Alto Fest: scade il 30 aprile il periodo per fare domanda di iscrizione all’edizione 2015. Il festival, consigliato ad artisti in erba e coloro che risiedono in zone limitrofe (non è previsto cachet e rimborso viaggio, ma il 100% dell’incasso) si propone di coinvolgere la cittadinanza utilizzando spazi abitativi e non teatrali
ALTO FEST, è un Festival Internazionale di Arti Performative e Interventi Trasversali.
La sua V edizione si terrà a Napoli dall’8 al 12 luglio 2015.Un progetto culturale internazionale, orizzontale e generativo, che si innesta nel tessuto socio-urbano che lo ospita. Lo scopo del festival, sintetizzato dal principio “dare luogo”, consiste nell’attivare processi culturali innovativi e partecipativi e promuovere così un’esperienza di rigenerazione umana ed urbana.
Alto Fest innesca dispositivi generativi di relazione, pensiero e conoscenza, miscela la dimensione intima e quella pubblica, predispone uno spazio di promiscuità tra autori e spettatori tendendo al superamento dei loro ruoli, a favore di una partecipazione consapevole.
Il Festival si svolge negli spazi privati donati spontaneamente dai cittadini (appartamenti, terrazzi, sotterranei, cortili, interi condomini, laboratori artigianali…). I cittadini condividono, con agli artisti e con il pubblico, l’intimità delle loro case, la quotidianità del posto di lavoro, la memoria delle cantine, stringendo una relazione esclusiva con l’artista, un legame indissolubile con l’opera d’arte. Un processo svolto attraverso la sperimentazione di poetiche innovative, che ambiscono a coinvolgere, assieme ai luoghi, il sistema di relazioni che questi luoghi ospitano.
Alto Fest tende quindi ad emanciparsi progressivamente dalla funzione di mera “produzione” e/o “programmazione” di spettacoli ed opere artistiche, abitualmente attribuita ai festival, per prefigurarsi come uno spazio di socialità sperimentale.
La città diventa in questo modo dimora per pratiche d’arte innovative e condivise, per artisti vivi e cittadini audaci.
Il festival nasce a Napoli nel 2011, ideato e diretto da TeatrInGestAzione (teatringestazione.com).
TeatrInGestAzione da diversi anni si occupa di creare pratiche artistiche innovative che coinvolgono il territorio e gli artisti internazionali, puntando sulla partecipazione diretta dei cittadini ai processi culturali, innestando l’azione artistica nell’architettura socio-urbana ed umana in cui agisce.
… nelle scorse edizioni ….
ALTO FEST summary http://vimeo.com/11409196040 spazi, 5 municipalità, 50 donatori di spazio e di ospitalità, 7 giorni di programmazione dalle 11:00 del mattino alle 24:00, 165 repliche, 38 formazioni artistiche provenienti da 17 nazioni differenti, per un totale di 42 interventi performativi, anteprime, residenze creative, incontri, tra
teatro, danza, cinema, arti visive, scrittura, 200 proposte in risposta al bando internazionale da 44 paesi differenti, da 5 continenti, 10 operatori culturali, 5000 programmi distribuiti, più di 10000 FOLLOWER SOCIAL.
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Partecipo ad Altofest dalla prima edizione e ho aderito con sempre maggiore entusiasmo a questo organismo vivo, a quest’opera collettiva che di anno in anno cresce, si trasforma e incarna totalmente l’utopia di un’ Arte che possa e sappia essere strumento di trasformazione del tessuto urbano mantendendo in equilibrio il rigore estetico e le esigenze sociali. Scorrendo le righe di presentazione al bando mi sono un poco stupita di leggere: “consigliato ad artisti in erba e a coloro che risiedono in zone limitrofe.” A dire il vero la percentuale degli uni e degli altri è talmente ridotta da risultare esigua. Ad esempio nella scorsa edizione su 32 presenze, le presenze internazionali erano 20 e quelle campane quattro. E per quanto riguarda gli artisti in erba, direi che la definizione è calzante solo perchè l’erba manifesta il proprio generoso rigoglio dopo ogni taglio. Faccio un elenco di alcuni degli artisti che hanno attraversato in questi anni il festival per far comprendere la necessità di questa mia precisazione: Stalker Teatro (Torino) – Vera Stasi (Tuscania) – Marcelo Sanchez (Londra) – Tommasina Squadrito (Palermo) – Fausto Mesolella – Edan Gorlicki (Israele) – Progetto Brockenhaus (Italia-Svizzera) – Opera Retablo (Svizzera) – Le Loup Garou
Serena Gatti (Pisa) – Anagrama – Simona Rossi – Maria Carmela Milano – Valentina Diana – Ridz Companie (Francia) – Eva Guillamon (Spagna) – Phoebe Zeitgeist – Chiara Orefice – Black Spring Graphics (Lussemburgo) – AKR (Roma Berlino). Per quest’anno dieci ambasciate saranno partner del festival e si assumeranno l’onere del viaggio dei propri artisti e invieranno degli operatori culturali a proprie spese: il festival offrirà così a tutti gli artisti una possibilità di visibilità internazionale.
Immagino che il consiglio dato sia in relazione alla mancanza di un cachet, argomento quanto mai attuale e doloroso nel panorama del lavoro artistico. Non si contano più le occasioni in cui ci viene chiesto di lavorare senza un compenso, ma come artista che patisce quotidianamente questa condizione se mi chiedessero spiegazioni sul motivo per cui continuo ad esserci anche se il mio lavoro non viene pagato risponderei senza esitazioni che il mio lavoro non è pagato in denaro ma viene ampiamente ripagato dalla condivisione di un progetto raro, ambizioso, esigente, visionario, audace che non ha chinato la testa di fronte alla mancanza di sostegno istituzionale (che per altro viene sempre cercato), non si è mai arreso davanti all’assioma “se non ci sono i soldi non si può fare” e ha provato ad immaginare un mondo in cui davvero l’Arte sia il luogo dell’incontro e della trasformazione.
Altofest non è un festival organizzato perchè la cultura è bella e importante, Altofest è un’opera collettiva, un luogo, uno spazio fisico e mentale in cui l’Arte ritorna ad essere necessaria per la costruzione della società civile, ed è contagioso.
Un sogno che avevamo messo nel cassetto, chiuso nei teatri, nelle gallerie, nei musei, al sicuro.
Quanti ancora ci credono davvero e sono disposti a scommetterci tutta la loro vita con la serietà e la costanza di chi lavora ad una grande impresa senza alcun sostegno o finanziamento?
Per ora sicuramente io so che accade a Napoli, a Luglio dall’8 al 12, venite a provare.
Ciao Claudia. Non entro nel merito di chi partecipa al festival, della qualità artistica, perchè non conosco le compagnie che hai citato e sarà una mia mancanza, però quello che mi viene da dire davanti a tali formule è che finchè ci saranno festival come questi, il lavoro del teatrante sarà sempre svilito e considerato un passatempo. Evidentemente tu hai la possibilità di essere ripagata solo dalla “condivisione di un progetto” come dici, ma dobbiamo entrare nell’ottica che questo è un LAVORO come tanti, che ha diritto ad un retribuzione in denaro. Chi partecipa ad un festival del genere è un privilegiato che può spendere fior fiore di denari (viaggio, vitto e alloggio) per poter esprimersi artisticamente. La scusa che il festival non ha finanziamenti non può reggere, perchè se non si ha la possibilità di dare almeno un rimborso spese non si dovrebbe organizzare una cosa del genere. Questo festival è lo specchio dei tempi, di come viene trattato e svilito il lavoro Artistico nel nostro paese e finchè ci saranno compagnie disposte a parteciparvi non migliorerà mia la situazione! Si dovrebbe dire NO a operazioni del genere per riconquistare una dignità ormai persa per questo LAVORO.
Ciao Andrea, non puoi immaginare quanto io prenda seriamente la questione economica, al punto che sto per dedicarci il mio prossimo lavoro artistico, la tua risposta è esattamente il motivo per cui ho scritto quella nota. Mi sembrava chiaro che il fatto che non ci fosse un cachet equiparasse il festival alle tante proposte da cui si viene in qualche modo feriti e umiliati oggi. (L’alloggio comunque c’è sempre e per gli artisti stranieri spesso anche il viaggio.) Io vivo di questo lavoro e solo di questo lavoro e davvero non mi posso permettere nulla, credimi sulla parola, per quello se partecipo ad un progetto del genere devo farne comprendere il motivo. Non esistono operazioni del genere, come dici tu, anche se di primo acchito potrebbe sembrare vero il contrario. Io non sono disposta a lavorare gratis e ti assicuro che lo faccio ben presente, è la discussione che faccio più spesso, ma qui quello che è in ballo non è la mia semplice economia, ma lo sforzo di alcune persone audaci che rinunciano a tutto pur di provare a vedere se davvero è possibile immaginare un mondo diverso attraverso l’arte, e non come un’utopia, ma come una realtà condivisa. Il tuo lavoro qui non ha un costo, è vero, ma ha un valore immenso e ti ricorda il motivo per cui tanti anni fa hai deciso di farlo accettando l’insicurezza quotidiana in cambio di un costante lavoro di coltivatore dell’anima. E scusami, ma questo non è un lavoro come tanti, non lo è proprio e io non vengo qui perchè ho bisogno di esprimermi artisticamente, per quello posso andare ovunque, vengo qui per vedere se ho ancora il coraggio di immaginare l’inimmaginabile, se so ancora osare, se riesco ancora a credere che il mondo può cambiare rischiando tutto. Questo festival è lo specchio dei tempi, hai ragione: è incredibile che un lavoro del genere non sia finanziato. Nei dialoghi con le ambasciate straniere gli organizzatori andati a raccontare il progetto si sono trovati davanti espressioni stupite e basite quando dovevano tristemente ammettere che nè la città, nè la provincia, nè la regione mettevano un solo centesimo. Però sai che cosa è ancora più incredibile e qual’è il regalo nascosto in questi tempi fanfaroni e decadenti? Che delle persone, nonostante non ci sia nessun motivo apparentemente sensato per farlo decidano di organizzare una cosa del genere, che rasenta l’epica, perchè sognano che la cultura e l’Arte non si debbano piegare ai compromessi che paiono inevitabili. Se ci fossero stati i soldi nessuno avrebbe messo in campo tanta forza, tanta dedizione e tanta ostinazione, nessuno scoprirebbe che si può fare comunque e saprebbe di essere libero, se la politica culturale del nostro paese fosse sensata non sarebbe venuto in mente a questi artisti di disertare gli spazi pubblici per creare una rete di donatori di spazi in cui realizzare il festival. Paradossalmente questo festival è proprio una rispsota politica alle politiche culturali del nostro paese perchè non si arrende allo status quo. Tu dici che se non ci sono i soldi allora è meglio non fare…ne sei sicuro? è esattamente quello il motivo per cui non ci sono i soldi, perchè vogliono farti credere che senza soldi non hai alcuna alternativa possibile…e ci riescono bene a quanto pare.
La mia dignità non voglio dipenda da quanti soldi mi danno. Siamo imperatori, questo è il privilegio di ogni artista che crea, dovremmo ricordarcelo e comportarci di conseguenza. Sapere quando vale la pena essere il regalo e quando è importante e necessario esigere un compenso in denaro che dovrebbe cambiare a seconda della disponibilità economica di chi ti ingaggia, non è sempre tutto uguale…
Cara Claudia, dalle tue parole esce una grande passione e sono felice per te. Io non ne faccio una mera questione economica, ma dico che finche’ si accetteranno tali condizioni nulla potrà cambiare. E’ ovvio che siamo in un momento così disperato che ogni fessura di luce ci sembra l’alba di un nuovo giorno ma non è così. Non discuto la serietà e la grande espressione artistica del festival, discuto il fatto che la “paga” di un tale sforzo sia esclusivamente personale ed artistica e questo continuo a dire fa il gioco proprio di coloro i quali critichiamo, coloro per i quali gli artisti (in questo caso teatrali) sono disposti a fare il loro lavoro GRATIS, quindi perchè dovrebbero dare delle sovvenzioni? Poi continuo a dire che il lavoro dell’attore è un lavoro come un altro, meraviglioso ma non diverso per fatica, impegno e cuore ad altri lavori, e se continuiamo a considerarlo un “lavoro diverso”, non faremo mai quel salto culturale che in Europa hanno già fatto da decenni. Prova a chiedere ad un operaio se ti fa un lavoro gratis a casa dicendogli che la sua paga sarà la soddisfazione di aver fatto bene il suo lavoro e sentirsi così appagato. Dopo tanti anni credimi io dico BASTA, ma sono contento per te che ancora hai l’entusiasmo che ti ripaga.
Buona fortuna
Alto Fest si configura come un’opera estesa e condivisa.
Le richieste di partecipazione alla quinta edizione sono circa 250 e provengono da 43 nazioni differenti, da 5 continenti.
Il 25 % degli artisti dichiara nel modulo di candidatura di conoscere Alto Fest attraverso il “passaparola”.
Vi invito dunque a farne esperienza prima di scriverne.
Ho detto tutto.
ecco la lista dei paesi:
spagna
usa
uk
serbia
taiwan
cina
polonia
mexico
libano
nuova zelanda
ecuador
argentina
germania
ungheria
romania
grecia
belgio
bolivia
giappone
svezia
sud corea
uruguai
francia
austria
australia
macedonia
portogallo
croazia
israele
egitto
svizzera
indonesia
russia
lituania
tailandia
bulgaria
olanda
malesia
kuwait
ukraina
india
tunisia
italia