentimenti. Basta dare un’occhiata al lavoro mattutino di Alessio Romano per essere testimoni di un ascolto del corpo che cerca di rimettere in comunicazione gli attori con ogni sezione prima del fisico e poi del movimento. Non a caso il titolo del progetto formativo è “Il corpo nelle parole” e le parole vengono cercate, accudite attraversate con la consapevolezza della presenza di uno strumento che deve sostenerle con ogni muscolo anche quando nascono attorno a un tavolo.
Così accade nelle lezioni di Fausto Russo Alesi: quando arrivo in classe li trovo tutti attorno al rettangolo a misurarsi con La modestia di Rafael Spregelburd, testo che Alesi affrontò con Ronconi nel 2011. Riconosco un po’ di facce, viste su qualche palcoscenico. C’è un’ampia varietà, per provenienza e formazione: non solo accademie, non mancano i lupi solitari, che dopo cena conoscerò meglio nel silenzio di questo casale che si immerge subito nella notte. Alcuni dormono qui, altri giù in città. Dopo un po’ ci si abitua, mi dicono, si abbandonano certe ansie, quella del cellulare ad esempio, perché non c’è linea se non raramente o in un fazzoletto di prato che automaticamente nelle pause diventa il luogo deputato per avere contatto con l’altra vita, quella che c’era prima di partire e che tornerà finiti i due mesi.

training fisico
Training fisico

Mi siedo in mezzo a loro, vicino a me Alice: la sua formazione non ha nulla di accademico, ha studiato con la Socìetas Raffaello Sanzio per poi costruirsi un percorso autonomo. Non è il suo turno, eppure la vedo immobile quasi a creare una piccola partitura di gesti e intenzioni. Poi alzando lo sguardo mi accorgo che è una pratica comune: ognuno cerca di mettere a punto gli insegnamenti, suggerimenti e indicazioni, in silenzio. Fremono sulla sedia, si contorcono e quando è il docente a mostrare un gesto, una piccola battuta o un intero monologo pendono dalle sue labbra. Alesi non si risparmia, l’impressione è che metta un’energia non molto inferiore a quella usata sul palco, i giovani attori cercano la propria strada tentando di non cadere nella trappola della mimesi. L’impostazione non è molto diversa dalla messinscena di uno spettacolo, i protagonisti hanno già quasi tutta la memoria pronta, si lavora per ore su un dialogo, per approssimazioni minime, e certe volte si ha la sensazione sfiancante di fare due passi avanti e uno indietro. Ci si accorge di quanto sia complesso, tremendo e magnifico il mestiere dell’attore: dopo ore di lavoro a tavolino si nutre di piccole meraviglie. Brillano gli occhi dei compagni quando accade qualcosa di vero e potente.

Nella giornata che mi ha visto in mezzo a loro come osservatore silente, in un prezioso laboratorio artigianale Manuela Mandracchia lavorava con i più giovani, i neodiplomati. Di loro non conosco quasi nessuno, l’atmosfera è diversa: la lettura si alterna ai giochi, ma la stella polare rimane il testo. L’attrice della compagnia Mitipretese non lo recita, non mostra una sua interpretazione, crea immagini e dà voce al sottotesto: «Non date mai in pasto la vostra biografia a nessuno». Discutono di Pirandello e Freud: «Come si fa a raccontare un’ossessione? Come la rappresenti?». Cercare le motivazioni a partire dal corpo e dagli impulsi lanciati dagli altri. Vengono formate delle coppie, un attore si siede di fronte a un’attrice, lavoreranno sul celebre dialogo tra Verri e Mommina (Questa sera si recita a soggetto di Pirandello), dietro di loro due manovratori scelgono gesti lenti e delicati, altri due avranno il compito di suggerire il testo.

Non c’è la fretta di mettere in scena nulla, ma la consapevolezza che questo tempo sospeso è un lusso e permette di cercare strade nuove, di incontrare l’errore e ritornare a giocare. A Roberta Carlotto e al suo staff il dovere di trovare nuovamente percorsi futuri, per rendere possibile questa piccola e importante anomalia.

Andrea Pocosgnich
Twitter @andreapox

Telegram

Iscriviti gratuitamente al nostro canale Telegram per ricevere articoli come questo

Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Pubblica i tuoi comunicati

Il tuo comunicato su Teatro e Critica e sui nostri social

ULTIMI ARTICOLI

Orecchie che vedono: la danza che si ascolta a Gender Bender

Al festival bolognese Gender Bender molte sono state le proposte di danza, tra le quali sono emerse con forza il corpo resistente di Claudia...