Tramite un confronto tra danza norvegese e danza finlandese, una cronaca di Teatro a Corte 2014
Anche in questo luglio abbiamo fatto un salto all’apertura di Teatro a Corte 2014, che gira la boa della quindicesima edizione. La direzione di Beppe Navello conferma l’intenzione di fare delle dimore sabaude un’incubatrice di realtà internazionali, tenendo costante il focus sulle arti del corpo, tra danza, teatro visuale e nouveau cirque. In una Torino oppressa da una cappa di calore abbiamo seguito, per quanto possibile, la performance inaugurale, Torino-Lyon A/R, coproduzione tra la Fondazione Teatro Piemonte Europa e il Théâtre des Célestins di Lione pensata da Emiliano Bronzino. Il progetto originario di una sorta di happening alla Stazione Porta Susa, che avrebbe intrecciato l’annoso tema del progetto di ferrovia ad alta velocità tra le due città con un collage di brani letterari e musicali incaricati di riportare un po’ di poesia nel concetto di viaggio, è stato tuttavia messo a rischio proprio dalle probabili incursioni dei manifestanti NO TAV. Per non annullare l’appuntamento, il tutto si è però trasformato in una vera e propria corvée per gli spettatori, stipati nella prima parte in un vagone della metro che all’ora di punta ha raggiunto il Teatro Astra: qui, tra sale prove e foyer, si svolgevano i capitoli della performance. Il risultato molto confuso e purtroppo poco facile da seguire è comprensibile, apprezzabile il tentativo di resistenza a oltranza, che tuttavia non ha potuto negare ospitalità a un ostinato libero cittadino con bandiera del movimento e discorso pronto in doppia lingua.
Ma spazio ai corpi, innanzitutto, e all’affascinante atmosfera di questo festival, che lascia sempre aperta una finestra internazionale, stavolta sulla Scandinavia. Dal fitto programma nordico seguito nelle prime tre serate, si possono facilmente estrapolare due esempi molto diversi di danza, quella del gruppo norvegese Zero Visibility Corp. diretto dalla coreografa Ina Christel Johannessen e il solo del finlandese Ima Iduozee. La collaborazione con il compositore Marcus Fjellström dà forma, nel primo lavoro Again, a un’esplosione dinamica che, grazie a un ensemble molto preparato, mette in movimento il ragionamento sugli opposti e sul reiterarsi dei cicli vitali. A farla da padrone come un “quinto elemento” è un’alta e lunga parete di cartone a nido d’ape in grado di chiudersi a fisarmonica assumendo nuove forme. Avvolti in monacali mise nere a metà tra divise da tai-chi e frac da orchestra i corpi s’incrociano vorticosamente, s’inseguono e si respingono al seducente fruscio dello sfondo che striscia come un serpente in figure sempre più sinuose. Ben dosato è l’equilibrio tra danza a terra e salti e i danzatori dimostrano grande destrezza soprattutto nei pattern di break dance, attirando l’attenzione quando interagiscono direttamente con il muro animato. Questo effetto ha però vita breve e si perde in una durata eccessiva, dove le idee si esauriscono nel virtuosismo; far entrare uno scheletro di pianoforte a coda, prenderlo a bastonate e usarne le corde come tappeti elastici non è sufficiente a conservare intatto l’agio dello sguardo e il tema di fondo ciclicità/opposti/ripetizione, “ripetuto” appunto fin dal titolo, si fa messaggio didascalico.
Molto più semplice e pulita appare la prova di Ima Iduozee This Is the Title, che usa lo spazio bianco come luogo di liberazione delle energie. Il suo corpo vigoroso e scuro, inguantato in grigi abiti aderenti, striscia flessuoso verso la pedana illuminata a neon e sfrutta la luce spettrale per creare forme di elegante astrazione. Sottili sensazioni di straniamento regala questa danza urbana racchiusa in un “white cube”, nella commistione tra accenni di break dance e una primordiale appropriazione dello spazio attraverso capriole a terra e puro stretching, le braccia eccezionalmente lunghe disegnano come arabeschi di incantesimo nella nebbia del buio/luce. Sfiorando addirittura in qualche posa la citazione de L’apre-midi d’un faune di Nijinskij e poi di Nureev, l’eccellenza tecnica e una certa semplicità orientale mettono bene a fuoco un tema come la ricerca di se stessi, tutto sommato astratto e così a rischio di scadere in una retorica del gesto. Ossimoro che spesso ci si trova ad accettare, forse qui sta la differenza in grado di accomunare queste due danze così diverse: il gusto nordico si fa sentire in entrambe, la tecnica e l’esecuzione sono però più levigate nel solo di Iduozee – che certo compie un lavoro meno rischioso – mentre la sarabanda di Zero Visibility Corp. si affida troppo alla sensazione visiva, dimenticando un ordine organico e sbandando su tempi e modi.
Intanto Teatro a Corte entra nel suo ultimo weekend, che vedrà il gruppo catalano Agrupación Señor Serrano con Katastrophe, racconto dell’evoluzione umana con la raccolta sul palco di «centinaia di orsetti di gelatina a rappresentare l’umanità e cartoni del latte a simulare i grattacieli delle metropoli»; sensoriale e metafisico, l’ensemble francese Kristoff K. Roll crea A l’ombre des ondes, tra sogni ascoltati in cuffia e materializzati in una colonna sonora live. Il ritorno della Norvegia di Jo Strømgren Kompani mette in campo una partita di calcio danzata e animata in A Dance Tribute to the Art of the Football; ad accompagnare gli spettatori al gran finale saranno poi due gruppi francesi: Les Apostrophés, con il teatro di strada itinerante Passage Désemboîté e Systeme Castafiore con Stand Alone Zone, ultra tecnologico omaggio alla fantascienza in 4D. Non mancano dunque buoni motivi per tornare a Torino. Con o senza Alta Velocità.
Sergio Lo Gatto
Twitter @silencio1982
VIAGGIARE. TORINO-LYON A/R
parole e musiche tratte da Butor, Verne, Conte, Piaf, Battiato, Goldoni, Testa, Mogol, Curallo
con Cecile Auxire-Marmouget, Maria Alberta Navello
musiche dal vivo di Matteo Curallo
regia Emiliano Bronzino
produzione Fondazione Teatro Piemonte Europa
AGAIN
coreografia Ina Christel Johannessen
composizione musicale Marcus Fjellström
danzatori Line Tørmoen, Pia Elton Hammer, Camilla Spidsøe Cohen, Kristina Søetorp, Sudesh Adhana, Mate Meszaros, Antero Hein
performer, suoni e rumori Tommy Jansen
musiche eseguite dalla Norrlands Operan Symphony Orchestra
light design Kyrre Heldal Karlsen
set design e costumi Kristin Torp
suono Morten Pettersen
foto Yaniv Cohen, Carl Thorborg
produzione Zero Visibility Corp. e Norrlandsoperan
co-produzione Carte Blanche, Bærum Kulturhus
spettacolo presentato con il sostegno di STIKK Ministry of Foreign Affairs
Zero Visibility Corp. è sostenuta da Arts Council Norway
THIS IS THE TITLE
danza e coreografia Ima Iduozee
light design Jani-Matti Salo
sound design Kasperi Laine
consulenza artistica Kaisa Torkkel
produzione URB Festival, Kiasma Theatre, Arts Comission of South-Finland