Luca Ronconi si diverte con Strindberg: tentativo di Danza Macabra in black comedy. La recensione
Danza di morte, scritto nel primo anno del secolo scorso da August Strindberg, è una di quelle pièce in cui l’azione è praticamente congelata: i pochi sussulti dell’intreccio rientrano, con l’apparente happy end, nei ranghi di una rappresentazione disperata dell’esistenza. Al centro del quadro, una coppia unita dall’indissolubile vincolo del matrimonio sperimenta quotidianamente la violenza di una relazione ormai sfinita e apparentemente insopportabile. Su Youtube potete trovare l’edizione televisiva di uno spettacolo del 1970 con il quale Gianni Santuccio vinse il premio Riccione per la miglior regia. Quella videoregistrazione ci mostra una prova d’attore fenomenale: Lilla Brignone con la sua voce roca e morbida al contempo, Santuccio alle prese coi tratti sfumati di un personaggio che non fa altro che fingere – recitando – e poi il Kurt di Achille Milo con quell’aria da impiegatuccio, ma con occhi e spirito intelligenti; un triangolo che danza su di una tela di ragno in cui lo spettatore stesso da subito finisce avviluppato e i discorsi si ammantano lentamente di quella stessa morte in cui la coppia è ormai piombata. Nella solitudine del proprio appartamento, senza contatti con l’esterno, marito e moglie passano l’anniversario delle nozze d’argento a fare i conti con quel legame incorruttibile, ma marcio dalla nascita; Kurt nel mezzo dei giochi è una preda incapace di sfuggire ed è costretto ad ascoltare i piagnistei dei due, il pentimento, i rimorsi che emergono da un passato arido di felicità. La complessità dei rapporti umani deve misurarsi dunque con una recitazione che sappia essere amplificazione di tale complessità anche nel caso della regia più ardita.
E qui arriviamo al dunque: oggi questo spettacolo è in scena con la regia di Luca Ronconi in una versione che vorrebbe essere quasi comica, ma che altro non fa che semplificare. Lo abbiamo visto all’apertura di stagione al Teatro Metastasio di Prato ed è previsto anche all’Eliseo di Roma per marzo, ma qui come sappiamo sarà tutto da capire… A monte c’è la volontà di dare al testo di Strindberg quella pennellata di originalità che lo renda ronconiano, e allora ecco la scena (firmata da Marco Rossi) come sempre stupefacente all’aprirsi del sipario, le luci di A. J. Weissbard, mobili e suppellettili neri, abiti scuri per tutti i personaggi e poi quel palco che si muove spostando proprio i mobili come accadrebbe sul ponte di una nave nella burrasca; ma non basta, a questa ambientazione iconografica, quasi à la Tim Burton, Ronconi aggiunge un’irrefrenabile voglia di parodiare il senso del tragico e probabilmente la seriosità con cui spesso si affrontano drammi come quelli di Strindberg. È qui che tutto precipita, in una sorta di vaudeville – disinnescato nella trama – nelle mossette e smorfie dei tre attori che vorrebbero far ridere senza riuscirci mai: Adriana Asti è l’unica con un minimo di equilibrio e disinvoltura, ma anche la sua Alice, a causa delle scelte registiche, rimane in superficie rispetto alla varietà cromatica con cui potrebbe apparire; il Kurt di Giovanni Crippa, il più orrorifico dei tre, che sembra uscito da un B-movie di vampiri, è un personaggio apatico, la recitazione volutamente affettata dopo alcuni minuti di ascolto e visione diventa soporifera; Giorgio Ferrara (direttore artistico del festival di Spoleto che produce lo spettacolo insieme al Metastasio) è il capitano Edgar, una specie di fumetto che sbraita, tenta di ballare e accenna pantomime, il suo svenimento pieno di smorfie eseguito più e più volte è un insopportabile leitmotiv. E poi quell’estenuante omaggio al mondo dei vampiri, rappresentato anche dai morsi che in più di un’occasione i tre si scambiano; come delle sanguisughe si succhiano via la vita, certo, ma forse più didascalico di così non si poteva.
Andrea Pocosgnich
Twitter @Andreapox
Visto al Teatro Metastasio Stabile della Toscana, novembre 2014
DANZA MACABRA
di August Strindberg
traduzione e adattamento Roberto Alonge
con
Adriana Asti
Giorgio Ferrara
Giovanni Crippa
regia LUCA RONCONI
scenografia Marco Rossi
costumi Maurizio Galante
luci A. J. Weissbard
suono Hubert Westkemper
produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Spoleto57 Festival dei 2Mondi con la collaborazione di Mittelfest 2014