Imitating the dog è da poco sbarcata in Italia con un progetto dedicato al romanzo di Ernest Hemingway, A Farewell to Arms (Addio alle armi). Dedichiamo alla acclamata compagnia britannica un’ampia pagina con recensione, intervista, video trailer e galleria fotografica
UNA BIRRA CON SIMON WAINWRIGHT #intervista
Più di ogni altro genere, il grande romanzo d’avventura è in grado di mescolare ad arte temi come viaggio, sopravvivenza, amore, odio, orgoglio, pregiudizio e ogni altro genere dentro la creazione di un perfetto paradigma dell’essere umano. E in questo, c’è da dirlo, gli americani hanno sempre saputo il fatto loro. Ernest Hemingway è uno dei narratori simbolo del Novecento, icona di un uomo dedicato a divorare la vita, senza mezzi termini e senza concessioni a nessuna correttezza politica e molto spesso neppure sociale. Tacciato di maschilismo, sciovinismo, anti-ambientalismo, immoralità, a salvarne la reputazione è di certo un dono che davvero pochi scrittori hanno, la capacità di inventare una lingua personale senza bisogno di andare troppo “in giro con le parole”. Il suo inglese è uno dei primi che si consigliano di leggere a coloro che vogliano imparare la lingua, proprio perché a perfetto agio in una grammatica semplice e al contempo evocativa, piena di sangue che pulsa eppure disposta nell’arco dello stesso paragrafo a tracciare interi paesaggi con brevi frasi descrittive e poi lasciare al discorso diretto la responsabilità di far apparire i personaggi. Personaggi finalmente liberi da certa aura letteraria di matrice britannica che li teneva, all’epoca dei primi anni del secolo scorso, sempre a qualche centimetro da terra. Con Hemingway si sfreccia sulla Savana, si fugge dai tori che caricano le calcagna, si sfiorano le acque dei mari del Sud e si sprofonda nel fango delle trincee con la stessa agilità con cui si ascoltano piccole brezze ispaniche a spasso per Pamplona o il planare radente dei piccioni in una piazza parigina. Il tutto senza bisogno di muovere gli occhi dalle righe che scorrono veloci voltando decine di pagine in poche mezz’ore.
«Proprio dalla scrittura, dall’idea di scrivere nasce l’idea di lavorare su Addio alle armi», mi racconta Simon Wainwright di fronte a un caffè in Piazza della Repubblica ad Ancona. Insieme a Pete Brooks e Andrew Quick, è lui che ha fondato e dirige Imitating the dog, una delle compagnie più apprezzate del Regno Unito e che dal 1998 conduce sulla forma teatrale una laboriosa operazione di allargamento delle maglie. Fin dai primi lavori (ad oggi se ne contano tredici) è evidente il tentativo di far esplodere il concetto stesso di fruizione frontale. Grazie a una cura peculiare che include, oltre all’azione live, inserti filati e riprese video di particolari della scena riprodotte sui fondali di scenografie sempre molto elaborate, il risultato è una totale partecipazione dello spettatore: di fronte a un lavoro di Imitating the dog si assiste a una duplicazione dello sguardo, al suo passaggio attraverso una sorta di prisma che moltiplica le prospettive. Non è un caso che il nome della compagnia citi un dipinto dell’artista americano Eric Fischl: quel tipo di sguardo voyeurista e indiscreto risultava, nelle parole di Quick in un’intervista di qualche anno fa, il più adatto alla loro ricerca: «Realistico, ma con certi confini surrealisti, scene di vita di periferia, apparentemente confortanti ma con un risvolto interno assolutamente oscuro». Proprio come appare Addio alle armi, scritto da Hemingway sulla base di stralci autobiografici dei mesi in cui era stato autista di convogli di emergenza nell’Italia devastata dalla disfatta di Caporetto e pubblicato nel 1929. Proprio questa data, a cavallo delle due guerre, dona alla tumultuosa storia d’amore tra il tenente Fredric Henry e l’infermiera inglese Catherine Barkley la foggia di una sorta di cupo presagio del conflitto che pochi anni dopo avrebbe di nuovo sconvolto gli equilibri mondiali.
«Non volevamo realizzare un copione teatrale – spiega Wainwright – ma riportare sulla scena il romanzo. La prima stesura realizzata da Andrew era praticamente il romanzo completo, durava 4 ore. L’abbiamo ridotta di quasi metà, tentando tuttavia di lasciare vivo l’intento di lavorare sulla forma letteraria. Volevamo ricomporre con i nostri mezzi la stessa urgenza che scorre in tutto il testo e trascinare lo spettatore nella stessa esperienza che si vive leggendo un romanzo: l’intero testo pronunciato dai personaggi viene proiettato sul fondale e le loro azioni seguono quelle descritte dal racconto». Nella versione che abbiamo visto, recitata completamente in inglese mentre quella originale prevede lunghi passi in italiano, il risultato è uno spettacolo di grande complessità, in cui si intrecciano visione, lettura e immaginazione. All’incontro pubblico offerto nel bar dell’imponente Teatro delle Muse di Ancona, la compagnia spiega come, «più che tentare di raccontare e comprendere la guerra, si vada in cerca di tutte le tracce di umanità che all’interno di uno scenario così esploso hanno – nel romanzo e dunque nel lettore – la possibilità di rendersi chiare». Si tratta di un’operazione di costruzione dell’immaginario, un esperimento ambizioso che, di certo anche per questioni produttive, difficilmente capita di veder realizzato in Italia.
Sergio Lo Gatto
Twitter @silencio1982
UN ROMANZO IN PRESA DIRETTA #recensione
La letteratura è una forma d’arte di straordinaria capacità evocativa: non permette di vedere altro che parole susseguite pagina dopo pagina, ma il loro senso intimo – individuale e di relazione – saprà condurre in territori mai visti, immaginari decriptati dalla tensione onirica, stralci di passato altrui. Per questa qualità espressiva l’intenzione teatrale affronta sempre il dilemma della messa in scena, tentando la scelta tra un realismo che conservi l’arco della vicenda e la totale insubordinazione all’opera, al fine di darne interpretazione. Imitating the dog, nel mettere in scena questo Addio alle armi per Le Vie dei Festival 2014 al Teatro Vascello di Roma – tra le poche date italiane (ultima oggi al Teatro Sociale di Bergamo) in un progetto più ampio promosso da Marche Teatro in collaborazione con il British Council per il Centenario della Prima guerra mondiale 2014/2018, cui ha partecipato anche il Comune di Roma con numerose iniziative collaterali – accetta la sfida e sa di poterla affrontare soltanto sottolineando la vocazione letteraria dell’opera di Ernest Hemingway; tutto il contributo materiale di apparato, pertanto, dalla recitazione dal vivo proiettata sugli schermi in presa diretta che svela il volto di attori quasi sempre di spalle o in obliquo fino ai suoni ambientali di fondale, a partire dall’esplosione di una parete attraverso cui gli attori raggiungono la scena, mantiene un contesto letterario. Ma più di ogni cosa a sostenere la vicenda è la presenza di un narratore interno che compie però un movimento a uscire dalla vicenda e passa sulle spalle di ognuno dei sei attori, non casualmente disponendo di passaggi vertiginosi tra una persona grammaticale e l’altra; questa presenza cosciente dell’autore nell’opera, punto nodale della narrativa di Hemingway, è una misura di spessore per una proposta artistica di pregio. Pur essendo a volte colpevole di concessioni eccedenti al tanto testo estratto dal libro e, in sezioni ricche di pathos, trovandosi più in linea con quel film di Richard Attenborough, Amare per sempre (1997), tratto dalla vicenda biografica dello scrittore e molto simile ai fatti del romanzo, A Farewell to Arms è uno spettacolo che accresce tensione e intensità con stile, senza mai stancare anche quando la lunghezza di certe scene farebbe pensare il contrario: Imitating the dog anzi insiste su quella estenuazione, la doma in una scansione ritmica consapevole e capace di raggiungere una profondità di ascolto vibrante che rimanda visioni, assimila eventi umani in un grande movimento collettivo, spartisce per ruoli le funzioni di un racconto epico. Scrive pagine di pagine scritte.
Simone Nebbia
Twitter @Simone_Nebbia
TRAILER UFFICIALE
CLICCA SU UN’IMMAGINE PER SCORRERE LA GALLERY – foto Ed Waring
A FAREWELL TO ARMS
Adapted and Directed by Andrew Quick and Pete Brooks
Projection and Video Designs by Simon Wainwright
Stage Design by Laura Hopkins
Lighting Design by Andrew Crofts
Music by Jeremy Peyton-Jones
Sound Design by Steven Jackson
Technicians – Andrew Crofts and Ian Ryan
Cast: Laura Atherton, Joshua Johnson, Morven Macbeth, Jude Monk McGowan, Matt Prendergast, Marco Rossi