Davide Tassi porta in scena L’intruso. E noi. Recensione
E allora succede che vai a teatro distratto, come le altre volte no? Ci porti un’amica perché insomma vi fate anche due chiacchiere, prima, dopo, durante, certe volte. Te ne vai in un posto di Roma che si chiama Controchiave e ci sei stato mai, non è parte del giro, insomma. Davide Tassi, uno che ti ha scritto e chissà perché lo vai a vedere. Questo è ciò che pensi andando e tra una cosa e l’altra arriva, lui, alto e mal vestito, a sedersi su una sedia come “l’ultimo dei narratori”, se fosse un film. E invece sappiate, se avete seguito fino a qui, che non di questo si è trattato. Alla sedia inchiodato sono rimasto io, incapace di volgere lo sguardo da questo attore – e autore – che ha portato L’intruso dentro una piccola sala priva di grandi mezzi tecnici, ma in cui il suo racconto semplice e diretto prende la stessa sfumatura delle pareti a vista, del palchetto rialzato, della nostra scomodità. È lui a essere scomodo, al nostro ascolto e al teatro che si fa altrove. È, più che mai, L’intruso.
Lavora in un ufficio, è osservatore dei comportamenti di colleghi che il racconto tratteggia con linee mai banali, sfiorando i limiti della dicibilità, facendo di un incarico qualsiasi un voyeurismo pornografico, morboso. Eppure è proprio in questa osservazione che l’umanità inizia a mostrarsi. E per questo a fare spavento. Perché quell’uomo che osserva i comportamenti segreti degli altri è pari al nostro sbirciare ambiguo tra le pieghe delle vite altrui. Noi, i giusti, che infiliamo non visti gli occhi nelle diversità cave di chi ci vive attorno. Ma sarebbe un lavoro parziale quello di Tassi, se di colpo il quadro non si volgesse a capo in giù: basta poco perché l’attrazione agita per farci cadere nella trappola di mettere i nostri occhi nel suo sguardo si riveli come un gioco non gratuito, che si paga amaramente; il sodalizio con l’umanità tradita – pur laida – del protagonista è un patto diabolico in cui si compie l’assassinio della capacità giudicante, smarriti non abbiamo posto rimedio al rivolgimento che ci avrebbe cautelati nella figura di vittime e, invece, ci fa confessare sommessamente carnefici. Poi c’è da limare qualcosa, sì sì, le aperture al pubblico non sono sempre ben dosate e nel racconto resiste qualcosa di naif, ma ce ne frega? A me e la mia amica che non abbiamo più parlato ci interessa come deve o non deve essere perfetto il meccanismo? Tassi mi sono fidato di te, mi hai pugnalato. Bene. Ti mando qualche amico. Trattalo come sai.
Simone Nebbia
Twitter @Simone_Nebbia
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Controchiave, Roma – febbraio 2015
L’INTRUSO
di e con Davide Tassi
regia Francesca Rizzi
Repliche
7 marzo 2015 – Sezze (LT), MAT Spazio Teatro
25 marzo 2015 – Roma, Teatro Argot Studio
28 marzo 2015 – Formia