Carrozzerie n.o.t. ospita il decimo RedReading, su Furore di Steinbeck. Uno spettacolo di Tamara Bartolini e Michele Baronio. Recensione
In tempi di asperità economiche, il nostro teatro corre e suda alla ricerca di soluzioni. Lo fa scandagliando spazi, opportunità, idee, inventando nuove performatività sostenibili, mettendo a punto format agili e versatili, tornando all’origine del progetto di messinscena. Non è nemmeno più (come lo era stato anni fa) tempo di studio #1, anticamera #2, primo passo, secondo appuntamento, forse perché gli artisti stessi hanno smesso di credere alla possibilità di transitare verso un livello successivo, è stato strappato loro il senso di una prospettiva. La creazione, oggi, domanda un arduo e quasi impossibile ritiro ascetico o invece una ancor più pericolosa bulimia. Ma vi sono anche altre soluzioni, ad esempio quella trovata da Tamara Bartolini e Michele Baronio con il loro RedReading, giunto oggi al decimo appuntamento. L’atto della lettura c’è sempre, immancabili microfono e leggio, da dove i due si lanciano frammenti di testo, ma c’è sempre anche la musica, eseguita dal vivo, cavalcata, evocata. L’ambiente del reading, che troppo spesso, altrove, ci è sembrato asfittico o quasi mai sufficiente a rendere giustizia al contempo a un testo, alla sua declinazione orale e alla cura della dimensione performativa, qui riceve una potente ventata di vitalità.
Come in altri esperimenti di successo, alla base di RedReading ci sono sincerità e amore per l’espressione e per la traduzione in emozioni, il pubblico – sempre molto nutrito – è invitato ad attraversare la materia “monografica” lasciando ai due artisti il compito di una totale espansione. Lo spazio organizzato alla buona, in uno scenario che potrebbe stare in un salotto come in un angolo di strada, sedie e tavoli illuminati da una lunga cordata di lampadine, come reti da pescatore abbandonate in terra dopo una faticosa uscita in mare aperto; un’area laterale riservata alla musica, e un cerchio di sedie e divani dove si raccolgono ospiti complici, voci altre che amplificano il piano semantico e approfondiscono il Discorso, con la D maiuscola. Alle Carrozzerie n.o.t., mai così gremite, si è svolto il capitolo 10, Furore, a partire dal celeberrimo romanzo di John Steinbeck, firma-simbolo della letteratura americana del Novecento, insignito del Nobel nel 1962, sei anni prima della sua scomparsa. La parete di fondo ospita qualche spezzone dell’adattamento cinematografico di John Ford (1940), lasciando via via il posto a immagini più vicine a noi, dai barconi ai reportage sulla lotta dei contadini indiani e sudamericani fotografati da Manlio Masucci.
Perché la storia della famiglia Joad, cacciata dai proprietari terrieri dall’Oklahoma e in cerca di sopravvivenza nel miraggio dorato della California, è una storia di resistenza e sudore che riguarda da vicino tutti i migranti, di ieri, di oggi, di domani. Di quello stesso termine, migrante, Bartolini e Baronio vogliono allargare le maglie, chiamando alla presenza testimonianze molto diverse: snodando un percorso avvincente attraverso i capitoli del disperato viaggio dei Joad, la serata apre spazio al racconto in prima persona di Majid Hussain, migrante contemporaneo che a Roma ha trovato modo di diventare un attivista dei diritti umani o a un lucido commento del ricercatore Francesco Raparelli. Ruchi Shroff, membro di Seed Freedom – il movimento mondiale che protegge la biodiversità e la libertà della semina dalle severe leggi del capitalismo industriale – ci offre il quadro doloroso della lotta degli agricoltori indiani, una lotta per la terra e sui suoi frutti, come dire per la vita. E un contributo dell’artista “nomade” Elena Bellantoni racconta dell’incontro, in Patagonia, con Cristina Calderon – ultima donna dell’antica stirpe Yaghan – dal quale nasce il tentativo di preservare una lingua quasi morta attraverso un abbecedario illustrato. Attorno, le canzoni scritte e interpretate da Baronio (anche alla chitarra) con Renato Ciunfrini e Sebastiano Forte non sono una colonna sonora, ma un vero e proprio ambiente che si costruisce e si distrugge intorno alle parole, quelle lette e quelle elaborate.
Tutto sembra tornare, allora, ché il titolo originale di Furore è The Grapes of Wrath, i grappoli del furore, riferimento alla terra, al vitigno come paradigma dell’essere vivente che resiste alle intemperie, ai suoi frutti d’ira come ostinato germoglio dello spirito rivoluzionario. Al di là della sua sconvolgente contemporaneità, questo romanzo contiene una vocazione all’espansione dei concetti e il linguaggio liquido, gentile e dirompente messo a punto dai due artisti romani, diviene un saldo ponte per le coscienze. Un teatro semplice che è politica allo stato puro.
Sergio Lo Gatto
Twitter @silencio1982
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Carrozzerie n.o.t., maggio 2015
REDREADING #10 FURORE
lungo la linea del furore alla ricerca della terra perduta
a partire dal libro FURORE di J.Steinbeck (ed.Bompiani)
di e con Tamara Bartolini/Michele Baronio
e con la partecipazione di Elena Bellantoni (artista) Renato Ciunfrini (musicista) Sebastiano Forte (musicista) Majid Hussain (migrante e attivista dei diritti umani) Francesco Raparelli (ricercatore free lance, attivista sindacale Clap) Ruchi Shroff (Campagna Internazionale Seed Freedom) I ragazzi della compagnia n.o.t e il contributo fotografico di Manlio Masucci (giornalista)
suono Paolo Panella
foto Chiara Vittorini
produzione Bartolini/Baronio e 369gradi
collaborazione Carrozzerie n.o.t