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L’Eden di Zaches Teatro e Zerogrammi

Eden connect the dots, Festival di danza contemporanea al Teatro dell’Orologio. Recensione.

 

Foto locandina
Foto locandina

Eden connect the dots il festival di danza contemporanea al Teatro dell’Orologio torna alla sua seconda edizione dal titolo Antropomorfi. Cinque serate per congiungere i punti tra noi esseri umani attraverso un percorso che trova nella danza il linguaggio privilegiato in grado di unire spazi, parola, slow food e incontri. Dopo aver preso parte a questa rassegna creata lo scorso anno da Gianni Parrella e Gianluca Cheli e rispettandone lo spirito «nel bisogno che abbiamo, sempre più imperante, di recuperare il contatto diretto con l’altro», presentiamo un confronto riguardante due dei lavori inseriti in programma: Il fascino dell’idiozia di Zaches Teatro e La grammatica delle nuvole di Zerogrammi….

LA DOLCE CONFUSIONE DI ZEROGRAMMI

Foto Manuela Giusto
Foto Manuela Giusto

Come un’epifania giungono vivi odori, sapori e luci di giorni lontani, addormentati nel ricordo e risvegliati nel presente, quando l’emozione li ricongiunge a noi in tutta freschezza. È malinconica euforia ad infondere quel nostalgico tepore del tempo che passa e di foglie che cadono, rosse nelle nervature, grandi e palmate, ricoprendo un «giardino d’autunno» perso nell’altrove. In questo spazio vigono delle regole stabilite da La grammatica delle nuvole di Zerogrammi (il peso della leggerezza), perché si è liberi di sognare ma per farlo servono delle leggi che ne disciplinino la capacità. Viaggeremo in un mondo di fiaba dove Alice e i suoi compagni, forse il Bianconiglio con la Lepre Marzolina – Chiara Gugliemi insieme a Chiara Michelini e Stefano Roveda – si lasciano solleticare dalla vertigine di un gioco scherzoso, nel quale l’equilibrio di una gestualità in bilico tra la clownerie e gli stilemi del teatro danza tratteggia un’ insolita storia di fanciullezza. L’intreccio registico curato da Stefano Mazzotta e quello drammaturgico di Fabio Chiriatti è fatto di incontri e sorprese all’ora del tè, vissuti insieme in delicati pas de deux nei quali ci si tiene per mano col pensiero in un ritmo interno e condiviso, divertendosi attraverso buffe gag dove ci si abbandona al peso di una caduta, si rincorre un tempo che non esiste e ci si nasconde sotto un tavolo, come a voler tornare bambini nel presente già adulto. I passi sono scritti in un sogno, scandito dal minimale tappeto sonoro che interviene soltanto in alcuni frammenti, quasi a volerne sottolineare la poesia colorando le partiture dei movimenti, le quali necessitano però di essere alleggerite dalle dense ripetizioni che ne affaticano la levità, restituendogli quell’afflato che le sospinge invece nella parte iniziale. Le tre creature in scena possiedono ciascuna un ruolo distinto, sia dal punto di vista coreografico che attoriale, dalle tinte forti e decise è il carattere di Alice, mentre più tenui sono quelle delle altre due figure, ricavandosi così la parte di accompagnatori nello sviluppo della storia. Di precisione narrativa è sprovvisto il racconto, quasi non riuscisse a dominare la dimensione onirica rimanendone intrappolato in una sequela affollata di gesti che necessitano ordine, per sorreggere fino alla fine la leggerezza ricercata. Persi nel paese delle meraviglie vaghiamo nel limbo di una danza la cui confusione è dolce, ma abbiamo bisogno che non perda del tutto la bussola per permetterci di godere appieno della sua grammatica inconsistenza.

LA GRAMMATICA DELLE NUVOLE
progetto, regia e coreografia Stefano Mazzotta
con Chiara Guglielmi, Chiara Michelini, Stefano Roveda
drammaturgia
Fabio Chiriatti
costumi, disegno luci e progetto Stefano Mazzotta

Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri

 

IL FASCINO DELLA VISIONE. ZACHES E GOYA

Foto Francesco Givone
Foto Francesco Givone

Prima tappa del trittico sulla visione, Il fascino dell’idiozia trae ispirazione dalle Pitture Nere di Goya, ma il lavoro compiuto da Zaches Teatro testimonia molti altri riferimenti alla sfera visuale. Partiamo dalla tela grezza posta a separare boccascena e platea della sala grande del Teatro dell’ Orologio: essa vela e ri-vela i tre performers, al punto che l’ombra proiettata in avanti sembra rendere più nitida la visione anziché al contrario offuscarla. In un’accuratissima gestione di luce e soprattutto buio, i corpi appaiono smembrati e riassemblati in nuove mutevoli forme tali per cui la testa potrebbe naturalmente cadere tra due talloni, e il corpo vecchio mascherare il capo di un giovane. Ideate (così come luci e scene) da Francesco Givone, le maschere annullano ed esaltano allo stesso tempo i corpi, prestano busto da anziano o un copricapo caprino, diabolico, suadente, in preda ad una lotta “virtuale” con un’ombra che cresce dal fondo, mostruosamente simile, dannatamente schiacciante. Ecco un’altra parentela con la sfera visiva, rivelata nel teatro di figura, ovvero una delle tante categorie in cui possiamo inserire il lavoro diretto da Laura Gramegna, in grado di evadere i generi. Da un accurato lavoro sul corpo, di cui precisione e ritmica sono componenti fondamentali, ritroviamo simile pulizia nella drammaturgia scenica, il cui legame sicuramente risiede anche nel tappeto sonoro (di Stefano Ciardi) evocativo e straniante.
Sviluppato in forma di quadri indipendenti, dalle scene iniziali, quasi dei flash di cui dubiteremmo l’esistenza, si approda ad una maggiore concretezza. La presenza viene affermata, negata, riaffermata di nuovo; vedremo mani muoversi alla velocità di un fuoco d’artificio, una donna velata venir rapita dolcemente, come in un sogno fuor di ragione, saremo legati al battito cardiaco riprodotto da uno xilofono mentre si ingaggia una lotta tra esseri androgini, ignari che il pericolo si cela negli anfratti più luminosi. Che il pericolo si celi, come nell’Eden, nella conoscenza.
Il lavoro di Zaches, presentato per la prima volta nel 2009 ritorna a Roma (dopo esser stato riconosciuto nella rosa di finalisti del Premio Equilibrio) in un altro paradiso perduto, Eden – connect the dots, il luogo in cui fatalmente comprendere la ragione del nostro esistere, tracciare tra singole, slegate azioni un legame di pensiero. Per questa seconda edizione, Eden si conferma un luogo in cui trovare danza contemporanea di qualità, presentando lavori che siano in grado di testimoniare con intelligenza il loro passo da un punto all’altro.

VIviana Raciti
Twitter @Viviana_Raciti

IL FASCINO DELL’IDIOZIA
Progetto di Zaches Teatro
Regia, coreografia e drammaturgia del suono: Luana Gramegna
Scene, maschere e luci: Francesco Givone
Musica originale, video e live electronics: Stefano Ciardi
Performers: Andrea Lorena Cianchetta, Gianluca Gabriele, Enrica Zampetti
Drammaturgia: Zelda Marcus
Produzione 2009/2010 di Zaches Teatro
Co-produzione: Kilowatt festival 2009 – Eruzioni Festival 2009
Residenze: Teatro Studio di Scandicci, CRT Milano, Teatro Comunale G. Papini di Pieve Santo Stefano (AR), I Macelli (Certaldo, FI).

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