Teatro in video 20° appuntamento. Lo stupro di Franca Rame
A molti sfuggirà l’appartenenza a un testo più ampio, Tutta casa, letto e chiesa e tuttavia questa è forse la più celebre delle sue scritture “autonome”, certamente il più conosciuto dei suoi monologhi. Crudo perché un attentato, lo scippo alla dignità non può sembrare diverso; fin troppo reale perché il senso del racconto è uno squarcio inquieto al torpore dell’ascolto; eppure assolutamente, inevitabilmente scenico per istinto esatto. Praticamente in fasce, Franca Rame iniziò a varcare i palcoscenici con la famiglia di comica tradizione secolare, insieme alla sorella tentò il passaggio alla rivista e poi venne l’incontro col compagno di una vita, un figlio, la televisione, i problemi con la censura, la nascita dell’impegno civile, le scelte radicali, le prese di coscienza. Nel 1975, quando Rame scrive quasi terapeuticamente Lo stupro il matrimonio con Dario Fo e il loro sodalizio artistico non sono nuovi, la partecipazione politica attiva è andata confermandosi e consolidandosi nel tempo (non ultima l’attività di Soccorso Rosso) e la fuoriuscita dai circuiti del teatro ufficiale si è già consumata nell’avvicendarsi di tre formazioni diverse (Nuova Scena, La Comune, La Comune di Dario Fo e Franca Rame).
Erano anni in cui la morte di Pinelli non era una faccenda chiusa, in cui si chiedeva la scarcerazione di Achille Lollo, in cui tante parole quali riferimenti, anche dove opposti fra loro, finivano allo stesso modo, come una rima senza bacio: “operaismo” “comunismo” “antagonismo” “leninismo” “femminismo” “maoismo” “terrorismo” “neo-fascismo”. Erano anni in cui le connivenze tra forze dell’ordine e risacche di squadracce nere non si raccontavano, in cui i collettivi fiorivano infiniti, i dibattiti si facevano interminabili. Anni in cui poteva capitare che in cinque si sequestrasse un’attrice, un’esponente delle schiere culturali di quella che si definiva sinistra militante, una donna, una “femmina”, una persona e la si violentasse ripetutamente. In questo paese poi vennero gli anni delle logge scoperte e di quelle che rimasero segrete, vennero gli anni per non parlarne più, per “tornare all’ordine” e subito dopo quelli delle prescrizioni, delle proscrizioni, delle leggerezze, delle dimenticanze, delle prime dipartite e delle morti di quanti invece si ricordavano ogni cosa, quelli per cui cerchiamo ancora redenzione e in cui spesso si sente parlare di tutto senza sapere niente, o sapendo sommariamente. Vennero gli anni di un saluto rosso, senza piagnistei e un’eco lontana. «Una mattina mi sono svegliata…».
Marianna Masselli
Twitter @Mari_Masselli
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