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Plexus la “coreofotografia” di Bory chiude il Romaeuropa Festival

Plexus di Aurélien Bory per Kaori Ito in scena al Teatro Brancaccio per Romaeuropa Festival.

 

Foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

Dopo aver presentato un fitto calendario di eventi tra teatro,danza, musica, arti visive, nouveau cirque, articolato lungo circa due mesi di programmazione e al quale hanno preso parte numerosi spettatori romani e non; il Romaeuropa Festival chiude questa ventinovesima edizione con Plexus diretto da Aurélien Bory pour Kaori Ito al Teatro Brancaccio. Uno spettacolo che il regista direttore de La Compagnie 111 ha creato appositamente per l’artista giapponese: un dono artistico che a partire dalla corporeità esile ma energica di Ito costruisce una sbalorditiva architettura scenica, macro proiezione di quella stessa micro fisicità della danzatrice.

Studiando le «tracce che la danza ha lasciato all’interno del corpo vivo di Kaori Ito», Bory ci presenta un trattato di stampo scientifico sulle dinamiche fisiche scaturite dal movimento della performer. Secondo il III principio della dinamica per il quale «a ogni azione corrisponde una reazione», l’intera partitura dei movimenti e l’ incredibile scenografia di Pierre Gosselin rendono visibile, esternandola scenicamente, quella risposta fisica ai gesti che altrimenti resterebbe celata nelle viscere dei tessuti. Un muro di fili pendenti a piombo sul palcoscenico rappresenta le fasce muscolari che a ogni movimento di Kaori Ito si tendono o flettono stridendo e suonando una musica interna. La danzatrice è dunque costretta nelle maglie di una struttura che ne comprime la gestualità, sezionandola come fosse una sorta di “coreofotografia”: il dinamismo del movimento viene scansionato al punto di rallentarlo fino alla sua ultima stasi, alla finale inazione. Nonostante siano inserite nello spettacolo musiche originali curate da Joan Cambon, a risuonare nelle nostre orecchie è il silenzio, muto, ovattato e pulsante. C’è in questo lavoro una sinergia di intenti, l’intimo incontro tra due figure, quella del regista e della danzatrice, visibile a occhio nudo nelle trame di una composizione basata essenzialmente sul sentire, interno, esterno ma soprattutto reciproco, perché dove regna il silenzio è lì che sta l’ascolto. Un moto lentissimo e dosato, le gambe si tendono, la schiena si flette, i capelli da raccolti si sciolgono in un ventaglio di lunghi fili vibranti nell’aria rarefatta. La luce la illumina, è bellissima Kaori Ito nella totale affermazione della sua danza, orientale in quanto in grado di trascendere il visibile.

Foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

La volontà registica di unire al rigore scientifico la magia illusoria del circo sembra dividere il lavoro in due momenti: il primo più analitico, il secondo maggiormente astratto e poetico, come fosse quest’ultimo in aperta contraddizione con quello precedente, staccato dalla cesura in cui Ito indossa una tunica riflettente quasi a indicare un passaggio nella narrazione, un cambio di stato a condurre verso il finale.

Non è casuale la scelta di questo spettacolo come l’ultimo del Romaeuropa Festival per quest’anno. Ritroviamo la danza, densa nella sua gestualità, il teatro come rito dell’ascolto, la musica quella interiore di un corpo mosso e per questo sonoro e poi lo straordinario universo visivo, da farci restare immobili ed esterrefatti. Plexus, l’origine intima del gesto attraverso il propagarsi continuo della sua energia.

Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri

visto al Teatro Brancaccio nel mese di novembre 2014

PLEXUS
coreografie Kaori Ito
musiche originali Joan Cambon
disegno luci Arno Veyrat
direttore di palco Tristan Baudoin
suono Stéphane Ley
costumi Sylvie Marcucci
ricerca e adattamento Taïcyr Fadel
scenografia Pierre Gosselin
macchine Marc Bizet
direzione tecnica Arno Veyrat
produzione e booking Florence Meurisse, Léonor Manuel, Christelle Lordonné, Marie Reculon
produzione Compagnie 111 – Aurélien Bory
co-produzione Le Grand T théâtre de Loire- Atlantique Nantes, Théâtre Vidy-Lausanne, Théâtre de la Ville Paris, Le Parvis scène nationale Tarbes-Pyrénées, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, La Coursive scène nationale de La Rochelle, Agora pôle national des arts du cirque Boulazac-Aquitaine
prove Le Grand T théâtre de Loire-Atlantique Nantes, Théâtre Garonne scène européenne Toulouse, Théâtre Vidy-Lausanne

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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