All In Festival. Fiona Sansone dirige Diario di una casalinga serba al Teatro Argot Studio. Recensione
I giovani. Non fai in tempo a farne parte che non ne esci più. Si diventa categoria invisibile ancor prima di considerare la prima maturazione, si entra in un cassetto con l’etichetta fuori perché altri sappiano dov’è nascosta l’energia per farne retorica. Allora poche chiacchiere: stando al 2014-15 questo paese investe attualmente in cultura meno di tutti i paesi membri dell’OCSE (meno per intenderci della Turchia, del Cile, della Corea del Sud) e l’investimento sulla scuola lo vede all’ultimo posto della speciale classifica (8,6% contro il 21,6% della Nuova Zelanda, per dire); non è allora il caso di dire che dei giovani, qui, non freghi niente a nessuno? E allora questi giovani devono fare da soli e nel teatro, a Roma, il gruppo All In under 25, unito dall’esperienza di Dominio Pubblico, ha dato vita a All In Festival che per primo ha portato in questa città un’idea progettuale su più spazi del centro – non ci è mai riuscito il Teatro Stabile ora Nazionale, che qui ha comunque una partecipazione –; ad alcuni spazi non teatrali come i musei e i palazzi si uniscono altri più espressamente legati alla scena e tra quelli che meglio stanno operando in questi ultimi anni. Va detto, e chiaro: se questo è quel che sanno fare – certo coadiuvati da un’organizzazione di livello – l’investimento che non fa il potere centrale lo fa direttamente il singolo che immagina e cerca di dar forma all’immaginazione.
Proprio in questo festival, al Teatro Argot Studio strapieno, mentre gli altri giorni andavano in scena spettacoli già visti ma di buona qualità come Girotondo di Simone Giustinelli, La Patetica della Compagnia Marabutti o Quel noioso giorno d’estate di Niccolò Matcovich, è stata presentata l’anteprima di uno spettacolo che debutterà al CSS di Udine (anche produttore) e che si segnala come un ottimo lavoro: Diario di una casalinga serba, interpretato da Ksenija Martinovic e diretto da Fiona Sansone, liberamente tratto dal romanzo omonimo di Mirjana Bobic Mojsilovic.
Si tratta di una storia, quella di una donna che è un’altra storia, quella della Jugoslavia. Prima di diventare “Ex” e dopo di sentirsi, chiamarsi: Serbia. Se ne parla poco, c’è una piccola reticenza che riguarda l’esperibilità degli avvenimenti, la distanza da cui trattarli; è come se certe città, certi luoghi dove il mondo contemporaneo si è forzosamente formato nel sangue rappreso alle strade bombardate, con troppa rapidità avessero preso la via di un libro di testo, privo dello spessore necessario a comprenderne cause ed effetti. Per questo, non mi stancherò mai di dirlo, c’è l’arte, c’è il teatro che pone sulla scena l’esplicito richiamo al reale attraverso una situazione, dispone la vita collettiva in forma esemplare e la discute evidenziando le questioni nascenti dall’articolazione della società, a teatro ci si dà appuntamento perché questo spaccato d’esistenza sia posta sotto una lente sia pur deformata ma in ogni caso quanto più possibile nell’apparizione formale di una verità.
C’è una donna, anzi, c’è questa donna che si chiama Andjelka e attraversa la memoria di una trasformazione epocale con malcelata nostalgia, eppure quel sentimento non percuote il desiderio di cambiamento, c’è come un contrasto che si svolge dentro di lei e disegna il suo volto di una bellezza perduta, irrimediabile; su quel volto, il volto di un popolo, la deriva di una guerra intestina che marca i confini via via sempre più stranieri per ogni solco tracciato, per ogni colpo sparato dal fuoco, un tempo, amico.
Per le mani un registratore che conserva la sua voce in mezzo alle canzoni slave moderne per un tempo in cui sarà diversa, attorno ha cassette di legno che si fanno contenitori e pedane, fino a divenire luoghi di una minuta appartenenza; ogni rivolta che passa per i suoi incontri, per l’attraversamento dei luoghi noti, si addensa di una contraddizione che mescola la convinzione al diniego, mistificata dagli eventi che prontamente deludono lei e un popolo intero.
Eppure è una donna, solo una giovane donna. Com’è possibile che vi si possa scorgere il mutamento dei decenni? Perché c’è una regista, Fiona Sansone, capace di svolgere ogni necessità del testo sul corpo dell’attrice che si fa diversa una scena dopo l’altra, di articolare un percorso drammatizzato fluido, una fase unitaria di composizione, attraverso l’uso di piccoli ma risolutivi accorgimenti, mai sbadato, mai casuale.
Ecco cosa fanno gli under 25, fanno cose da grandi. E noi da grandi li trattiamo, perché cadano, come i confini della storia, tutti i ghetti di ogni categoria.
Simone Nebbia
Twitter @Simone_Nebbia
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Teatro Argot Studio, Roma – maggio 2015
DIARIO DI UNA CASALINGA SERBA
testo liberamente tratto dal romanzo Diario di una casalinga serba di Mirjana Bobic Mojsilovic
regia Fiona Sansone
interpreti Ksenija Martinovic
produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG per StarArt
si ringrazia Centrale Preneste Teatro/Ruotalibera Teatro