La compagnia toscana gli Omini è passata da Roma con lo spettacolo La famiglia Campione, parte del progetto Capolino. Recensione e una conversazione con Luca Zacchini
Con quasi 23mila chilometri quadrati, la Toscana è la quinta regione d’Italia per estensione. Per quanto riguarda il mondo del teatro, invece, potremmo di certo posizionarla tra le prime tre in una classifica che misurasse la vitalità dei gruppi nati sul posto e l’attenzione che le istituzioni pubbliche e private dedicano loro. Nel corso di questi ultimi otto anni una buona parte di questa regione, ma anche certi angoli di Emilia-Romagna, Piemonte e Umbria sono stati visitati da una compagnia pistoiese, gli Omini, di cui abbiamo avuto il piacere di raccontare in queste pagine. Il loro metodo di lavoro si avvale di impostazione antropologica, facendo di questo gruppo di potentissimi attori toscani (composto in origine da Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Luca Zacchini e Riccardo Goretti, che ora conduce un proprio progetto autonomo) una sorta di carovana nomade: scelto un luogo, vi si va a risiedere per un periodo di tempo, mescolandosi ai locali e alle loro storie, intervistando anziani, bambini, persone di tutti i giorni, sbobinando il tutto dentro a un setaccio di arte drammaturgica fino a ricavare un vero e proprio canovaccio sempre aperto al cambiamento, che è il cuore pulsante della provincia italiana. Una scansione per progetti segna il passo di quel che è a tutti gli effetti un metodo scientifico, unito a sapienza di scrittura e di struttura e a un indubbio talento e affiatamento nella creazione di situazioni estemporanee in scena: gli Omini sono un fenomeno a sé, il cui passaggio somiglia a quello di uno stormo di uccelli, che non sai mai se si poserà gentile sul tuo balcone o cadrà in picchiata a fracassarti le finestre.
Alla fine di novembre passava da Roma il lavoro più recente, La famiglia Campione, frutto del progetto Capolino, che vede nei ragazzi tra i 16 e i 35 anni il “materiale umano” di partenza. «Attraverso un anno e mezzo – ci racconta Luca Zacchini – si è andati in giro per vari comuni della provincia fiorentina incontrando ragazzi che hanno offerto una risposta entusiasta a questo processo sconosciuto in grado di farli crescere molto. Abbiamo affiancato alle settimane di indagini anche dei laboratori, il cui esito li portava in scena su un canovaccio frutto delle indagini». Il risultato è un crudele affondo sul modello famigliare della provincia italiana, «che ci è servito per rappresentare uno spaccato della società di oggi dove tanti punti di riferimento sono stati persi».
E allora andiamo a far visita a questa famiglia. Complice anche lo spazio un po’ decadente del Rialto Santambrogio, storico spazio occupato appena riaperto e ancora in attesa di rispolverare antichi splendori, proprio con un cupo senso di attesa si apre la scena, che ospita solo una nuda struttura di legno, scatola chiusa ravvivata solo da una luce accesa all’interno. È una gabbia, è una teca, soprattutto è un paradigma della casa come nucleo di vita, che per l’ora successiva verrà raffigurata in tutte le sue contraddizioni, scoprendo le pieghe più tortuose dei rapporti tra i membri di una famiglia. Una famiglia comune, campione appunto, una di quelle che danno voce ai dati Istat e finiscono – senza saperlo – in fondo ai telegiornali della notte o in testa a Porta a Porta. Senza saperlo, appunto. Il babbo, la mamma, l’ex marito scemo, i nonni, il figlio e una sorella che vive un’autoreclusione nel bagno tutto il giorno e nessuno sa perché. Attorno a lei – chiusa appunto nel simulacro-casa e muta a ogni richiesta da parte degli altri al punto da lasciarci dubitare della sua esistenza – ruota questo sfiancante girone dell’accidia, tra litigi, colpi bassi e coltellate alla schiena. Il tutto con un ritmo subacqueo fatto di toni narcotizzati, passi strusciati, schiene ricurve o sedute sui lombi, sguardi a mezz’asta.
«Se di qualche stralcio di stabilità si può parlare – commentava Zacchini – i pochi momenti di ottimismo si trovano forse solo nei discorsi dei nonni, persone che sono più di qua che di là». Rispetto ai precedenti progetti di incursione, «la differenza qui è che c’è una drammaturgia più netta, più forte, c’è una storia e il tutto è in un’ora reale di una famiglia in un luogo preciso e si ritorna, per alcune caratteristiche, a un tipo di teatro “più classico”». Ed è la verità. A metà tra De Filippo e Pirandello, questo lavoro ha un che di più maturo rispetto ad altri esperimenti degli Omini, soffia nell’aria la sonnolenza delle prime ore d’alba, quando il paese fuori è ancora addormentato, e dentro si acquatta il tedio di un nuovo giorno. Pur avvertendo qualcosa di ancora non compiuto, identificabile forse con un mancato divertimento nella e della performance generale, la consueta affilata recitazione e quella certa dolce sciatteria ci conquistano regalando qualche risata amara e coprendoci le spalle con un cappotto di brividi.
Sergio Lo Gatto
Twitter @silencio1982
intervista raccolta da Viviana Raciti
Twitter @viviana_raciti
visto a Roma, Rialto Santambrogio, in novembre 2014
LA FAMIGLIA CAMPIONE
Di Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Giulia Zacchini e Luca Zacchini
Con Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Luca Zacchini e Francesco Scirè
produzione gli Omini
in collaborazione con Fondazione Teatro della Pergola
residenza artistica Associazione Teatrale Pistoiese
con il sostegno Regione Toscana