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Yan Duyvendak processa Amleto e la Corte lo condanna

Yan Duyvendak con Please, continue (Hamlet) a Short Theatre insieme a un cast di avvocati, PM e giudice illustri.

Foto di Cludia Pajewski
Foto di Claudia Pajewski

Prima di entrare in sala, un uomo distinto abbigliato con una camicia bianca e una giacca blu pastello sorride porgendoci un taccuino; ci raccomanda di seguire attentamente lo sviluppo della vicenda segnando dati e riflessioni sul blocchetto di appunti perché potremmo essere chiamati a condannare o assolvere l’imputato. È l’invito a prendere parte al processo, svoltosi in data 12 settembre 2014, in cui il PM Paolo Ielo chiede alla Corte che il giovane principe Amleto, ai sensi dell’Art.575 del Codice Penale, sia «condannato per omicidio doloso, scontando una pena di reclusione non inferiore ad anni ventuno». Qual è il movente che l’ha spinto a uccidere il padre della sua fidanzata Ofelia? E Gertrude, che ruolo ha avuto nell’occultamento del cadavere?

Foto di Claudia Pajewski
Foto di Claudia Pajewski

Questo il capo d’accusa che sorregge l’intera drammaturgia della pièce performativa Please, continue (Hamlet) nata da un’idea di Yan Duyvendak e Roger Bernat, presentata al festival Short Theatre di Roma dopo una lunga tournée internazionale e la partecipazione al Festival Castel dei Mondi di Andria. Sono intervenuti nel processo il Giudice Giancarlo De Cataldo, il Pubblico Ministero Paolo Ielo, l’Avvocato difensore Marco Fiorini, l’Avvocato della parte civile Francesco Rotundo, uno psichiatra e un usciere; insieme agli attori Benno Steinegger (Amleto), Francesca Cuttica (Ofelia) e Francesca Mazza (Gertrude). Dimentichi del contesto teatrale si entra subito nel vivo della notte tra il 6 e 7 aprile 2013 quando fu assassinato il ciambellano Polonio. Qualsiasi spettatore – al termine delle arringhe finali e in base a un sorteggio effettuato dal Presidente della Corte – potrà essere chiamato a ricoprire il ruolo di giurato. Tale clausola stabilita ancor prima di entrare in sala, condiziona il grado di attenzione del pubblico e il proprio senso di responsabilità, si è infatti intenti a segnare gli aspetti salienti delle fasi di interrogazione e delle ragioni finali degli avvocati sia della parte lesa (Ofelia) che di quella imputata (Amleto). Si assiste a un unicum irripetibile e non preparato, di volta in volta diverso; le cariche giuridiche vengono scelte dal paese ospitante e non hanno la possibilità di “provare la parte” poiché il tutto viene costruito scenicamente al momento. Solo venti giorni prima dello spettacolo gli avvocati, giudice e PM ricevono il dossier della causa e da esso devono partire per legittimare la loro performance, che in quest’occasione ha visto fronteggiarsi illustri esponenti della recente storia politica italiana che hanno dato sfoggio della loro ars dicendi.

Foto di Claudia Pajewski
Foto di Claudia Pajewski

Il legame col testo viene diluito e riadattato nell’evolversi del processo prendendo inattese pieghe interpretative che estremizzano i caratteri dei personaggi originali privandoli della loro complessità. Del resto, l’intento registico sembra non essere il rispetto dell’opera shakespeariana, quanto piuttosto ricreare «un’agorà dove la polis è protagonista». Lo svolgersi di un qualsivoglia processo è già di per sé una performance, la quale però in quest’occasione assume una specificità teatralizzata in quanto legittimata da un luogo preciso, la scena. Tuttavia, la partecipazione attiva degli spettatori, l’atteggiamento professionale di ciascuna delle figure giuridiche, la possibilità che si possa essere coinvolti come giurati, sono tutti elementi che fanno dimenticare presto di essere a teatro. Ne è prova l’applauso finale, indirizzato ai membri della Corte e non al regista il quale, seppur in sala, non riceve nessun ringraziamento dal pubblico. La sentenza viene espressa dal Giudice Giancarlo De Cataldo intorno alle 21 passate dopo essersi riunito – in una stanza attigua alla scena – coi sei giurati sorteggiati. Il verdetto è unanime «Amleto è condannato a 2 anni di reclusione per omicidio colposo e dovrà pagare una somma di circa 25.000 euro alla parte lesa Ofelia». Nessuna pietà per il fu principe di Elsinore, nonostante l’Avvocato Marco Fiorini abbia sorpreso i signori della Corte per aver portato sul tavolo della difesa la possibilità che da semplice testimone la madre Gertrude possa aver avuto, al contrario, un ruolo determinante nell’uccisione di Polonio a causa del suo «rapporto simbiotico» col figlio.

Signore e Signori, un delitto è stato consumato, il movente seppur debole ha portato però all’accusa e poi alla condanna finale. Noi non siamo giudici né tantomeno avvocati, quello che a noi interessa non è la fine – la sentenza – ma il percorso, le domande, le riflessioni, le accuse e anche le discolpe pronunciate, dalle quali affiora tutta quella sublime inafferrabilità di un personaggio che, a quanto pare, è impossibile portare su un banco di accusa.

Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri

Visto a settembre 2014 [Short Theatre]

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PLEASE, CONTINUE (HAMLET)
un’idea di Yan Duyvendak & Roger Bernat
con Benno Steinegger (Hamlet), Francesca Cuttica (Ophelia), Francesca Mazza (Gertrude)
e con il Giudice Giancarlo De Cataldo, il Pubblico Ministero Paolo Ielo, l’Avvocato difensore Marco Fiorini, l’Avvocato della parte civile Francesco Rotundo, uno psichiatra e un usciere
scenografia in collaborazione con Sylvie Kleiber
produzione e distribuzione Nataly Sugnaux Hernandez
amministrazione Catherine Cuany
comunicazione Ana-Belen Torreblanca
direzione tecnica Gaël Grivet | traduzioni Daniela Almansi, Matilde Pasquon
produzione Dreams Come True, Genève
coproduzione Le Phénix Scène Nationale Valenciennes; Huis a/d Werf, Utrecht; Théâtre du GRÜ, Genève spettacolo creato in residenza a Montévidéo, Marseille; Le Carré/Les Colonnes, Scène conventionnée, Saint-Médard-en-Jalles/Blanquefort con l’appoggio di Ville de Genève; République et canton de Genève; Pro Helvetia Fondation suisse pour la culture; Migros pour-cent culturel; Loterie Romande; Ministerio de Cultura-INAEM; Mécènes du sud, Marseille; Le Nouveau théâtre de Montreuil – centre dramatique national; CORODIS

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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