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Vico Quarto Mazzini e l’istante dei Sei personaggi

Vico Quarto Mazzini presenta Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello al Teatro dell’Orologio. Recensione

 

Foto Manuela Giusto
Foto Manuela Giusto

Ansia da prestazione è il sentimento di paura e incertezza nel quale possono cadere alcuni artisti quando scelgono un testo e decidono di portarlo in scena. Se poi le mani stringono nientemeno che Sei personaggi in cerca d’autore, la base letteraria di partenza, il côté ideologico filosofico del quale è intriso e la fama che lo precede, potrebbero dunque scoraggiare gli intrepidi nell’impresa. La storia dei numerosi adattamenti del dramma pirandelliano sembrerebbe però dimostrare il contrario. Ora, senza soffermarci troppo sui rapporti tra letteratura e teatro, possiamo però ricordare le querelles fondate sul presupposto che questa tragedia familiare fosse addirittura irrappresentabile, che la sua densità drammatica appartenesse esclusivamente alla pagina e non alla scena.

Tuttavia questi personaggi, dopo aver incontrato Pirandello, costringendolo a dar loro verità drammaturgica, irrompono dal 1921 negli studi di molti registi, tra i quali anche quello di «una piccola compagnia del ventunesimo secolo», Vico Quarto Mazzini, incontrandosi con Michele Altamura, Nicola Borghesi, Riccardo Lanzarone e Gabriele Paolocà che veste i panni del regista, appunto, quello sventurato perché assillato. A questo nucleo stabile della compagnia che lavora dal 2007 – tra i suoi lavori primo fra tutti Diss(è)nten vincitore di numerosi premi, Il sogno degli artigiani scritto da Michele Santeramo e diretto da Michele Sinisi, Bohème e l’ultimo Amleto Fx– si uniscono Paola Aiello e Natalie Norma Fella presentando in questi giorni Sei personaggi in cerca d’autore al Teatro dell’Orologio prodotto insieme al Teatro Kismet Opera di Bari.

Foto Manuela Giusto
Foto Manuela Giusto

Nel foyer, un enorme panino di spugna con diversi strati dai quali fuoriescono formaggio, insalata, carne, ci porge il volantino della paninoteca Luigi’s dove i prezzi sono abbordabili, ciascun panino a partire da 0,99 centesimi. Questo stesso hamburger gigante lo ritroveremo in sala non come sponsor dello spettacolo, ma come il segno, diverso e attualizzato, in grado di trasportare il dramma nel contesto odierno, dimostrando «l’abissale distanza che c’è tra la sua condizione e quella della compagnia degli attori con cui si relazionano i sei personaggi nel testo originale». Il sistema capocomicale degli inizi del Novecento viene assunto come presupposto ormai desueto e argutamente ribaltato dalla regia di Paolocà nella singolarità odierna, nella quale il teatrante è solo e molto spesso si autoproduce, deciso ad abbandonare la sua condizione perché fatta di stenti e lontana dall’impostazione «per fortuna e purtroppo» che possedeva un tempo, con giornate lavorative, contratti, recite e salario. Si spiegherebbe così il motivo che spinge il nostro autore contemporaneo a indossare un costume scegliendo di lavorare e guadagnare in una paninoteca. Chiaro e deciso è il contesto nel quale questo adattamento ha origine, capiremo quindi la profonda riluttanza iniziale dell’autore, basata sull’istinto di sopravvivenza «perché si deve pur mangiare», nel dar vita ai personaggi. Se ogni volta leggendo questo testo ci siamo interrogati riguardo a come si dovrebbe recitare la parte del personaggio e come quella dell’attore, rimanendo in preda di concettuali riflessioni, Vico Quarto sceglie, coraggiosamente, di annullare questa differenza: i personaggi sono attori di loro stessi; netta presa di posizione, difficile tuttavia da dosare nella resa scenica. C’è inventiva, molta, e profonda cura dei dettagli: dai costumi dei personaggi rigorosamente a lutto ma ognuno caratterizzato da un colore vivo e acceso che emerge dal nero dominante, passando per il disegno luci che illumina le azioni come fossero quadri a racchiudere la “prova” dei personaggi-attori, le irriverenti incursioni musicali nei brani di Viola Valentino e nella canzone popolare siciliana, fino alla drammaturgia ricca di momenti in grado di rendere poeticamente, attualizzando, il senso del testo originale. Tuttavia la smania dei sei personaggi di rivivere il proprio dramma attraverso la finzione del palcoscenico si riversa come un fiume in piena nella concitazione generale che regge l’intera struttura dell’adattamento. Molta originalità, inventiva e provocazione che irrompono per travolgere lo spettatore, senza la giusta calma dell’equilibrio.

«Questo spettacolo potrebbe durare un istante» lo stesso tempo di un’occasione, quella dell’autore l’ex teatrante frustato, di smettere di essere se stesso, di essere Io, diventando qualcuno, attraverso un dramma di sicuro effetto nel quale viene intrappolato da dannate figure. I sei personaggi di Vico Quarto Mazzini arrivano in fuga lasciandoci emozionati ma confusi.

Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri

visto al Teatro dell’Orologio-febbraio 2015

SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE
di Luigi Pirandello
con Michele Altamura, Nicola Borghesi, Riccardo Lanzarone, Paola Aiello, Natalie Norma Fella
regia Gabriele Paolocà
ideazione VicoQuartoMazzini
produzione Teatro Kismet Opera, VicoQuartoMazzini
con il sostegno di Progetto Goldstein e Teatro dell’Orologio

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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