Tra le molteplici offerte teatrali, sul Taccuino Critico si appuntano segni di sguardi diversi che rispondono a un’unica necessità: osservare, testimoniare, dar conto dell’espressione pura, del piccolo e grande teatro…
Davide Tassi. L’ambiguità dell’intruso
di Simone Nebbia
E allora succede che vai a teatro distratto, come le altre volte no? Ci porti un’amica perché insomma vi fate anche due chiacchiere, prima, dopo, durante, certe volte. Te ne vai in un posto di Roma che si chiama Controchiave e ci sei stato mai, non è parte del giro, insomma. Davide Tassi, uno che ti ha scritto e chissà perché lo vai a vedere. Questo è ciò che pensi andando e tra una cosa e l’altra arriva, lui, alto e mal vestito, a sedersi su una sedia come “l’ultimo dei narratori”, se fosse un film. E invece sappiate, se avete seguito fino a qui, che non di questo si è trattato. Alla sedia inchiodato sono rimasto io, incapace di volgere lo sguardo da questo attore – e autore – che ha portato L’intruso dentro una piccola sala priva di grandi mezzi tecnici, ma in cui il suo racconto semplice e diretto prende la stessa sfumatura delle pareti… [continua a leggere]
Il Tasso secondo Sergio Basile. Tra selva e reclusione
di Viviana Raciti
La finzione cela altra finzione, il libro si riversa sul palco ma la parola scritta non perde la sua centralità. Partendo già dal sottotitolo di questo lavoro messo in scena al Teatro della Visitazione non troveremmo una macchina del tempo per operazioni sociali né anacronistici recuperi filologici; Sergio Basile immagina una rappresentazione della favola pastorale dell’Aminta all’interno di quel manicomio dove realmente Torquato Tasso passò sette anni rinchiuso tra i “forsennati”.
«Per nostro diletto e salvazione» la messinscena sembra essere dunque, nella finzione drammaturgica, terapia per i quattro immaginari reclusi che hanno nomi e storie di un possibile oggi, ma al contempo se ne serve in quanto specchio amplificato dei personaggi letterari… [continua a leggere]
Essere o non essere Chaplin? Risponde il Teatro dei Limoni
di Sergio Lo Gatto
È e sempre sarà Charlot, mai Charlie Chaplin. Il personaggio ha preso il sopravvento sull’attore. Ce lo ricordava bene, di recente, la parabola filosofica di Birdman, ce lo gridava nelle orecchie Luigi Pirandello, che della società dominata dalle maschere aveva fatto un vessillo di disperata lotta intellettuale. Un’intuizione talmente folgorante da destabilizzare il concetto stesso di identità. Oggi il Teatro dei Limoni realizza un’interessante operazione incrociando le numerose biografie di Sir Charles Spencer Chaplin con il celebre monologo di Amleto.
Nella piccola sala del Doppio Teatro di Roma, dove la compagnia pugliese – che gestisce un omonimo spazio a Foggia – offre una breve antologia, Giuseppe Rascio veste le emblematiche scarpe sformate… [continua a leggere]