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Taccuino Critico: Handke, Pinter e lo Jonio

Tra le molteplici offerte teatrali, sul Taccuino Critico si appuntano segni di sguardi diversi che rispondono a un’unica necessità: osservare, testimoniare, dar conto dell’espressione pura, del piccolo e grande teatro…

 

Foto Manuela Giusto
Foto Manuela Giusto

I BEI GIORNI DI ARANJUEZ
di Peter Handke
traduzione Françoise Bohr
adattamento Attilio Scarpellini
interpretazione e regia Daria Deflorian e Attilio Scarpellini
disegno del suono dal vivo Stefano de Ponti

Allora, qui ci sono due scuole di pensiero a proposito del teatro sognato, bramato, visto, replicato: da un lato esso è “fare teatro”, ossia portare in scena sé stessi e le proprie cose, fino ai limiti imposti dal dialogo interiore quando si decide di promuoverlo a dialogo altrui; dall’altro lato è “essere teatro”, incarnarlo, sentirne il battito raggiungere pieno accordo al proprio, radicare il proprio esercizio di mondo, l’esperienza di umanità ma non spogliarla, bensì denudarla in scena, non togliersi l’abito della rappresentazione ma fare in modo che esso cada da sé, alle spalle di una postura errata, sempre sconveniente. E allora lì non ci sono scuole, c’è la vita. È quella che passa per I bei giorni di Aranjuez di Peter Handke – visto al Teatro Argot Studio per La terra sonora all’interno di Dominio Pubblico – e per due corpi che in scena si fanno complemento: quello di Daria Deflorian, attrice e autrice, e quello di Attilio Scarpellini, autore anch’egli e critico. C’è un tavolo, ci sono mele rosse, due postazioni di sfida dolce, l’accordo cedevole di definirsi attraverso il racconto di quando l’altro non c’era, un contatto vivo che pare ormai fuori dal tempo ma anche maturo, pronto ad ammettere di tutto. C’è l’amore, dunque, quando supera il conflitto e si eleva a simbiosi. È in quel punto – su un tappeto steso dalle sonorità dal vivo di Stefano de Ponti – che il loro dialogare prende caratteri di esemplarità, si espande nella natura e oltre i corpi, è qui e altrove, si fa a un tempo etereo e concreto. La dedizione delle voci non è alla parola soltanto, ma alla capacità evocativa che essa sviluppa, alla qualità letteraria della penna di Handke che è scrittore di atmosfere, di paesaggi, di tutto ciò che sta attorno all’uomo: egli se ne accorge, sa che tutto questo proprio all’uomo appartiene.

Simone Nebbia
Twitter @Simone_Nebbia

Teatro Argot Studio – Novembre 2014

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amante pinter
foto di Ufficio Stampa

L’AMANTE
di Harold Pinter
con Angela Ciaburri, Davide Mancini
regia Massimo Mesciulam

Il Teatro Kopò è minuscolo ma accogliente, pieno di gente di tutte le età, almeno la sera che ci siamo capitati per L’Amante di Harold Pinter. Una giovane coppia borghese vive fin dal principio del matrimonio una quotidianità di fatto impossibile da accettare: tutte le mattine Richard si infila giacca e cravatta e se ne va a lavorare in città, perfettamente consapevole che Sarah riceve in casa un amante. Durante una cena anche l’uomo confessa di frequentare con rilassata assiduità una prostituta, cosa che incrina il surreale equilibrio. L’atto unico del Premio Nobel inglese si muove sul confine tra realtà e immaginazione dove due allegorie dell’amore borghese mettono in scena un gioco al massacro. Tenuta insieme da un ritmo alto e fatta solida da una certa verve degli attori, la versione di Massimo Mesciulam tenta di sfruttare al meglio lo spazio molto angusto facendo muovere il meno possibile i corpi in un labirinto di poltroncine, sgabelli, tavolini, separé e un ballatoio rimovibile. Tuttavia proprio questa costruzione mozza il respiro al testo, che qua e là chiederebbe cambi di registro diversi da quelli di due interpreti non sempre in grado di reggersi il gioco a vicenda. Così il meccanismo dei cambi d’abito e d’accento, responsabile di identificare i due fantomatici amanti negli stessi protagonisti, rischia di non far detonare tutta la tetra ambiguità che Pinter poneva nel gioco dei sessi e nella metafora del potere.

Sergio Lo Gatto
Twitter @silencio1982

Teatro Kopò, Roma – novembre 2014

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Foto Alessija Spagna
Foto Alessija Spagna

BOLLARI. MEMORIE DALLO JONIO

di e con Carlo Gallo
collaborazione artistica Peppino Mazzotta
produzione Teatro della Maruca

Il mare avvinghia, identifica, prende, dà. Chi lavora per mare ha nello sguardo una luce tutta diversa, rimane anche a distanza di anni un modo di raccontare che sa dell’andirivieni della barca sulle onde, ha il corpo proteso verso un orizzonte che non esiste, perché ci sarà sempre la necessità di oltrepassare quello scoglio, raggiungere quell’altra riva pur di scovare la promessa del mare. Dal piccolo palco del Doppio Teatro senza null’altro in scena che corpo e parole, Carlo Gallo presta se stesso a quelle storie raccolte interrogando anziani e soprattutto pescatori. Da queste “memorie dello Jonio” (raccolte tra le coste vicino Crotone e che ora stanno acquisendo corpo più ampio in un progetto in fieri di raccolta di testimonianze presso le Leghe Navali d’Italia, sempre a cura di Gallo e del suo Teatro della Maruca) viene fuori Bollari: piccola perla di semplicità che fluidamente intreccia i singoli racconti restituendone la musicalità fatta di nenie, prestiti dal “cunto” (più ingentilito rispetto la tradizione siciliana), gestualità precisa nell’individuare personaggi o situazioni. Il titolo richiama l’urlo ormai perso, quasi dimenticato, di chi riusciva per primo ad avvistare i banchi di tonni che in primavera passavano non distanti le coste mentre l’acqua era tutta un friggere, un bollire di pinne lucenti. Anche a chiedere del passato, della fame, della guerra, di Mussolini che giunse a Crotone per lasciare quattro parole davanti una folla attonita «come un banco di sardine», le storie ritornavano sempre al racconto dei pescatori, di un aneddoto della vita in barca, ci racconta Gallo a fine spettacolo, come non si potesse disgiungere la vita dall’acqua. «Mistero della miseria, lo si fa perché lo vuole l’anima». Eccolo il miracolo, per cui tutti, dai bambini a terra in attesa a noi in teatro, si rimane inevitabilmente stregati.

Viviana Raciti
Twitter @viviana_raciti

Doppio Teatro, Roma – Novembre 2014

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