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Teatrosofia #2. Filosofia performativa

Teatrosofia esplora il modo in cui i filosofi antichi guardavano al teatro

 

In questa nuova rubrica, curata dal nostro redattore Enrico Piergiacomi – dottorando di ricerca in filosofia antica all’Università degli Studi di Trento – ci avventuriamo alla scoperta dei collegamenti tra filosofia antica e teatro. Ogni uscita presenta un tema specifico, attraversato da un ragionamento che collega la storia del pensiero al teatro moderno.

scuola di atene
Raffaello Sanzio, La scuola di Atene (1509-1510). Palazzi Vaticani a Roma, affresco.

2. Filosofia performativa

Decidere il punto di inizio della filosofia è un atto arbitrario, perché l’individuazione di un “padre nobile” della disciplina si basa su un’arbitraria definizione di filosofia. Chi pensa che essa sia ricerca dei principi primi, concorderà con Aristotele nel farla partire da Talete e dalla sua idea dell’origine di ogni cosa dall’acqua. Mentre quanti la identificano con la tensione alla felicità, troveranno il primo filosofo in Democrito, visto che è con lui che si incontra la più antica definizione del fine morale.
Proprio in ragione della sua arbitrarietà, si potrebbe proporre che la filosofia sia pensiero in azione. Un’attività che affronta problemi concreti e intenta un incontro vivo con l’interlocutore, con l’obiettivo di mutarne in meglio la condotta e l’orizzonte cognitivo.
In tal senso, si può dire che la filosofia nasce in realtà in una modalità performativa. I pensatori più antichi erano infatti dei veri propri attori, che recitavano a un uditorio le proprie idee: le consegnavano dunque ad anime attente, non a libri da leggere nella penombra e nel silenzio. Talete riferiva i risultati delle sue teorie oralmente. Parmenide ed Empedocle scrissero dei poemi filosofici, apprezzabili con il coinvolgimento corretto di ascolto, vista e ragionamento. Democrito – a cui va ricondotta la prima attestazione nota della metafora della vita come un teatro – scrisse delle massime efficaci rivolte solo a colui che le «ascolta con intelligenza».
La figura più interessante da ricordare nel periodo di inizio della filosofia è però Senofane. Nelle Vite, Diogene Laerzio rileva la sua peculiarità nel declamare da rapsodo (errapsoidei) i suoi Silli, ossia componimenti filosofico-satirici rivolti soprattutto contro le false credenze negli dèi omerici. Il rapsodo si distingue dall’attore perché non recita gli scritti di un poeta a teatro, bensì in qualunque regione della Grecia egli si trovi, gli episodi dell’Iliade e dell’Odissea. Bisogna allora pensare che Senofane recuperasse le tecniche dei rapsodi per demolirne i contenuti. Egli girava inquieto di regione in regione per cantare la sua anti-Iliade e la sua anti-Odissea, rivelando così l’empietà dei poemi che rappresentavano allora la “Bibbia” e l’enciclopedia della Grecia intera.
Molti secoli dopo, lo scettico Timone scriverà come Senofane dei Silli, che evidenziano i limiti dei pensieri di molti filosofi con le armi della parodia. Non è improbabile che, alla sua presa in giro filosofica, abbiano giovato i suoi trascorsi da mimo.

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Ci dev’essere una qualche sostanza, o più di una, da cui le altre cose vengono all’esistenza, mentre essa permane. Ma riguardo al numero e alla forma di tale principio non dicono tutti lo stesso: Talete, il fondatore di tale forma di filosofia, dice che è l’acqua (e perciò sosteneva che anche la terra è sull’acqua): egli ha tratto forse tale supposizione vedendo che il nutrimento di tutte le cose è umido, il caldo stesso deriva da questa e di questa vive (e ciò da cui le cose derivano è il loro principio): di qui, dunque, egli ha dedotto tale supposizione e, dal fatto che i semi di tutte le cose hanno natura umida – e l’acqua è il principio naturale delle cose umide [Talete di Mileto, 11 A 12 DK = Aristotele, Metafisica I, 983b17 ss.]

Ma tu da questa via di ricerca allontana il pensiero / né l’abitudine nata dalle molteplici esperienze ti costringa lungo questa via, / a usar l’occhio che non vede e l’udito che rimbomba di suoni illusori / e la lingua, ma giudica col raziocinio la pugnace disamina / che io ti espongo [Parmenide di Elea, Sulla natura, fr. 28 B 7 DK]

Ma orsù, considera con ogni tuo potere, in qual modo ciascuna cosa è chiara, / senza accordare più fiducia alla vista che all’udito / o all’orecchio sonoro oltre la chiara fede del gusto, / e non negar fede a nessuna delle altre membra, dove sono vie per conoscere, / ma conosci ogni cosa per quanto è chiara [Empedocle di Agrigento, Sulla natura, fr. 31 B 3 DK]

Se uno ascolterà queste mie massime con intelligenza, compirà molte azioni degne di un uomo buono, mentre non compirà molte cattive [Democrito di Abdera, Massima 1, fr. 68 B 35 DK; trad. mia]

Il cosmo è una scena, la vita un un’entrata in essa: arrivi, vedi, abbandoni [Democrito di Abdera, Massima 84, fr. 68 B 115 DK; trad. mia]

[Senofane] scrisse versi epici, elegie e giambi contro Esiodo e Omero, colpendo le loro interpretazioni degli dèi. Inoltre, egli stesso recitava i suoi componimenti come un rapsodo [Senofane di Colofone, 21 A 1 DK = Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, libro IX, § 18; trad. mia]

Sono già sessantasette gli anni che spingono / errabondo il mio affanno attraverso la terra ellenica; / allora dalla mia nascita ne erano passati venticinque, / seppure son capace di fare un calcolo esatto [Senofane di Colofone, fr. 21 B 8 DK]

Omero e Esiodo hanno attribuito agli dèi / tutto quanto presso gli uomini è oggetto di onta e di biasimo: / rubare, fare adulterio e ingannarsi reciprocamente [Senofane di Colofone, fr. 21 B 11 DK]

[Pirrone] ebbe per discepolo Timone di Fliunte, che in principio danzava nei teatri. In seguito, dopo averlo incontrato, compose parodie e buffonerie, dove calunnia tutti i filosofi precedenti. Questo infatti è quello che lui stesso scrive e dice nei Silli: “Miserabili uomini, turpi disgraziati, solo ventre, / da tante contese e tali gemiti siete plasmati” [Timone di Fliunte, Silli, fr. 10 Di Marco = Eusebio, Preparazione al Vangelo, libro, XIV, § 18.28; trad. mia]

[Dove non diversamente indicato, tutte le traduzioni sono tratte dal portale Daphnet, che conserva le testimonianze e i frammenti sui Presocratici pubblicati da H. Diels, W. Kranz (Hrsg.), Die Fragmente der Vorsokratiker, 3 Bände, Berlin 1956]

Enrico Piergiacomi
Twitter @Democriteo

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3 COMMENTS

  1. Un punto di piccolo dissenso:
    non credo si possa dire che i pensatori antichi erano “veri e propri attori”.
    Perchè sarebbe come dire (forse!) che gli oratori allo speaker’s corner sono veri e propri attori.
    Certo per catturare l’ attenzione di una “platea” bisogna attuare alcuni espedienti attorali (di natura tecnica persino!), ma anche una scolaresca è una platea. Dunque un professore, nel suo insegnare è forse un vero e proprio attore?
    Mi sembra invece più giusta la distinzione tra attore e rapsodo (che ad un certo punto viene accennata).
    Un saluto ed ancora un ringraziamento.
    Claudio Morganti

  2. Caro Claudio,

    il dissenso è accolto a braccia aperte, almeno da me. A differenza dei complimenti, che sono ovviamente graditi, le critiche costruttive consentono di avanzare nella ricerca e non di accontentarsi dei risultati raggiunti.
    Hai perfettamente ragione: non si può identificare chiunque usa espedienti performativi con un attore. Avrei dovuto però dedicare più tempo e spazio per specificare che le “performances” dei filosofi antichi delle origini erano degli atti artistici a tutti gli effetti. Non c’era solo la volontà da parte loro di veicolare un messaggio: essi usavano l’esibizione per rendere la realtà – a cui gli uomini sono abituati a pensare come non problematica – come ancora da conoscere, e ad ascoltarla o guardarla con sensi nuovi. Ad esempio, Parmenide fa ricorso a una rivelazione divina per negare i fenomeni e per pensare il mondo in termini ontologicamente più rigorosi, Eraclito cercava di mostrare il movimento che unisce gli opposti mescolando e bevendo il ciceone in silenzio di fronte a un pubblico, mentre lo stesso Senofane manifestava l’esistenza di un dio sferico-infinito (la contraddizione è nei testi) che è immanente a tutte le cose e non è affatto simile alla divinità “troppo umana” di Omero ragionando sugli alberi, sulle stalattiti e sulle stalagmiti, più su altre cose concrete. Insomma, questi filosofi non si avvalevano solo di concetti e ragioni persuasive, ma di gesti artistici e di esperienze.
    Forse così la mia posizione risulta più chiara e accettabile? In ogni caso, ti ringrazio molto per avermi fatto riflettere meglio. Un caro saluto,

    Enrico.

  3. Grazie Enrico,
    la macchina del tempo (quella da un sol viaggio) che vorrei, mi porterebbe sicuramente da quelle parti!

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