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Taccuino Critico. Marie Curie, Alice, le scatole e i dittatori

Tra le molteplici offerte teatrali, sul Taccuino Critico si appuntano segni di sguardi diversi che rispondono a un’unica necessità: osservare, testimoniare, dar conto dell’espressione pura, del piccolo e grande teatro…

 


Marie Curie nel racconto di Teatri della Resistenza

di Andrea Pocosgnich

foto ufficio stampa
foto ufficio stampa

Scena Sensibile è una rassegna che da ventun anni a al Teatro Argot di Roma cerca di dar forma scenica alla tematica femminile. Sappiamo quanto nel tempo sia importante mantenere viva la complessità che dovrebbe alimentare una questione di genere: Serena Grandicelli, ideatrice e organizzatrice di Scena Sensibile, negli anni ha lavorato per dar forma con continuità al pensiero originario. Ci ha rivelato che per la prossima edizione, nel caso ci fossero le forze (quest’anno la rassegna è andata in scena senza finanziamenti pubblici), vorrebbe dedicare l’impegno a raccontare la scienza, naturalmente nella declinazione femminile.
Un’anticipazione l’abbiamo avuta già quest’anno con il progetto di Teatri della Resistenza – compagnia pisana che dal 2004 lavora attorno a tematiche civili e scientifiche – Marie Curie, una donna….  [continua a leggere]

 

Alice disambientata nei pugni di Ilaria Dalle Donne.

di Lucia Medri

Foto Giancarlo Ceccon
Foto Giancarlo Ceccon

Torniamo all’anno 1977: l’Università di Bologna è occupata e anche il DAMS lo è. Lo storico critico e traduttore Gianni Celati sta tenendo un seminario su Lewis Carrol e la sua creatura Alice;  attraverso questo personaggio il professore spinge gli studenti, già carichi di invettive rivoluzionarie, a riflettere sulla condizione politica e sociale di quel particolare momento, incontri che saranno poi raccolti nel testo Alice disambientata, pubblicato l’anno seguente. Oggi quella mancanza di luogo  – l’essere fuori, dentro, al di sopra o al di sotto, grandi e piccoli, con e senza – viene reinterpretata nell’omonimo spettacolo di e con Ilaria Dalle Donne finalista al Premio Scenario 2013, che chiude la rassegna A Roma! A Roma! al Teatro Due.  La lotta di quegli, ma anche di questi, anni è traslata metaforicamente in quella fisica condotta sulla difensiva dalla nostra Alice, la quale, abbandonati gli abiti da fanciulla borghese… [continua a leggere]

 

Le dieci massime. Il dittatore mancato, la politica e la cultura.

di Marianna Masselli

Foto Brunello Angius
Foto Brunello Angius

Un uomo seduto su una sedia al centro di una scena essenziale, chino nel suo bianco integrale, testa riversa nelle mani. Una donna, tacchi alti in vernice rossa, vestaglia da lavoro e capelli fermati da grandi bigodini entra con un vassoio portavivande d’argento, lo scoperchia, gli porge un bignè, gelida si accerta che lo trangugi. Una, due, tre, quattro volte: la stessa azione, gli stessi movimenti, la stessa traiettoria geometrica a L ripetuta entrando ed uscendo dalla quinta di sinistra. Comincia così Le dieci massime, spettacolo dei sardi Andrea Meloni e Sabrina Mascia, qui anche interpreti, strutturalmente concepito come rappresentazione di un ipotetico percorso di educazione volto a tramutare (senza riuscirci poi) un fallito individuo di mezz’età nel politico perfetto, non un burocrate ma piuttosto una vera e propria mente di potere, forgiata per il controllo, addestrata al sacrificio dei reali interessi della collettività… [continua a leggere]

Claudia Salvatore. Nelle scatole, noi

di Simone Nebbia

claudia salvatore
Foto Itzel Cosentino

Scatoloni. È lì che si mette ciò che non ha un posto, almeno in attesa di trovarne uno. Poi passa il tempo e la scatola diventa “il posto”. È chiusa, anche chi l’ha riempita ormai ignora cosa ci sia dentro. Finché un giorno con un pennarello sul cartone scriverà una frase generica sul contenuto, qualcosa per almeno non sentire il peso di ciò posto non l’ha trovato. Un po’ come quegli oggetti, siamo noi. Senza un posto preciso, gli eventi ci spingono qui o là, poi un’etichetta sopra e ci sembra che non possiamo più stare se non dove siamo. Sembra un po’ questa la sensazione di fondo che ha mosso la drammaturgia di Claudia Salvatore per Interruzioni volontarie, di cui è regista e unica interprete, visto al Teatro Argot Studio per Dominio Pubblico. Una scatola con il nome, con dentro altre scatole con tanti nomi diversi.

E questa è anche la scena che l’attrice abita di parole nate ora dalla sua penna ora da suggestioni di Sarah Kane o David Foster Wallace… [continua a leggere]

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