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Nest Teatro: l’alternativa è adesso

12 baci sulla bocca di Nest Teatro, regia di Giuseppe Miale di Mauro, in scena al Teatro dell’Orologio. Recensione.

 

Foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

«A Napule la stagione si fa oNest» senza peli sulla lingua si presenta il Napoli Est Teatro (Nest), neonato spazio inaugurato il 29 e 30 novembre 2014 e sorto in una vecchia palestra della scuola Giotto-Monti a San Giovanni a Teduccio, quartiere della periferia orientale di Napoli. Dove c’erano due canestri e una rete, ora sorge la sala di 99 posti nella quale dallo scorso autunno hanno luogo una serie di attività tutte gratuite offerte ai ragazzi del quartiere – con grande attenzione al binomio progettualità/territorialità – inaugurando inoltre, a partire dalla metà di febbraio fino ai primi di giugno, una breve stagione nella quale ai grandi nomi della scena si uniscono compagnie emergenti.
L’opera di riqualificazione di un luogo abbandonato al degrado e all’incuria è stata voluta e promossa non da un ente ma da singoli e volenterosi artisti: Francesco Di Leva, Adriano Pantaleo, Carmine Guarino, Giuseppe Miale Di Mauro, Giuseppe Gaudino e Andrea Vellotti che grazie al sostegno dell’ Associazione Gioco, Immagine e Parole – costituita nel 1995 con l’obiettivo di portare «a conoscenza dei giovani le risorse del territorio» – hanno costruito un teatro, e quando nasce un teatro è sempre una rivoluzione. «L’appartenenza a quartieri periferici di Napoli, ritenuti “difficili” e spesso emarginati, ha sollecitato l’idea di dover fare qualcosa, di contribuire a riqualificarli (…) Il Nest si rivolge in particolare a quelle categorie ritenute socialmente più deboli, ma potenzialmente più forti dal punto di vista del cambiamento e della creatività: i bambini e i giovani. L’idea è quella di creare un polo di riferimento culturale per la nostra città, ma anche di rendere disponibile alla popolazione laboratori e spettacoli teatrali, garantendo la gratuità ai ragazzi del territorio di età compresa tra 13 e i 17 anni».

Foto ufficio stampa
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La scorsa settimana Nest Teatro ha portato al Teatro dell’Orologio 12 baci sulla bocca spettacolo inserito nella rassegna Be.You, scritto da Mario Gelardi per la regia di Giuseppe Miale di Mauro, con Adriano Pantaleo, Ivan Castiglione e Andrea Vellotti. Dodici baci che vanno dalla strage di Piazza della Loggia del 28 maggio del 1974 fino all’uccisione di Pier Paolo Pasolini il 2 novembre del 1975; la macro storia di questi eventi si intreccia con la micro storia di due fratelli napoletani Antonio (Ivan Castiglione) e Massimo (Andrea Vellotti). Il primo gestore di un ristorante e affiliato alla camorra, il secondo remissivo e introverso in procinto di sposarsi con l’unica ragazza con la quale è sempre stato. Durante i preparativi del matrimonio organizzati con brutale ingerenza da Antonio, Massimo conosce Emilio (Adriano Pantaleo), il nuovo lavapiatti assunto al ristorante. Il giovane e romantico ragazzo farà scoprire all’animo insicuro e timoroso di Massimo la libertà di essere se stesso; i due si innamoreranno portando avanti la loro storia clandestina di pari passo coi preparativi per la festa e interferendo con la crescente reputazione di Antonio, che non può permettersi quindi di essere il fratello del «ricchione di paese».

Foto ufficio stampa
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Tre pilastri rivestiti di ferro si innalzano dal pavimento della sala creando un triangolo opprimente all’interno del quale si svolgerà la vicenda. Il gioco delle luci sembra rievocare un lontano immaginario color seppia, toni caldi che però in questo caso non accolgono ma opprimono, soffocano e fanno sudare gli attori in scena, rendendo i corpi madidi e avvolti da un’onnipresente nuvola di fumo. Le musiche, quasi diegetiche come provenissero da una vecchia Autovox, suonano brani che vanno da Somebody to love dei Queen a Se bruciasse la città di Massimo Ranieri, contestualizzando la storia e dando spessore drammaturgico ai caratteri dei personaggi. Un’attenzione puntigliosa è rivolta ai costumi: pantaloni a vita alta e a zampa d’elefante, camicie coi colletti rialzati, giacche a coste, occhiali rigorosamente Ray-Ban e stivali a punta. La messinscena è scrupolosa e fedele al color locale, i protagonisti si muovono con padronanza e densità attoriale, ciascuno rispettando l’autonomia e singolarità del proprio ruolo: l’aggressivo ma a suo modo protettivo Antonio, il coraggioso Emilio e il sensibile Massimo. Il rapporto tra i due ragazzi diventa il simbolo della volontà di liberazione dalla coltre di fumo che rende la società degli “anni di piombo” confusa e disordinata, dove l’insorgenza di moti politici e culturali è affiancata dalla violenza reazionaria. La diversità osteggiata è solo in apparenza quella sessuale, perché in realtà a venir represso è l’esistenza di un pensiero alternativo e contrario irriducibile a qualsiasi schema o modello.

12 baci sulla bocca potrebbe consacrarsi come lo spettacolo manifesto del Nest. Approdato nella Capitale, la cui politica culturale chiude e mette i sigilli ai teatri, questo lavoro e il neonato teatro della periferia di Napoli che lo presenta, sono la dimostrazione di come, citando un antico proverbio napoletano, Facimm’ ambress’, ca ‘o gallo canta matina (Non perdiamo tempo, diamoci da fare).

Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri

visto al Teatro dell’Orologio – marzo 2015

12 BACI SULLA BOCCA
testo di Mario Gelardi
regia di Giuseppe Miale di Mauro
con Adriano Pantaleo, Ivan Castiglione e Andrea Vellotti
Luci Ettore Nigro
Scene Roberta Mattera
Costumi Giovanna Napolitano
Aiuto regia Giuseppe Gaudino
Foto Angela Sodano
Progetto grafico Annalisa Di Vito
Organizzazione Valeria Aiello

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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