Antonio Latella ha portato in scena Veronika Voss il personaggio cinematografico di Rainer Werner Fassbinder. Recensione
Non si è ancora spenta l’eco del Natale in casa Cupiello prodotto dal Teatro di Roma che Antonio Latella, con il suo gruppo di fidati attori, è già alle prese con una nuova produzione, a opera di un altro Teatro Nazionale, Emilia Romagna Teatri. Un periodo decisamente prolifico per il più quotato regista italiano, al quale verrà anche riservato un importante spazio alla Biennale Teatro di quest’anno. Lo spettacolo che ha debuttato allo Storchi di Modena (e che vedremo il prossimo anno anche nella stagione dell’Argentina di Roma) probabilmente non ha il peso specifico del Natale, non avrà la stessa risonanza – anche perché in questo caso il materiale di partenza non lo fornisce il più amato e popolare autore italiano ma arriva dalla cultura tedesca, da quella Germania in cui il regista vive e lavora da diversi anni. Eppure Ti regalo la mia morte, Veronika non è meno radicale, anzi forse sposta l’asticella ancora più in alto. Al centro del lavoro drammaturgico, curato dallo stesso regista e da Federico Bellini, c’è la figura affascinante, quasi mitica, di Rainer Werner Fassbinder (al quale Latella ritorna quasi a dieci anni da Le lacrime amare di Petra von Kant): l’autore cinematografico – tra i più importanti della scena tedesca del Novecento – morto che non aveva neanche 40 anni lasciando un vuoto incolmabile, uomo di teatro dalla penna vitale (ha firmato almeno due decine di drammaturgie), è nel progetto spettacolare di Latella una sorta di centro gravitazionale attorno al quale tutto ruota.
E infatti Fassbinder appare proprio in Veronika Voss, per un attimo, proprio all’inizio di quel film che a Latella conferisce lo spunto. Per dirla con la splendida e cechoviana immagine che chiude lo spettacolo, il Fassbinder di Latella è un grande albero, con radici secolari, capace, nonostante tutto, di generare ricchi frutti: le vite dei suoi personaggi. C’è insomma qualcosa che ci riporta alle tematiche artistiche e filosofiche care a Luigi Pirandello, a quella continua e ossessiva riflessione con cui l’agrigentino indagava l’atto creativo. Latella e Bellini costruiscono un labirinto di specchi nel quale lasciano smarrire il personaggio di Veronika e dunque anche l’attrice che la interpreta. La pellicola del 1982 è d’altronde anche cinema che parla di cinema: la protagonista è una ex-diva, celebre ai tempi del nazismo e diventata, sul viale del tramonto, una morfinomane. Monica Piseddu incarna perfettamente questa fuga dalla razionalità e da sé stessa; la sua Veronica è un personaggio in continua dissolvenza.
Accade anche, nel lavoro del regista campano, che ogni spettacolo contenga quelli precedenti, o comunque raccolga e ristrutturi determinate istanze. Ritroviamo qui la passione per il cinema (già emersa in Un tram che si chiama desiderio o in Francamente me ne infischio), la volontà di riconoscere certe esperienze artistiche come dei classici a cui attingere a piene mani e sui quali rifrangere le proprie ossessioni, la soluzione drammaturgica resa in un fitto intreccio di rimandi che spesso vede al centro del viaggio complesse figure femminili, l’uso di grandi spazi vuoti nei quali far emergere particolari scenografici significanti – continua il sodalizio con Giuseppe Stellato.
La qualità della tessitura è quella a cui ormai Latella ci ha abituato e che spesso è mimetizzata in una precisa grammatica teatrale. Non mancano infatti le luci puntate verso la platea (anche se qui si sprigionano, forse un po’ ironicamente, da una macchina da presa più che da un semplice faro), i costumi da scimpanzé, in questo caso bianchi come l’enorme tappeto che fa da fondale; non manca il lavoro ritmico-musicale sul testo a creare un materiale coreutico in grado di spezzare qualsiasi tentativo di immedesimazione del pubblico, ma anche imprescindibile per tracciare sul piano scenico una scrittura propriamente teatrale a partire da una vicenda cinematografica. È infatti il coro di scimmie a scandire perfino la punteggiatura dello script di Veronika Voss nella prima parte dello spettacolo (notevole la prestazione di attori e attrici), mentre sul fondale si compone in ombra, grazie al lavoro artigianalmente stupefacente di Altretracce, il viso della protagonista.
Come spesso accade per i lavori di Latella l’attenzione deve essere altissima altrimenti il rischio è quello che anche lo spettatore si perda nel labirinto di specchi: insomma ci troviamo di fronte a una di quelle opere attorno alle quali potrebbe essere utile e interessante per il teatro cimentarsi in un percorso di accompagnamento del pubblico. D’altronde lo spettatore è in questo caso esplicitamente protagonista, è a lui che Veronika all’impovviso, mentre la platea è ancora illuminata, chiede aiuto.
Andrea Pocosgnich
Twitter @AndreaPox
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TI REGALO LA MIA MORTE, VERONIKA
di Federico Bellini e Antonio Latella
liberamente ispirato alla poetica del cinema fassbinderiano
regia Antonio Latella
con Monica Piseddu e in o.a. Valentina Acca, Massimo Arbarello, Fabio Bellitti, Caterina Carpio, Sebastiano Di Bella, Nicole Kehrberger, Candida Nieri, Fabio Pasquini, Annibale Pavone, Maurizio Rippa
scene Giuseppe Stellato
costumi Graziella Pepe
suono Franco Visioli
luci Simone de Angelis
ombre Altretracce
assistente alla regia Brunella Giolivo
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione nell’ambito di Progetto Prospero