Dal romanzo di Joseph Conrad e con uno sguardo al film di Ridley Scott, Il duello di Sus Babi Teatro. Recensione
Dal romanzo di Joseph Conrad Il Duello, Ridley Scott aveva tratto nel 1977 una versione cinematografica, un esordio che avrebbe avuto molto successo, in cui gli eterni rivali Féraud e D’Hubert erano interpretati da Keith Carradine e Harvey Keitel, alle prese con un duello protrattosi per sedici anni in lungo e in largo per l’Europa napoleonica. L’affresco storico era in quel caso reso fulgido da un grande lavoro di ricostruzione filologica e da una suggestiva fotografia che ritraeva i diversi luoghi come in una sorta di viaggio astrale.
Nelle intenzioni dello scrittore, naturalizzato inglese ma di origini ucraine, c’era senza dubbio il desiderio di raccontare – il romanzo breve è contenuto nella raccolta A Set of Six del 1908 – i valori dell’Ancient Régime come un fardello applicato sulle spalle della società ai tempi di un’Europa era già mutata, dilaniata dalle contese coloniali e ormai alle soglie della prima Grande Guerra. Nei due personaggi, entrambi ufficiali al soldo di Napoleone, rivivono i capisaldi di una forma mentis non solo militare, ma completamente e terribilmente umana: la questione d’onore che scatena il primo duello (uno dei due viene disturbato dall’altro in un incontro galante) sembra rappresentare, mascherato da una dimostrazione di supremazia d’alta estrazione, un ritorno alle origini tribali del genere umano. Sotto le uniformi dei due, che nell’arco di tre lustri si riempiono via via di alamari e medaglie al valore, si nasconde un’eterna opposizione naturale, quella tra istinto (Féreaud) e calcolo (D’Hubert), tra ragione e sentimento.
Matilde D’Accardi riprende in mano il romanzo di Conrad e passa in rassegna atmosfere e tratti dei personaggi disegnati da Scott per scrivere una versione teatrale vitale e che riesce a catturare il pubblico. Il punto di partenza dichiarato è la frase del regista americano: «Ogni combattimento è una drammaturgia, sono sempre due uomini che si affrontano, solo che usano il ferro anziché le parole». Su questo assunto D’Accardi costruisce una struttura in cinque quadri – uno per ogni duello – forse eccessivamente schematica, in cui le vicende di una più ampia geografia politica usano il corpo dei due protagonisti come cassa di risonanza. Féreaud (Michele Lisi) e D’Hubert (Alessandro Marmorini, che firma anche la messinscena) si inseguono di paese in paese, «dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno», scriveva Manzoni, fino alle gelide steppe russe e alla disfatta di Waterloo, marcando a passi di marcia una sete di conquista, quella di Napoleone, che il mondo moderno non avrebbe tollerato. La recitazione dei due – cui Carlotta Mangione e soprattutto Matteo Prosperi offrono un efficace contrappunto interpretando, con buona mimesi, i personaggi di contorno – colora bene la logica del confronto, mancando tuttavia di una decisa caratterizzazione del movimento che invece aiuterebbe la tridimensionalità dei caratteri, in cui invece finiscono per prevalere i toni netti a scapito delle sfumature.
Se volutamente spogli e a tratti fragili sono l’impianto scenografico e illuminotecnico, l’ambizioso progetto di D’Accardi è reso fluido da un accurato studio coreografico dei duelli e dalle musiche originali del sempre geniale Francesco Leineri, che tenta il meglio per cucire addosso al testo una partitura cantata. La soluzione del teatro musicale riesce in effetti a stemperare certe rigidità e dona un’aura ironica e originale a un’opera magari non ancora matura, ma avvincente e ricca di energia.
Sergio Lo Gatto
Twitter @silencio1982
visto al Teatro Cometa Off, Roma, febbraio 2015
IL DUELLO
Di Matilde D’Accardi
Tratto dall’omonimo romanzo di Joseph Conrad
Con: Michele Lisi, Carlotta Mangione, Alessandro Marmorini, Matteo Prosperi
Musiche originali di Francesco Leineri
Regia di Alessandro Marmorini
produzione: Sus Babi Teatro con Laboratori Permanenti