Dynamis Teatro con Anselmo e Greta, la recensione
Molti bambini hanno riempito la sala del Vascello per Anselmo e Greta, spettacolo a loro indirizzato ma che agilmente riesce a dialogare con un pubblico adulto non soltanto per la modalità scenica che fonda i propri caratteri distintivi su una coralità fisica e una componente ironica del linguaggio videografico, quanto per il trattamento della favola di Hansel e Gretel, da cui trae spunto per poi costruire una drammaturgia originale. Dynamis Teatro, compagnia fondata e diretta da Andrea De Magistris, oltre agli esperimenti ludico-performativi che prevedono lo sfondamento della barriera tra performer e osservatore assieme ad un largo uso di tecnologia a servizio del concetto, come Be Game o Across/LightBack, con Anselmo e Greta sposta verso un approccio più frontale la fruizione teatrale. Presentato in forma di studio nel 2011, in questa versione rinnovata non viene del tutto meno l’interattività (basti pensare alle proiezioni in real time grazie alle quali il Padre e la Madre interagiscono coi figli in scena), ma risulta inglobata nella drammaturgia. Della favola originaria rimangono alcune tracce: la madre morta – che in questa versione ha il compito di narratore – un padre risposato, un figlio abbandonato nel bosco. Diversamente da quella però, Anselmo e Greta sono i figli della seconda moglie, manipolatrice lei, viziati loro. I personaggi diventano simboli di un disagio attuale, intrappolati in un linguaggio che parla per emoticon, che conosce l’affetto dei genitori più attraverso gli effetti di post produzione di una foto che per l’effettiva presenza – in scena ridotta a meccanica reiterata.
L’energia ben canalizzata dei sei attori – non solo a servizio dell’immagine e del dispendio fisico – permette allo spettacolo di relazionarsi criticamente non tanto con la favola, quanto soprattutto con una condizione che pervade gran parte della fascia giovanile per la quale spesso la compagnia ha condotto laboratori di formazione. Figli del consumismo e del palinsesto televisivo, sommersi da innumerevoli attività pomeridiane che hanno il sapore di una pubblicità imparata a memoria, eccoli i figli di una generazione 2.0. L’unico personaggio distinto dalla coralità sia per aspetto che per linguaggio – molto vicino alla rima da filastrocca, e un po’ invero dal sapore didattico -, mette in guardia dal giudizio: secondo voi se loro avessero scelta sarebbero diversi? La risposta non tarda ad arrivare in un capovolgimento della struttura classica. I due fratelli, catapultati nel vuoto dove le griglie colorate non segnano più il percorso per passi preordinati, si scontreranno con la propria paura nei confronti dell’ignoto. Ma non è più tempo di streghe cattive da ingannare, l’ignoto è una relazione inaspettata, un primo fratello abbandonato perché figlio della prima moglie morta; dimenticato, isolato, e per questo costretto in un abbigliamento (leggi: condizione) da emarginato. Se il primo studio di qualche anno fa lasciava intatta questa condizione di isolamento, in questa nuova forma compiuta l’incontro si risolve positivamente, si sperimenta, senza i filtri della didattica, quanto davvero imparato: altre lingue, giochi, segni, istaurando una relazione con l’altro, lasciando da parte – finalmente – il cellulare. Il mostro affrontato non fa più paura, ma non è, come nell’originale, neutralizzato, è conosciuto, accolto.
Viviana Raciti
Twitter @viviana_raciti
ANSELMO E GRETA
liberamente ispirato alla fiaba Hansel e Gretel dei fratelli Grimm
regia Andrea de Magistris
con Ilaria Bevere, Concetto Calafiore, Filippo Lilli, Dalila Rosa, Francesco Turbanti, Marta Vitalini
aiuto regia Giovanna Vicari
assistente alla regia Valentina Vaccarini
scritto con Daniela Mitta
regia video Germano Boldorini
luci Paride Donatelli
scene e costumi Dynamis Teatro
PRODUZIONE DYNAMIS / TSI LA FABBRICA DELL’ATTORE