Al Teatro Tordinona la Compagnia Pietribiasi Tedeschi ha portato in scena Bios. Recensione su Taccuino critico.
Bios. Senza aprire vocabolari, trattati di medicina, di informatica o di filosofia, a voler operare una estrema sintesi di significato potremmo identificare il principio vitale con la trasformazione causata da agenti interni ed esterni, con un contrappunto che genera movimento. Seguendo quest’ottica, dall’ anatomia giungeremmo all’identificazione di un “dentro” e di un “fuori”, ciò che muove e da cosa sia mosso. Simili presupposti sono alla radice del progetto presentato al Teatro Tordinona da Cinzia Pietribiasi e Pierluigi Tedeschi, in una compenetrazione del lavoro della regia (anche video) di Pietribiasi sul testo di Tedeschi e la presenza in scena di entrambi.
Il movimento si fa spostamento del pensiero che induce all’ambivalenza percettiva: la visione di un fondale ci riporta a una consistenza metallica, a gigantografia epiteliale, istallazione di cellule, scaglie che a guardarle da vicino rivelano indagine interna, interiore – di interiora –, lastre di raggi x dove ossa e organi mutano in vuoto da cui osservare, mentre il nero dell’assenza si erge a muro per la visione. Altri ancora sono i capovolgimenti percettivi, il corpo si fa ombra, tela su cui proiettare un’immagine che si sdoppia nell’identità appartenendovi per ciò che appare ma non per la sostanza che è, sulla scena avviene il paradosso: la mano offre sul palmo un uomo in cammino, la nuca si capovolge e diviene il luogo su cui proiettare quello stesso viso che ora cela. L’astrazione porta ad un fenomeno curioso, una congiunzione di vicinanza e lontananza allo stesso tempo. Lasciandosi ispirare dalle famose pagine di “istruzioni” contenute nelle Storie di Cronopios e di Famas di Julio Cortàzar in scena assistiamo a questo paradosso, per cui alla freddezza tecnica corrisponde un invito alla soggettività, alla razionalità dell’ambizione poetica. Nonostante la drammaturgia acquisisca una propria indipendenza dai testi dello scrittore argentino, si ritrova una certa affinità nelle modalità di composizione, a tal punto da far vincere allo spettacolo, nel 2014, la prima edizione del Concorso “Cortázar e i linguaggi del nostro tempo”. Accompagnata da un imponente tappeto sonoro, (anche qui occorre riflettere per poli opposti: estraniamento ed evocazione) a cura di Marco Pedrazzini, l’azione svolta davanti, riflessiva, maschile, si sposta dietro, in un corpo che afferma il suo essere femminile contrastando con l’androginia delle forme. Dissezionare un processo allontanandosi dalla prassi, nell’individuazione dell’elaborazione scientifica di un atto e, allo stesso tempo, insinuarsi oltre la carne, tentare di cogliere il movimento dietro lo schermo.
Viviana Raciti
Twitter @viviana_raciti
Questa recensione appartiene al Taccuino Critico
Visto al Teatro Tordinona – Maggio 2015
BIOS
regia Cinzia Pietribiasi
con Cinzia Pietribiasi e Pierluigi Tedeschi
elaborazione video Cinzia Pietribiasi
testi Pierluigi Tedeschi
corpo sonoro Marco Pedrazzini (ICARUS ENSEMBLE)