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Chiara Guidi dentro il Tifone di Conrad

Chiara Guidi presenta Tifone, liberamente tratto da Joseph Conrad. Recensione.

 

Foto di Salvatore Insana
Foto di Salvatore Insana

Cambiare rotta. Mutare punto di vista. Contemplare il rischio insito nell’affrontare l’ignoto o virare dalla propria abitudinaria percezione; spostarsi su altri piani, lasciare che l’espressione trovi, indipendentemente dalle tracce segnate, una propria via d’accesso all’immaginario. Il rischio insito nel Tifone, racconto di Joseph Conrad da cui parte il lavoro di Chiara Guidi presentato al Teatro Vascello all’interno di un più ampio focus dedicato alla regista e attrice, riguarda il naufragio del linguaggio: suoni e parole sono come onde in tempesta, perdono la linearità sintattica (attinente tanto alla nostra abitudine al testo verbale quanto nei riguardi di quella relativa alla composizione musicale) e i significanti diventano primi significati di una drammaturgia che investe ancor prima di lasciarsi comprendere.
Nella scrittura di Conrad e ancor di più in questa rielaborazione per la scena, la natura tortuosa della calamità naturale tocca il piano letterale e quello simbolico: sul primo, narrativo, il rifiuto da parte del Capitano di modificare il tragitto del piroscafo Nan-shan mette in discussione la riuscita del viaggio e, più in profondità, il sistema di regole razziali e comunitarie. All’approdo finale sulla terra ferma, sconvolte le vele, mescolati i denari, anche il “carico” di lavoratori cinesi, che gli altri marinai vorrebbero lasciare sotto coperta in balia di un prevedibile destino, finirà per acquisire uguali diritti. Sul piano della resa scenica le tavole del nostro Vascello ospitano un’incombente bilancia, ricordo forse del barometro, o ancor meglio monito all’equilibrio, invito a non lasciarsi sopraffare dalla naturalità degli eventi. A prua di questa nave immaginaria evocata da due oblò la cui luce oscurata è presenza segnata in negativo, due voci dispiegano il racconto: il pianoforte suonato da Fabrizio Ottaviucci e la “viola”, arco simbolico incarnato dalla presenza della fondatrice (assieme a Romeo Castellucci) della Socìetas Raffaello Sanzio, un leggio e quattro microfoni.

Foto Simona Barducci
Foto Simona Barducci

Alle armonie dissonanti, alle corde percosse, agli armonici che vibrano sugli accordi gravi, fa eco la sperimentazione che Guidi già da tempo persegue sull’uso della vocalità in teatro. L’avventura narrata da Conrad con i toni della commedia viene affrontata con una caratterizzazione dei personaggi sfruttando la varietà di intonazioni in una forma stilizzata, tesa a far riconoscere facilmente il parlare rapido e soffiato del sottufficiale Jukes, o la timidezza antieroica del Capitano MacWhirr tradotta in un sottovoce cadenzato. Se, in un primo momento, le sovrapposizioni delle varie voci, le ripetizioni di alcuni brandelli di frase, l’oscillazione dell’ampiezza tra udibile e inudibile vanno un po’ a discapito della narrazione, questo aspetto contribuisce a introdurci nel mondo narrato da Conrad (il quale, ricordiamolo, affrontava la scrittura da straniero, polacco d’origine mentre l’inglese era “soltanto” la sua terza lingua); la parola, la frase, l’intera struttura del racconto sono sconvolte dalle raffiche di vento. È pur vero che, affrontato questo (felice) spaesamento il racconto ha il sopravvento e la struttura narrativa prende sempre più piede, abbandonando l’espressionismo dell’inizio, tanto più che la rottura della collana di perle – episodio forse soltanto accidentale – sembra appartenere allo stesso discorso portato avanti dal pianista, dagli armonici che, complice la cura acustica particolare, lasciano vibrare le frequenze del suono, acuti e gravi nello stesso spazio d’ascolto.

Probabilmente proprio questo cambio, questa “resa” ad una maggiore linearità, testimonia la varietà dell’accoglienza, tra i toni entusiastici e alcuni sporadici dubbi per i quali la rotta avrebbe potuto continuare a spingersi un po’ oltre.

Viviana Raciti

Twitter @viviana_raciti

Visto al Teatro Vascello, aprile 2015

TIFONE
per pianoforte e “viola”
liberamente tratto da Joseph Conrad
adattamento e regia di Chiara Guidi
musiche originali di Fabrizio Ottaviucci
con Chiara Guidi e Fabrizio Ottaviucci
cura del suono Marco Canali
produzione Socìetas Raffaello Sanzio

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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