Le luci della centrale elettrica in Cronache Emiliane. Una recensione dello spettacolo di Vasco Brondi illustrata dalle fotografie di Futura Tittaferrante: prima una dedica a Luigi Ghirri, con scatti che guardano ai luoghi fotografati dal Maestro e poi i volti della serata alla Pelanda per Romaeuropa Festival. Clicca sulle immagini per scorrere la fotogallery
Un tappeto di cicale anticipa il primo verso di Costellazioni «Madonna che silenzio che c’è stasera» e poi via tra la terra, l’Emilia e la luna in un viaggio che arriva fino a quel «monumento dei cuori strappati appena fuori Cracovia». È forse il più intenso lavoro di Vasco Brondi e del suo progetto Le luci della centrale elettrica, in finale al Premio Tenco come miglior album dell’anno, targa che il cantautore ferrarese (veronese di nascita) aveva già vinto come “rivelazione” nel 2008.
Tutto parte dall’Emilia, vista come luogo dell’anima, e la Pianura Padana come una distesa attraversabile e infinita, nella quale si annidano i ricordi dell’adolescenza e le storie, non c’è da stupirsi che da qui sia nato anche uno spettacolo, Cronache emiliane, visto qualche settimana fa alla Pelanda di Roma nel programma di Romaeuropa Festival.
Ennesimo, bisogna ammetterlo, esperimento da sold out messo in piedi dalla fondazione presieduta da Monique Veaute in una più ampia programmazione in cui dialogano la sperimentazione musicale, il teatro, la letteratura e le installazioni artistiche di Digitalife. Gli spettatori di questa sezione musicale del festival possono infatti attraversare anche gli spazi dedicati alla mostra e “giocare” con gli esperimenti e le di sonorità interattive.
Allora ecco che una delle sale della Pelanda si riempie di curiosi e appassionati, qualche fan addirittura in lacrime durante i brani più struggenti di Brondi, ma anche spettatori di mezza età: tutti con grande attenzione in ascolto di uno spettacolo ibrido, forse incompleto e imperfetto, ma toccante. Una serata tra il reading poetico e l’unplugged da camera. Una situazione intima, nella quale bastano due chitarre, oltre a quella di Brondi vi è infatti l’accompagnamento di un altro nome del panorama Indie, Federico Dragogna, chitarrista dei Ministri. Nell’ora di spettacolo tra i testi delle canzoni, quelli recitati e quelli cantati, le battute di introduzione, le poesie (prese in prestito da Gianni Celati, Pier Vittorio Tondelli, Giorgio Bassani) emerge un orizzonte poetico che va oltre il fenomeno generazionale, quasi spingendosi alla ricerca di un luogo interiore che geograficamente combacia con l’Emilia.
Si parla di questo territorio in quanto realtà scomparsa, viene citato Zavattini «la malinconia è originaria del Po», una terra dove «i pescatori non sono più pescatori»; ma in quelle lande desolate inquadrate da Ghirri (le foto vengono proiettate sul fondale) con uno sguardo di malinconia metafisica, si fa ancora l’amore all’aperto, lì dove da ragazzi nelle secche del fiume si correva in scooter.
Ascolta su YouTube Le luci della centrale elettrica – LA TERRA, L’EMILIA, LA LUNA
Andrea Pocosgnich
Twitter @Andreapox
Tutte le foto sono di Futura Tittaferrante (info), clicca sulle immagini per scorrere la fotogallery
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