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Il Gabbiano. Čechov e l’ironia del tragico

Il gabbiano diretto da Fabiana Iacozzilli ha debuttato al Teatro Vascello di Roma, rimarrà in scena fino al 25 gennaio. Recensione

foto Emanuela Bongiovanni
foto Emanuela Bongiovanni

Il gabbiano di Anton Pavlovič Čechov è una tragedia? In senso stretto sì, ma basterebbe chiudere il sipario qualche minuto prima del finale per scansare via il tragico e lasciare l’opera nel limbo. Il gabbiano è una di quelle pièce che hanno contribuito a traghettare il teatro dalle più sicure sponde ottocentesche ai frastagliati approdi del Novecento. Nell’aria, tra i discorsi che si perdono nel vuoto, le angosce e le autoanalisi, c’è tutta la complessità dell’uomo moderno. Ma rappresenta, in nuce, anche quella crisi della forma e del suo apparato drammatico classico descritta da Péter Szondi in Teoria del dramma moderno. Nei testi di Čechov si trovano personaggi persi nelle paludi di un remoto passato, aspettative di vita non realizzate, monologhi mascherati da dialoghi e poi quella leggera ironia che sembra essere portata dal vento a impollinare la campagna russa, delicatamente, invisibilmente.

foto Emanuela Bongiovanni
foto Emanuela Bongiovanni

C’è tutto questo nel Gabbiano in scena al Teatro Vascello con la regia di Fabiana Iacozzilli in una messinscena che non stupisce, non provoca, ma funziona come un catalizzatore del testo. Chi si aspettasse qualcosa di dirompente sul piano del lavoro drammaturgico o registico potrebbe essere rimasto deluso. Eppure questo progetto determina proprio il punto di svolta, di maturazione de Lafabbrica, che vi arriva dopo la forte autorialità della precedente Trilogia dell’attesa (nuovamente in scena a fine gennaio), impegnata a ragionare sul perenne indugio di una generazione. Al Teatro Vascello va il merito di aver creduto nella compagnia e di aver investito in una produzione non priva di rischi.

foto Emanuela Bongiovanni
foto Emanuela Bongiovanni

È un teatro d’arte popolare quello messo in campo per Čechov, ma in verità lo è sempre stato, anche quando era congelato in drammaturgie visive potentissime, si pensi ad Hansel e Gretel. Il giorno dopo, quasi un’installazione teatrale con una funzione emozionale. Iacozzilli ha preso dal proprio armamentario gli strumenti di cui aveva bisogno, ha fatto scelte coraggiose, come quella di affidarsi a un protagonista con una pronunciata inflessione nordeuropea (Benjamin Stender) allontanandolo ancor di più dall’apatica provincia russa e ha lavorato su testo e recitazione cercando di disegnare sugli attori le silhouette dei personaggi: Irina Nikolaevna è una sorta di Crudelia DeMon nell’interpretazione eccellente di Francesca Farcomeni; Samraev l’amministratore della tenuta, interpretato dall’ottimo Simone Barraco, sembra un popolano romano uscito dai film di Monicelli; il dottore, personaggio chiave, osservatore esterno, nella recitazione di Luigi Di Pietro trova una distanza ancora maggiore dagli eventi, quasi alla Nanni Moretti; c’è un Trigorin (Paolo Zuccari) dallo sguardo spaesato, ossessionato dalla propria scrittura e una teenager in shorts che legge Topolino, è la Nina di Anna Mallamaci. Al di là delle mosse registiche riuscite (in alcune delle quali cui si riconoscono certe atmosfere a cui la compagnia romana ci ha abituato) – il disegno luci espressivo in grado di creare gli spazi, il secondo tempo che si apre come il primo con un’evidente visione metateatrale, la scena scarna che sfrutta il ventre del Vascello con le vecchie scene accatastate sul fondo – vi è la volontà di illustrare un testo complesso e di renderlo prossimo alla nostra sensibilità. Il risultato è quasi sempre positivo, mancano certe sfumature negli ingranaggi della recitazione che renderebbero più morbidi e credibili alcuni passaggi, ma le repliche aiuteranno.

Andrea Pocosgnich
Twitter @andreapox

Dal 13 al 25 gennaio dal martedì al sabato h 21 – domenica h 18
Sala Giancarlo Nanni

IL GABBIANO
di Anton Cechov
regia Fabiana Iacozzilli
con Simone Barraco, Jacopo Maria Bicocchi, Elisa Bongiovanni, Luigi Di Pietro, Francesca Farcomeni, Guglielmo Guidi, Anna, Mallamaci, Ramona Nardò, Benjamin Stender, Paolo Zuccari
collaborazione artistica Matteo Latino
regista assistente Marta Meneghetti
aiuto regia Giada Parlanti
assistente alla regia Gabriele Paupini
scene Matteo Zenardi
disegno luci Hossein Taheri
costumi Gianmaria Sposito
La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello
in collaborazione con Compagnia Lafabbrica

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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