Teatro India 2014 – 2015: gli spettacoli in stagione nel secondo spazio del Teatro di Roma
7 – 19 ottobre.14
DIARIO DEL TEMPO 1: L’EPOPEA DEL QUOTIDIANO
scritto e diretto da Lucia Calamaro
con Federica Santoro, Roberto Rustioni, Lucia Calamaro
DISEGNO LUCI Gianni Staropoli
REALIZZAZIONE SCENICA Barbara Bessi
ASSISTENTE ALLA REGIA Elisa Di Francesco
DIRETTORE TECNICO Andrea Berselli
Primo movimento di un trittico che sceglie come protagonista una quarantenne disoccupata, Federica, e i suoi interlocutori precari, a immagine di una generazione sospesa, perennemente in difficoltà socio-esistenziali, istituzionalmente inesistente. Federica, e con lei Roberto e Lucia, incarnano in parte quella generazione impantanata, immobilizzata, tenuta a bada, spaesata, sottovalutata, insomma: tradizionalmente disoccupata. Generazione che andrebbe saltata ma esiste. Vivacchia, resiste e malgrado il contesto la neghi, campa arrovellata e solitaria, in attesa di se stessa, di un suo rivelarsi di cui non si conosce la scadenza. Di poter succedere. Di accadere.
Quando si è disoccupati il flusso del tempo rallenta e scorre in altrove più intimi, obbligatoriamente più solitari. Nella solitudine di un continuum esistenziale dove poco o niente accade, occupare il tempo è una difficoltà, uno scopo in sé. Sentirsi esistere non è scontato: in assenza di contesto, l’Io fatica a definirsi e a riconoscersi. Il senso di essere umani cambia, viene schiacciato e compresso, ma nello stesso tempo acquista un nuovo volto, mostrando a tutto il mondo là fuori-la propria testarda intelligenza.
23 ottobre – 2 novembre.14
VIVA L’ITALIA
Le morti di Fausto e Iaio
di Roberto Scarpetti regia César Brie
con Andrea Bettaglio, Massimiliano Donato, Federico Manfredi, Alice Redini, Umberto Terruso
LUCI Nando Frigerio
Un testo inedito, un nuovo autore e un teatrante di lungo corso come César Brie, ci raccontano un fatto di cronaca del passato, uno degli episodi più oscuri ed emblematici della storia del nostro paese: le morti di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due diciottenni milanesi frequentatori del centro sociale Leoncavallo, uccisi a colpi di pistola la sera del 18 marzo 1978, due giorni dopo il rapimento di Aldo Moro da parte delle BR. Una drammaturgia storica, pensata in forma di cinque monologhi intrecciati tra loro a ricostruire un quadro d’insieme per rivivere il passato affinché la memoria di quegli anni così complessi sia presente alle nuove generazioni, e diventi testimonianza della storia che ci ha preceduto. A condurre gli spettatori nei segreti e nei retroscena della storia saranno i personaggi stessi che si nutrono delle emozioni, dei sentimenti e della disperazione, che il testo di Roberto Scarpetti ricostruisce intrecciando vita privata e storia pubblica del nostro Paese. A portarlo in scena la regia affidata a César Brie che incrocia e racconta i mesi cupi del terrorismo, dei molti misteri mai risolti, dalla morte di Aldo Moro fino alla grande strage nera della stazione di Bologna. La prigionia del leader della DC non è solo il contesto storico in cui è avvenuto il duplice omicidio di Fausto e Iaio: le indagini sulle Brigate Rosse si collegano alla morte dei due ragazzi del Leoncavallo. Fausto abitava in via Montenevoso 9, esattamente di fronte al civico 8, dove c’era un covo dei brigatisti, mentre all’ultimo piano del suo palazzo era ubicato un punto di osservazione dei servizi segreti. Una tragedia civile raccontata sul palcoscenico attraverso le passioni personali e politiche di cinque protagonisti che si muovono sul filo della vita e della morte.
30 ottobre – 2 novembre .14
PINOCCHIO [INTERVISTA]
liberamente ispirato a “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” di Carlo Collodi
REGIA Luana Gramegna
CON Alice De Marchi, Gianluca Gabriele, Enrica Zampetti
storia di un burattino e della fata che gli cambiò la vita
Ci troviamo in un Teatro di Marionette dismesso a raccontare una storia che vede come protagonista un burattino, creato per calcare le scene. Qui anziché essere i pupazzi a rappresentare gli esseri viventi sono invece gli esseri umani, gli attori, a rappresentare dei burattini. Nello spettacolo non compare nessun personaggio umano, nemmeno Mastro Geppetto o Mangiafuoco. Ad accompagnarci è la figura enigmatica della Fata-bambola turchina, che si anima per raccontare la nascita di Pinocchio.
ZACHES TEATRO IN CO-PRODUZIONE CON FONDAZIONE SIPARIO TOSCANA ONLUS
4 – 16 novembre.14
TRILOGIA DELL’INVISIBILE
un progetto di Deflorian/Tagliarini
REWIND [RECENSIONE]
omaggio a Cafè Müller di Pina Bausch
UNO SPETTACOLO DI E CON Daria Deflorian E Antonio Tagliarini
RZECZY/COSE REALITY 2012 [ARTICOLI]
IDEAZIONE E PERFORMANCE Daria Deflorian E Antonio Tagliarini
A PARTIRE DAL REPORTAGE DI Mariusz Szczygieł Reality
CE NE ANDIAMO PER NON DARVI ALTRE PREOCCUPAZIONI [RECENSIONE]
ISPIRATO A UN’IMMAGINE DEL ROMANZO DI Petros Markaris L’esattore
UN PROGETTO DI Daria Deflorian E Antonio Tagliarini
CON Daria Deflorian, Monica Piseddu, Antonio Tagliarini E Valentino Villa
COLLABORAZIONE AL PROGETTO Monica Piseddu E Valentino Villa
Trilogia dell’invisibile è un progetto che intreccia pensiero e produzione artistica cercando di rendere visibili al pubblico quei fili che hanno composto il percorso creativo e che anche a produzione conclusa restano necessari per tener vivo un lavoro. Visibile e invisibile sono quindi i due poli di una questione cruciale: da una parte è fondamentale, sulla scena, non dire tutto, ma nascondere le cause dentro gli effetti, dall’altra il dialogo e il confronto sono indispensabili alla natura di incontro dell’evento teatrale.
In Rewind omaggio a Cafè Müller di Pina Bausch (2008) l’immagine centrale, quella dello spettacolo della coreografa tedesca, era negata e sostituita da un dialogo, con tutte le digressioni possibili, attorno ad essa. Questa sostituzione – per non dire questa negazione – è diventata il leitmotiv dei lavori successivi dove ciò che si vede è un continuo contrappunto a ciò che non si vede: il segreto della vita di Janina Turek da lei stessa trasformata in una cerimonia invisibile in Rzeczy/Cose (2011) e Reality (2012) e l’impossibile evocazione della morte delle quattro pensionate greche in Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni (2013). C’è un’immagine essenziale che il teatro è sempre sul punto di afferrare, ma che continuamente si sottrae ad esso. Forse per questo Peter Brook ha detto che il teatro è uno dei pochi luoghi al mondo in cui l’idealismo ha ancora un senso.
Insieme agli spettacoli ci saranno un laboratorio, un evento pensato con la comunità greca residente a Roma, la presentazione del libro curato da Graziano Graziani per la casa editrice Titivillus con i testi dei lavori. E ancora, Lorenzo Pavolini e Gianfranco Capitta che favoriranno il dialogo con ospiti come lo scrittore greco Petros Markaris e il danzatore e coreografo della compagnia di Pina Bausch Jean Laurent Sasportes. Artisti di diverse discipline discuteranno infine con lo scrittore Mauro Covacich della falsa dicotomia tra parlare di sé e parlare del mondo che ci circonda.
7 – 9 novembre .14
UNO
uno spettacolo di Fabrizio Pallara e Dario Garofalo
regia, scene e luci Fabrizio Pallara
con Dario Garofalo
TEATRO DELLE APPARIZIONI
La scena è una discarica e Uno è in cerca di cibo ma non trova niente da mangiare, attorno a sé solo brutti oggetti non commestibili, apparentemente inutilizzabili, nulla che lo soddisfi. Lentamente la natura meravigliosa di quegli oggetti si svela davanti ai suoi occhi e così comincia un gioco, un canto di gioia, un canto della bellezza che viene dalla bruttezza, un inno alla capacità di sognare. Un viaggio di crescita, una ricerca di equilibrio tra i sogni e la realtà, i desideri e le necessità, per scoprire la meraviglia insita nelle cose.
11 – 16 novembre . 14
LA PRIMAVERA DI JEANNE D’ARC
di Flavia Gallo
regia Fiona Sansone
con Laura Nardi E Giulia Viana
COMPAGNIA GALLO SANSONE
Jeanne d’Arc insegue la ricerca di una propria identità, proprio come fanno i ragazzi di oggi, e cerca di essere fedele a se stessa, impegnata a liberare la propria terra da guerre fratricide. Attraverso la sua storia i piccoli spettatori saranno accompagnati lungo le tappe di una parabola misteriosa: quella della vita di una giovanissima che non si riconosce nella schiera dei vinti e compie tutti i passi della sua esistenza in accordo con il mandato che la ispira.
21 novembre – 15 dicembre . 14
ALICE
regia Fabrizio Pallara
drammaturgia Simona Gambaro
CON Danila Barone, Dario Garofalo, Valerio Malorni, Raffaella Tagliabue
Se Alice non fosse stata disposta a credere, non sarebbe neppure partita. Se non fosse stata disposta ad “attraversare”, non ci sarebbe la sua storia. È necessario credere non solo ai propri occhi. Seguendo il testo di Carroll, come guidati da una bussola senza ago, il gioco teatrale e meta-teatrale mostra il suo vero e la sua illusione, si fa specchio dentro specchio. E Alice-spettatrice non può sottrarsi al suo compito: essere creatrice del proprio viaggio.
TEATRO DELLE APPARIZIONI – TEATRO DEL PICCIONE/TEATRO DI ROMA
23 – 24 novembre.14
IN VIAGGIO VERSO UN NUOVO MONDO
di Teresa Pomodoro regia Charlie Owens con Leo Gullotta
La commedia In viaggio verso un nuovo mondo è l’ulteriore omaggio che lo spazio NO’HMA dedica alla sua fondatrice, Teresa Pomodoro, autrice del testo. Sul palcoscenico per la regia di Charlie Owens, sarà Leo Gullotta a condurci verso un altro pianeta, essendo il nostro piombato in un continuo incessante degrado ad opera proprio dei sui abitanti. coglieremo però nel testo la speranza e l’invito a recuperare un rapporto nuovo con la natura e con coloro che ci circondano. Musiche dal vivo OriQuartet.
Lo Spazio Teatro NO’HMA Teresa Pomodoro ha avuto origine venti anni fa dalla felice intuizione della sua fondatrice, Teresa Pomodoro, e nel corso di questi anni NO’HMA è diventato un punto di riferimento per i caratteri di multidisciplinarità, varietà di linguaggi e per la grande capacità di coinvolgimento e di immersione etica nel sociale e nell’attualità. È un luogo di mutevole, grande invenzione artistica, aperto alla cultura dell’umano, solidale ed etico, che fa dono di ingressi liberi e gratuiti per ogni evento, nella convinzione di svolgere un’azione sociale nel nome della cultura per condividere la speranza di un futuro migliore.
NO’HMA si trasferirà per due giorni, il 23 pomeriggio e 24 sera del mese di novembre 2014, a Roma al Teatro India offrendo gratuitamente al suo pubblico uno spettacolo straordinario.
25 – 30 novembre.14
MORO: I 55 GIORNI CHE CAMBIARONO L’ITALIA [RECENSIONE]
scritto da Ferdinando Imposimato e Ulderico Pesce
diretto e interpretato da Ulderico Pesce
“Non l’hanno ucciso le Brigate Rosse, Moro e i ragazzi della scorta furono uccisi dallo Stato.” Questa frase è il fulcro dell’azione scenica ed è documentata dalle indagini del giudice Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, che nello spettacolo compare in video interagendo con il protagonista e rivelando verità terribili che sono rimaste nascoste per quarant’anni. Il titolo dello spettacolo è “moro” con la “m” minuscola a voler sottolineare che nel cognome del grande statista c’è la radice del verbo “morire”. Come se la “morte” di Aldo Moro fosse stata “scritta”, fosse cioè necessaria per bloccare il dialogo con i socialcomunisti assecondando i desideri dei conservatori statunitensi e dei grandi petrolieri americani in Italia rappresentati da Giulio Andreotti e Francesco Cossiga che, dopo la morte di Moro, ebbero una folgorante carriera e condannarono l’Italia alla “sudditanza” agli USA. Moro sente che uomini di primo piano del suo stesso partito “assecondano” la sua morte trincerati dietro “la ragion di Stato” e lo scrive in una delle ultime lettere che fanno da leit motive dello spettacolo: “Il mio sangue ricadrà su di voi, sul partito, sul Paese. Chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato, né uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno voluto veramente bene e sono degni di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore”. Il racconto scenico parte dai fatti del 16 marzo 1978 quando fu rapito Aldo Moro e furono uccisi gli uomini della scorta: Raffaele Iozzino, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Oreste Leonardi. Raffaele Iozzino, unico membro della scorta che prima di morire riuscì a sparare due colpi di pistola contro i terroristi, era di Casola di Napoli e proveniva da una famiglia di contadini. Raffaele, alla Cresima, aveva avuto in regalo dal fratello Ciro un orologio con il cinturino in metallo. Ciro, quella mattina del 16 marzo era a casa e casualmente, grazie al vecchio televisore Mivar, vide l’immagine di un lenzuolo bianco che copriva un corpo morto. Spuntava da sotto al lenzuolo soltanto il braccio con l’orologio della Cresima. Questa è l’immagine emblematica che ricorre più volte nelle video proiezioni, questa immagine è la radice prima del dolore di Ciro, protagonista dello spettacolo. Questo dolore diventa rabbia, e questa rabbia lo spinge a rintracciare il giudice Imposimato titolare del processo al quale chiede di sapere la verità. Sarà il rapporto tra Ciro e il giudice, strutturato su questo forte desiderio di verità, a rendere chiaro al pubblico che la morte di Moro e dei giovani membri della scorta furono è “assecondata” dai più alti esponenti dello Stato italiano con la collaborazione dei Servizi segreti americani.
4 – 7 dicembre.14
LINEE DI CONFINE
un progetto intorno al Lear di Edward Bond
di lacasadargilla / Lisa Ferlazzo Natoli, Alice Palazzi, Maddalena Parise / Alessandro Ferroni,Simona Patti
ADATTAMENTO E REGIA Lisa Ferlazzo Natoli
TRADUZIONE Tommaso Spinelli
Linee di confine è un progetto composito che a partire dal Lear di Edward Bond – come un cantiere aperto – si apre alla radio, all’editoria, alle arti visive e a letture pubbliche e seminari, costruendo così un dialogo tra queste e il teatro in senso stretto. Dispositivi ed esperimenti ‘non teatrali’ per ragionare e operare intorno a quei nodi, questioni e narrazioni prossime al mondo contemporaneo e tanto care ad Edward Bond: il principio di potere, violenza e controllo che disegna la natura di ogni relazione, l’oscena equivalenza tra pubblico e privato, e la paura diffusa che da queste equivalenze deriva; il sistema di sorveglianza che caratterizza i nostri spazi, tutti i muri e le frontiere, tangibili o meno, che si sono costruiti e si vanno edificando nel mondo. Intorno allo spettacolo prendono così forma – come dilatazioni spaziali e temporali – un radiodramma inedito di Bond, un ciclo di Studi in forma di lettura pubblica dell’adattamento del Lear, la pubblicazione del testo con minimum fax e una mostra del fotografo tedesco Kai Wiedenhöfer. Workshop e incontri pubblici con lo stesso Bond, Wiedenhöfer, la filosofa Wendy Brown e la redazione di Internazionale, seminari di scrittura nelle scuole e lezioni minime nelle biblioteche e nelle università. Una riflessone estesa nel tempo, diversificata nelle forme, e realizzata in spazi diversi, come una lenta preparazione allo spettacolo Lear di Edward Bond – che debutterà nell’autunno 2015 – per gettare lo spettatore nel centro di una narrazione multipla che lo implichi, lo disorienti e lo riguardi profondamente a un tempo. Il progetto ha il suo inizio ufficiale nel novembre 2014 con il radiodramma The Testament of This Day e si concluderà nel 2015 con la mostra Wall on Wall di Kai Wiedenhöfer, disegnandosi così nell’arco di tutto un anno.
5 – 6 dicembre . 14
L’UOMO NEL DILUVIO [RECENSIONE]
uno spettacolo di Simone Amendola e Valerio Malorni
con Valerio Malorni
Lo spettacolo si confronta con lo spettatore su un’urgenza.
Generazionale, sociale, di un presente allargato. Della società e del paese in cui ci hanno costretto a vivere.
In un momento in cui la parola emigrazione è così tragica e reale, tra la forma monologo e altri codici (video, relazione con il pubblico) assistiamo in soggettiva all’odissea del protagonista. Un’impresa umana, realizzata con risposte straordinarie a domande ordinarie.
Con una struttura originale, percorrendo la linea sottile che separa la verità della persona e quella del personaggio, lo spettacolo inscena una storia individuale che diventa collettiva, per una necessità condivisa di speranze, di possibilità da realizzare.
Il progetto nasce dall’incontro con un’immagine in un libro per bambini.
Vi è raffigurata la moglie del patriarca di fronte alla porta di casa, nell’atto di mangiarsi le unghie. Il marito, impegnato nella costruzione dell’arca, le ha chiesto di scegliere ciò che intende salvare dal diluvio, ma lei, di fronte all’uscio di casa, non entra, indugia.
Da quell’incertezza hanno preso forma i primi venti minuti dello spettacolo.
Poi è accaduto qualcosa…
10 – 14 dicembre .14
L’ORCO SCONFITTO ovvero il sapere del più piccolo
liberamente ispirato a Pollicino di Charles Perrault
testo Letizia Quintavalla e Valentin Rossier
regia e scene Letizia Quintavalla
CON Teodoro Bonci Del Bene
TEATRO DELLE BRICIOLE
Liberamente ispirato alla favola Pollicino di C. Perrault, è la storia di un padre così povero e disperato da perdere la testa tanto da abbandonare i suoi bambini nella foresta. Ai bambini in scena viene chiesto di essere coraggiosi, di entrare nel gioco teatrale senza sapere nulla di ciò che succederà. Per pochi minuti o per un’ora riceveranno suggestioni e informazioni pensate e scelte per far lavorare il loro intuito.
10 – 14 dicembre .14
CON LA BAMBOLA IN TASCA
Ispirato alla favola “Vassilissa la bella” di Afanasiev
testo Bruno Stori
regia Letizia Quintavalla
CON Flavia Armenzoni/Laura Magni
Vassilissa è la storia del passaggio di madre in figlia del potere femminile dell`intuito, simbolizzato dalla bambola che la bambina tiene sempre dentro la tasca, cioè la capacità di vedere dentro, di comprendere che spesso le cose non sono come appaiono. Il fine è una relazione affettuosa e sincera con la vecchia dea selvaggia, la Baba Jaga, alla quale Vassilissa chiede il fuoco. La ricerca del fuoco costringe la bambina a lasciare la casa e entrare, rabbrividendo, in una vita nuova.
TEATRO DELLE BRICIOLE
16 – 21 dicembre . 14
ROMEO E GIULIETTA
ovvero la perdita dei Padri
prove di drammaturgia dello sport con gli adolescenti
drammaturgia Francesca Macrì e Andrea Trapani
regia Francesca Macrì
CON LA COLLABORAZIONE DI Luca Tilli al violoncello
Il dialogo fra due mondi, il calcio e il teatro, nell’incontro con il testo shakespeariano Romeo e Giulietta, tradotto e messo in scena come una partita di calcio. Il corpo dell’attore, concepito come quello di un giocatore, verrà esplorato con i ragazzi in tutte le sue potenzialità. Dedicato agli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori di Roma, il progetto si propone di riflettere sul mondo adolescenziale, sulla relazione tra Padri e Figli, e sul differente approccio al linguaggio teatrale.
PROGETTO A CURA DI FRANCESCA MACRÌ E ANDREA TRAPANI | BIANCOFANGO E DEL TEATRO DI ROMA
26 – 30 dicembre .14
UN CANTO DI NATALE racconto in musica
Ca’ Luogo D’arte – Theatre Jeune Public Centre Dramatique National D’alsace De Strasbourg
testo Marina Allegri
regia Maurizio Bercini
CON Giulio Canestrelli/Alberto Branca, Pier Giorgio Gallicani, Francesca Grisenti
CA’ LUOGO D’ARTE
Non fa sconti Dickens nel Canto di Natale, il cattivo è decisamente cattivo, il povero povero, il freddo taglia e uccide. Ma se si considera con sguardo attento il vero centro della storia: un bambino malato che morirà se le ombre del futuro non muteranno, si capisce che qualcosa può accadere, che il cambiamento non è impossibile ed è nelle nostre mani, nelle mani degli adulti che decidono, scelgono, prendono posizioni. E gli adulti possono e devono cercare di mutare le ombre di questa storia per darle un lieto fine.
12 – 25 gennaio.15
CHIUDI GLI OCCHI
di Patrizia Zappa Mulas regia Giorgio Marini
SCENE E COSTUMI Francesco Zito DISEGNO LUCI Gigi Saccomandi INTERPRETI IN VIA DI DEFINIZIONE
La vittima è una ragazza bella come il sole che si sta laureando a pieni voti in ingegneria elettronica all’Università di Teheran. L’aggressore è una matricola del corso, un ragazzo di campagna mezzo idiota che s’innamora di lei e la chiede in moglie. Lei lo rifiuta, lui le lancia una bottiglia di acido solforico sul viso – la sfigura e la acceca. È il 3 novembre 2004. Lei si chiama Ameneh Baharami, lui Majid Mohavedi. La loro storia ha fatto il giro del mondo. Invece di sparire come le altre vittime dell’acido, Ameneh si appella alla Shari’a e ottiene, alla fine di un lungo processo, il diritto di versare negli occhi di Majid quaranta gocce di acido solforico: è la legge del taglione, occhio per occhio, alla lettera in questo caso. Una norma arcaica che acquista un significato dirompente in un regime che chiude un occhio sulla pratica tribale dell’acidificazione che è tornata in uso dopo la Rivoluzione Islamica. E soprattutto in una giurisdizione nella quale una donna vale la metà di un uomo: grazie ad Ameneh il valore del corpo femminile è sancito da Dio, e il lancio dell’acido diventa un reato a tutti gli effetti. L’opinione pubblica occidentale esulta, fino al momento in cui Ameneh annuncia la sua decisione di non perdonare Majid – solo la parte lesa ha diritto di graziare un condannato – e di eseguire la sentenza. E qui la coscienza occidentale va in crisi. Ameneh vuole giustizia o vendetta? Chiudi gli occhi ricostruisce questo antefatto emblematico attraverso gli occhi di quell’Europa civile e generosa che si misura con la propria coscienza e con l’incubo della violenza tra i sessi. A Barcellona, dove Ameneh si è trasferita per curarsi, i tre responsabili dell’Associazione contro le pene corporali che l’hanno finora sostenuta, si trovano all’improvviso uno contro l’altro. È 14 maggio 2011, il giorno in cui Ameneh è stata convocata a Teheran per eseguire la sentenza. L’ombra (dubbia e reversibile) della vittima e del carnefice si allunga su di loro e fa esplodere contrasti a lungo covati. Amore, amicizia e valori comuni si rivelano pervasi di violenza, di competizione e di razzismo in un gioco di rispecchiamento del politico nel privato (e viceversa) che oscilla tra Strindberg e Hitchcock.
Il testo ha ricevuto la menzione speciale al Premio Riccione 2013.
27 – 29 gennaio.15
PRIMO
da Se questo è un uomo di Primo Levi
regia Giovanni Calò
CON Jacob Olesen
in occasione della Giornata della memoria
A volte si sopravvive per poter raccontare e Primo Levi è sopravvissuto per raccontare. Per dare voce alla sua testimonianza, perché non si può dimenticare. La sua testimonianza viene rappresentata con stupore razionale, semplicità e, per quanto possibile, con leggerezza. Per questo motivo c’è molta attenzione, oltre che alle atrocità, anche verso momenti ed episodi di vita quotidiana, di distensione, di sogno. Cercando di conservare la carica umana dei personaggi, anche se annientati dalla violenza e consumati dal conflitto permanente al quale cercavano di sopravvivere.
COMPAGNIA DONATI OLESEN
27 – 29 gennaio.15
GEMELLA H
di Giorgio Falco
regia Giorgio Falco e Sabrina Ragucci con Carla Chiarelli
Dopo il successo di critica e di pubblico, il romanzo La gemella H (Einaudi), di Giorgio Falco, diventa l’interpretazione di Carla Chiarelli. La gemella H attraversa più di ottant’anni della storia italiana ed europea e narra le tre generazioni della famiglia Hinner, che dalla Germania di Hitler arrivano fino all’Italia contemporanea. «Le gemelle H nella loro verità narrativa siamo noi, noi italiani nascosti e rivelati sotto lo sguardo di una bambina e donna tedesca» (Roberto Saviano).
La voce narrante prevalente è quella di Hilde Hinner, nata nel 1933, figlia di Hans e Maria; Hans è il direttore del giornale locale Mutter, diffuso a Bockburg, immaginaria cittadina bavarese. La famiglia si trasferirà in Italia durante la guerra, prima a Merano e poi, nell’immediato Dopoguerra, a Milano, dove Hilde lavorerà per un breve periodo alla Rinascente.
Infine gli Hinner apriranno un albergo a Milano Marittima, l’Hotel Sand, un monumento alla rimozione, e lì italiani e tedeschi si ritroveranno, condividendo il rito del disimpegno estivo, dell’oblio di massa fin dagli anni antecedenti quelli del boom economico. «Hilde e Helga (…) si spartiscono il tessuto della narrazione (…) l’eredità della colpa.»(Andrea Cortellessa).
Chi è La gemella H? Hilde o Helga? Due gemelle, due memorie: ma forse sarebbe meglio chiedersi: che cos’è La gemella H? È la vertigine, la scissione di due esseri nati a centottanta secondi di distanza, che attraversano i totalitarismi novecenteschi, il mondo dei consumi già così presente negli anni Trenta, e «quell’ orrore a bassa intensità» (Emanuele Trevi) che ancora oggi costituisce l’essenza di molti rapporti familiari e lavorativi.
3 – 8 febbraio.15
HAMLET TRAVESTIE [RECENSIONE]
di Emanuele Valenti e Gianni Vastarella dramaturg Marina Dammacco
regia e spazio scenico Emanuele Valenti Punta Corsara
DISEGNO LUCI Giuseppe Di Lorenzo
COLLABORAZIONE ARTISTICA Mirko Calemme
AIUTO REGIA Gianni Vastarella CON Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Carmine Paternoster, Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Gianni Vastarella
A partire dalla suggestione di Hamlet Travestie, riscrittura burlesque settecentesca di John Poole in cui la parodia ribadisce l’autorità dell’Originale, passando per Don Fausto di Antonio Petito, lì dove invece l’Opera diventa vicenda matrice di altre vicende, immaginiamo una famiglia napoletana a noi contemporanea, i Barilotto, in un quadro di sopravvivenza quotidiana: il lavoro, la casa, i debiti, i figli. Ognuno vincolato al legame con l’altro, in una stasi violenta in nome dell’unità. Dissociato, se ne sta Amleto, il figlio senza padre, ad alimentare un conflitto di dubbi e paure. Intorno a lui, la vicenda shakespeariana diventa il canovaccio di un’improbabile tragedia redentiva, una fallimentare distribuzione di ruoli e di pesi, in una famiglia fuori di sesto. Hamlet Travestie, nato nell’ambito del progetto Tfaddal promosso dal Teatro Franco Parenti per i 40 anni dall’Ambleto di Testori è l’ultimo lavoro della compagnia corsara, dopo Il signor di Pourceaugnac farsa minore da Molière, PetitoBlok (presentati anche assieme nella forma del MolièrePetitoBlok), Il Convegno e La solitudine delle ombre. Punta Corsara è vincitrice del Premio IN-BOX 2013 per Il Convegno, del Premio Ubu Nuovo Attore Under 30 2012, del Premio Ubu Speciale e Premio Hystrio Altre Muse 2010.
10 – 15 febbraio.15
POLVERE
dialogo tra uomo e donna
di e con Saverio La Ruina
Dopo Dissonorata e la Borto nei quali si raccontano le donne, Polvere sposta l’attenzione sull’uomo, essendo la violenza sulle donne soprattutto un problema degli uomini.
Le botte, gli stupri sono la parte più fisica del fenomeno; l’uccisione della donna la parte conclusiva. Ma c’è un prima, immateriale, impalpabile, polvere evanescente che si solleva piano intorno alla donna, la circonda, la avvolge, ne mina le certezze, ne annienta la forza, il coraggio, spegne il sorriso e la capacità di sognare. Una polvere opaca che confonde, fatta di parole che umiliano e feriscono, di piccoli sgarbi, di riconoscimenti mancati, di affetto sbrigativo, talvolta brusco.
“Io lo amo, lui mi ama, perché mi dice questo, perché mi guarda con sufficienza, talvolta con disprezzo?” Si inizia a giustificare. “Certo, lui è stanco; naturale, le cose al lavoro non gli vanno tanto bene; è vero, i bambini fanno una gran confusione, lui si è incupito, poi innervosito; devo stare più attenta, dobbiamo avere pazienza con papà; lo dice pure mia madre, gli uomini, si sa, pure tuo padre, cosa credi, devi essere carina con lui, e poi è normale litigare un po’, una donna lo sa come fare la pace.” Si inizia a nascondere, a sorridere coi vicini e coi parenti, a soffocare, a fingere, a rinunciare. È quella liturgia della resistenza che ogni donna vittima di violenza mette in atto.
11 – 15 febbraio.15
NON SONO STATO IO
di Tommaso Triolo e Matteo Visconti
supervisione drammaturgica Donatella Diamanti
regia Letizia Pardi
CON Francesca Pompeo
Francesco è un bambino tranquillo, Luca irrequieto. Luca e Francesco sono molto amici ed è per questo che il giorno in cui a scuola accade il “fattaccio”, e Luca viene accusato di esserne il responsabile, Francesco è pronto a tutto per difenderlo. Non sono stato io è il grido di Luca contro tutti quelli che lo accusano ed è anche il grido di tutti quei bambini che troppo spesso vengono etichettati come bambini cattivi e discriminati.
SIPARIO TOSCANA
17 – 22 febbraio.15
FURIA AVICOLA [RECENSIONE]
di Rafael Spregelburd traduzione Manuela Cherubini
regia Rafael Spregelburd e Manuela Cherubini
CON Rita Brütt, Fabrizio Lombardo, Laura Nardi, Deniz Özdogan, Amândio Pinheiro
VIDEO Igor Renzetti IMMAGINI Ale Sordi MUSICA ORIGINALE Zypce
Furia avicola è il nuovo progetto italiano del drammaturgo e regista argentino Rafael Spregelburd che ha preso corpo in collaborazione con Manuela Cherubini sua traduttrice e qui anche co-regista.
Il progetto nasce come proseguimento produttivo dell’esperienza dell’Ecole des Maîtres, il corso europeo di perfezionamento teatrale che il regista argentino è chiamato a dirigere a Udine, Coimbra, Roma, Liegi e Reims, durante l’estate 2012.
“Mentre nell’ambito dell’Ècole des Maîtres lavoravamo con un gruppo di attori provenienti da quattro paesi europei alla creazione di uno spettacolo intitolato La fine d’Europa – raccontano Rafael Spregelburd e Manuela Cherubini – la Babele delle nostre lingue c’istigava alla formulazione di domande sull’identità, l’appartenenza e sul concetto di fine. Lo spettacolo Furia avicola è una delle derive di questo percorso, e porta con sé, trasformandole e rinnovandole, quelle domande, per generarne di nuove, insieme ad alcune riflessioni”.
La drammaturgia dello spettacolo giustappone due atti unici sulla fine dell’arte e sull’assurdità della burocrazia passando per un intermezzo quasi burlesco sulla babele delle lingue e dei contesti di senso, per una potente riflessione sul senso e le conseguenze della crisi nel nostro tempo.
Nella stessa estate, la signora Cecilia Giménez restaurava da sola un Ecce Homo, affresco della cappella di Borja, paesino non lontano da Saragoza. All’anziana “restauratrice” non sarebbe mai passato per la testa che il suo lavoro avrebbe scatenato un polverone nel mondo dell’arte occidentale, dividendo critica e pubblico. Un piccolo scandalo che sembra aver spazio più nella rete che nella vita reale e che senza dubbio racchiude le domande fondamentali sulla fine di questa vecchia, moderna pratica che siamo soliti chiamare “arte”.
20 – 22 febbraio.15
BILAL
nessun viaggiatore è straniero
DAL LIBRO Bilal – Viaggiare, lavorare, morire da clandestini di Fabrizio Gatti
regia Annalisa Bianco con Leonardo Capuano
SCENE E COSTUMI Lino Fiorito
LUCI Cesare Accetta SUONO Daghi Rondanini ASSISTENTE ALLA REGIA Giovanni Merano
ASSISTENTE AI COSTUMI Francesca Apostolico
Il testo scelto come fonte principale di ispirazione è il libro del giornalista dell’Espresso Fabrizio Gatti Bilal (vincitore del Premio Terzani 2008), documentazione unica di una gravissima emergenza umanitaria che coinvolge quasi l’intero continente africano e tutti noi. Fabrizio Gatti è uno di noi, che mette la sua vita in pericolo, travestendosi da “straniero”, per ricordarci l’assurdità ontologica di qualsiasi separazione fra “noi” e “loro”.
Ma Bilal è anche il racconto delle storie di uomini e donne che Gatti ha incontrato nel suo viaggio dentro questo orrore che è l’emigrazione clandestina. Ed è la denuncia del mancato rispetto al diritto di perseguire ambizioni e progetti. È la denuncia della violenza, del sopruso, della violazione di ogni legge di diritto internazionale che riguardi la tutela dell’Uomo, e di ogni principio morale.
Il racconto di storie di uomini e queste donne in fuga dalla miseria, che con ogni mezzo cercano di difendere la loro dignità, i loro corpi torturati le loro intelligenze umiliate, le loro ambizioni negate. la negazione dell’aspirazione ad una vita dignitosa di milioni di persone, della loro richiesta a quell’altra parte di mondo che ha da sempre l’enorme presunzione di vivere dimenticandoseli, della sofferenza, il sacrificio di sé, l’immolarsi per questo principio ineludibile del quale noi non siamo apparentemente neppure tenuti a saper nulla, che non sappiamo più difendere.
23 febbraio – 1 marzo.15
TRITTICO JON FOSSE
SUZANNAH
di Thea Ginevra Dellavalle
CON Bruna Rossi, Irene Petris, Barbara Mazzi
LUCI Paolo Pollo Rodighiero SUONO Marco Olivieri CONSULENZA ALLA SCENA Maurizio
Agostinetto
Una donna anziana, segnata dagli acciacchi e dall’età, una donna matura, moglie e madre, una ragazza di appena diciannove anni. Tre donne che amano lo stesso uomo, che lo aspettano, per festeggiare un compleanno,
per una grande occasione. Sono in realtà una sola donna: Suzannah Thoresen, la moglie del celeberrimo drammaturgo norvegese Henrik Ibsen, la compagna di una vita. È attraverso le sue parole e il suo sguardo, colto in tre differenti prospettive, in tre differenti età, che si tratteggia il ritratto di quest’uomo famoso e schivo, pieno di contraddizioni. La compresenza di queste tre donne ci rende spettatori del lavoro del tempo, della costruzione di un carattere: un incessante deposito di gesti, di pensieri, di immagini e di momenti, piccoli e cruciali indelebili e già dimenticati. Al di là della vicenda strettamente biografica Jon Fosse crea con il suo testo, non ancora edito né rappresentato in Italia, una sintesi efficace e densa dell’esistenza, non solo del femminile. Il nostro sforzo continuo e testardo alla ricerca del senso sembra “riconciliarsi” solo nel mistero profondo che resta la relazione con l’altro.
IO SONO IL VENTO
DI Jon Fosse
REGIA, ADATTAMENTO E SCENE Alessandro Greco
CON Giulio Maria Corso E Eugenio Papalia
ASSISTENTE ALLA REGIA E DISEGNO LUCI Pietro Seghetti
musica e sound design Enrico Minaglia
Io sono il vento (Jon Fosse, 2007) è un dramma di grande fascino e di straordinaria modernità. Due uomini su una barca. Ma chissà se poi è vero. Forse tutto è un’illusione, una fantasticheria. L’uno e l’altro, i personaggi sulla scena, ci accompagnano attraverso lo scavo emotivo architettato da Fosse, come se loro stessi non conoscessero la loro condizione. Sta a noi decidere chi sono, quali sono i rapporti che li legano, quali sono e sono state le loro scelte, le loro intenzioni. E se fossero un padre e un figlio alla stessa età, protagonisti di un incontro impossibile ma vagheggiato da tanto tempo? Il dialogo interiore sulla vita e sulla morte – ma anche sulla libertà, la memoria e il controllo – di Io sono il vento parla alle identità di tutti, perché la ricerca di senso dietro le cose, dietro la forza delle cose, è la molla esistenziale, inevitabile, che ci fa scattare, che dà sostanza ai nostri pensieri e alle nostre vite.
Due uomini su una barca immaginaria. Uno si è ucciso. Forse.
INVERNO
DI Jon Fosse
CON Anna Paola Vellaccio E Flaminia Cuzzoli
TRADUZIONE, ADATTAMENTO E REGIA Vincenzo Manna
Una gelida alba d’inverno, un parco, una ragazza un po’ sbronza, forse drogata, seduta su una panchina e una donna in cappotto e tailleur, che passa veloce con la sua ventiquattrore. Fra di loro inizia ben presto un inquietante passo a due, scandito da una partitura di gesti minimi e frasi smozzicate, che sottolinea i momenti di un incontro impossibile, una sorta di immaginario match di boxe sentimentale, all’apparenza destinato a non rompere l’evidente incomunicabilità che separa la donna, una borghese per lavoro spesso lontano dal marito e dai due figli e la ragazza, una giovane prostituta senza futuro. Ma proprio l’incontro casuale è l’inizio di una tenera e dolorosa storia d’amore che si snoda fra il chiuso di anonime camere d’albergo, solitari giardini urbani, pub dove si cerca di vincere la solitudine. Sono queste cupe zone d’ombra metropolitane i luoghi dove la donna e la ragazza riescono a essere loro stesse, si curano l’un l’altra con il contatto profondo che può nascere solamente tra i corpi balbettanti e frenetici, carichi di desiderio di due estranee, tragiche figure femminili in fuga disperata da una vita alienante e in autentica.
3 – 8 marzo.15
VAPORE
di Marco Lodoli
regia Oliviero Corbetta
con Giuliana Lojodice e Alessandro Lussiana
SCENE Daniela Vassallo COSTUMI Francesca Arcangeli MUSICHE Giorgio Li Calzi ASSISTENTE DI SCENA Francesca Ravazzi
Maria Salviati ha settantadue anni, un figlio, e un marito sparito nel nulla da piú di trent’anni. «La professoressa», cosí ancora la salutano i ragazzi che la incontrano per strada. Oggi Maria è una donna anziana, sola, e ossessionata dalla paura di dimenticare e allora non le resta che ripetere la sua vita a voce alta con le parole che resistono, come
«una piccola poesia imparata a memoria », anche se ogni giorno se ne va una strofa, una rima.
Finché una mattina qualcuno bussa inaspettatamente alla sua porta. Gabriele è un agente immobiliare, con un sorriso timido e un ciuffo ribelle sulla fronte. Spunta dal nulla, per comunicarle che la vecchia casa in campagna ha trovato dei potenziali acquirenti. Senza pensarci troppo Maria prende la sua borsetta e lo segue, le visite sono poche e mai quelle giuste. Maria e Gabriele trascorrono intere giornate in attesa, su una panchina, e insieme ripercorrono la storia di quella vecchia casa in mattoni, perché «ogni casa è un labirinto e bisogna trovare la porta per uscire e rientrare». Cosí Maria racconta di Augusto, il giocoso e inconcludente mago Vapore, e l’amato figlio Pietro, sognatore e comunista. Maria avrebbe voluto proteggerli dalle loro piccole e grandi bugie, tenerli stretti dentro la lucidità del suo sguardo. Ma neanche l’amore può tanto.
5 – 8 marzo.15
ROMEO E GIULIETTA
di William Shakespeare
adattamento e traduzione di Francesco Niccolini
regia di Tonio De Nitto
CON Lea Barletti, Dario Cadei, Ippolito Chiarello, Angela De Gaetano, Filippo Paolasini, Luca Pastore, Fabio Tinella
FACTORY COMPAGNIA TRANSADRIATICA
Due adolescenti di una comitiva che si cancella per sempre nel tempo di un paio di giorni. Romeo e Giulietta sono il segno della tragedia che ha sconvolto una comunità e che non sarà mai rimosso. Romeo e Giulietta sono le morti innocenti, i desideri irrealizzati e la capacità di sognare che non può esserci tolta. Romeo e Giulietta sono una foto che ritrova vigore e carne per poi consumarsi e scolorirsi di nuovo.
10 – 15 marzo.15
PARANZA, IL MIRACOLO [RECENSIONE]
un progetto di Clara Gebbia, Katia Ippaso, Enrico Roccaforte, Antonella Talamonti regia Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte
CON Nené Barini, Germana Mastropasqua, Alessandra Roca, Enrico Roccaforte
COSTUMI Grazia Materia
MUSICHE ORIGINALI E DIREZIONE MUSICALE Antonella Talamonti
SUONO Francesco Fazzi
DISEGNO LUCI Michelangelo Vitullo SCENE Kallipigia Architetti ORGANIZZAZIONE Rosalba Greco
Siamo in una grande città nell’Italia di oggi. Quattro individui si trovano per strada: un manager esodato, una donna malata in attesa di cure, una cantante di talento, una signora benestante ma terremotata. Sono i protagonisti di Paranza- Il Miracolo, spettacolo di pietas e di denuncia, di parola, canto, visione e passione, che si interroga con gli strumenti del teatro e della musica sulla condizione umana. Le vite dei personaggi sono colte in momenti diversi del tempo: prima della caduta, durante la caduta, dopo la caduta.
Perché Paranza? Questa parola, che significa “barca o associazione di barche che pescano insieme”, designa anche i gruppi di fedeli che vanno dai quartieri di Napoli e della provincia in pellegrinaggio alla Madonna dell’Arco. Spesso scalzi, portano sulle spalle una pesante statua e cantando e danzando si sottopongono a digiuni e fatiche fisiche per portare la richiesta di grazia alla Vergine. La Paranza che vedremo in scena è quella degli “aventi diritto” che si trasformano di necessità in “richiedenti miracoli”. Persone che hanno perso tutto ma attaccati alla loro umanità. Uomini e donne uniti da una speranza, dalla fede nell’umano, capaci ancora di esprimere bellezza, ironia, grazia, anche se questo significa passare attraverso il dolore, la follia, la rabbia, la malvagità. Una Paranza che parla, mormora, intona, canta. Per non rassegnarsi. Per ricordarci che siamo esseri umani. Con bisogni, diritti e desideri.
10 – 15 marzo.15
IL CIRCO di Nicole & Martin (Svizzera)
spazio esterno
Già da lontano si scorge il tendone a cupola bianco. Quando ci si avvicina, si scopre un mondo magico, fatto di tende, nostalgici carrozzoni da circo, motrici rosse, festoni e luci. Bambini e adulti verranno presi per mano e condotti in un altro mondo per ascoltare e lasciarsi incantare dalle storie di Hänsel e Gretel, dei Musicanti di Brema!, della Fanciulla senza mani, raccontate non solo a parole, ma con musica, canto, numeri di giocoleria, acrobazie e balli.
17 – 19 marzo.15
STORIE DEL BUON DIO
drammaturgia Laura Nardi
in collaborazione con Alessandro Hellmann regia Amandio Pinheiro
con Danilo Nigrelli e Laura Nardi
SCENE Laura Cortini
LUCI Marco Maione
I bambini fanno tante domande: Dove va quel tram? Quante sono le stelle? e poi Come è fatto il Buon Dio? Il Buon Dio: di lui si sa così poco…”. Nello spettacolo un uomo e una donna, Georg e Klara, in un surreale “Ufficio domande rimaste senza risposta” creano, vivono e materializzano storie per rispondere alle incessanti domande dei bambini. Due entità immerse nella fabbrica del mondo della fantasia, che, con la semplicità e la naturalezza dei bambini, giocano vicino al tavolo del grande artigiano, trasformando gli scarti del suo lavoro in storie, personaggi: Teatro.
Storie del Buon Dio è una raccolta di tredici racconti, incentrati sulla figura di Dio, scritti da Rilke nel 1899. Come recita il sottotitolo, le storie vengono “narrate ai grandi perché le ripetano ai bambini”, che, insieme agli artisti, sono coloro che rivelano Dio agli uomini. Solo parlando ai più piccoli possiamo tentare di cogliere un barlume della luce di Dio. Nonostante la dedica, i racconti di Rilke trattano argomenti tutt’altro che ingenui, come l’arte, la creazione o la religione.
Tutte fiabe, dunque, indirizzate ad un “doppio pubblico”: i bambini e i grandi con animo di fanciullo.
Il grande poeta Rilke va alla ricerca di Dio. In questo percorso Dio è umanizzato e l’uomo reso sacro attraverso la poesia. Dio stesso é Arte e Poesia che si manifesta nelle forme più elevate. Rifiutare l’arte, il potere creativo dell’uomo, è non solo rifiutare l’Uomo, ma anche Dio.
17 – 22 marzo.15
LA GRANDE MAGIA
di Eduardo De Filippo
adattamento e regia Rosario Sparno
CON Luca Iervolino, Antonella Romano E Rosario Sparno
Durante un gioco di prestigio del professor Otto Marvuglia, Calogero Di Spelta uomo materialista, accecato dalla gelosia e dalla paura di conoscere se stesso, vedrà sparire sua moglie. In realtà lei, stanca delle ossessioni del marito, fugge con il suo amante. La gelosia e la paura offuscano la mente dell’uomo che, con l’aiuto del professore-mago, sostituirà la moglie con una scatola capace di contenerla per sempre.
LE NUVOLE E TEATRO STABILE DI NAPOLI /TEATRO MERCADANTE
20 – 22 marzo.15
IN CANTO E IN VEGLIA
di e con Elena Bucci
CURA DEL SUONO, SENSORI E INTERVENTI ELETTRONICI DAL VIVO Raffaele Bassetti
LUCI Loredana Oddone MACCHINISMO Giovanni Macis LAMPADE E OGGETTI Claudio Ballestracci
ASSISTENZA ALL’ALLESTIMENTO Nicoletta Fabbri
COLLABORAZIONE AL PROGETTO Marco Sgrosso
Oggi sembriamo esserci abituati alla mancanza dei riti collettivi che, senza muovere denaro, da sempre hanno aiutato a condividere i passaggi della vita e della morte: le veglie funebri con il loro carico di risate e pianti, le danze e i canti delle feste, le soste silenziose, il tempo perso del ritrovarsi, le ricorrenze legate alle stagioni, tutte cose sacrificate ad un senso di libertà dell’individuo che forse non appare più tale. Nel bene e nel male siamo strappati al sapore del presente per essere proiettati nell’istante successivo, il contrario di quello che avviene nell’arte del teatro del qui e ora. Ma la morte di una persona vicina può fermare il tempo, può rompere gli schemi abituali, gli argini, permettere che dilaghi il dolore più antico. Confonde passato e presente, riporta in luce la natura autentica, le paure, la solitudine e le vicinanze, ricordi e strappi. Il teatro è per Elena Bucci una forma di rito e di laica preghiera: in scena una veglia per dialogare con i nostri morti e con altri, più lontani, che ci sono stati maestri e guida. Ci riprendiamo il tempo del lutto e del ricordo, spesso bruciato dall’incalzare dei doveri e da un senso diffuso di rimozione del dolore.
Una drammaturgia originale fatta di ricordi, di racconti registrati, di brani di testi sacri e letterari, in ascolto di quel che siamo oggi di fronte al mistero della morte, cercando di addomesticarla come un tempo si sapeva fare. Un’opera in musica della compassione.
26 marzo.15
TERESA D’AVILA
Un castello nel cuore DI Michele Di Martino REGIA Maurizio Panici
CON Pamela Villoresi
Uno spettacolo alla scoperta di una delle figure femminili più significative della storia della Chiesa, Teresa d’Avila, nell’anno del quinto centenario della sua nascita. S. Teresa fu la grande riformatrice del Carmelo, che giunse alla perfezione attraverso un cammino spirituale costellato da varie prove – interiori e fisiche – e numerose esperienze mistiche. Tra le sue opere dottrinali, che le hanno meritato il titolo di Dottore della Chiesa, spicca il capolavoro Il Castello Interiore che descrive l’itinerario della preghiera che coincide con la vita. Quello di S. Teresa è dunque un viaggio affascinante anche per l’uomo contemporaneo, alla ricerca del “sacro” e dell’incontro con Dio nel quotidiano che lo circonda, spesso oscuro, ed illuminato solo da piccole epifanie fulminanti e rari momenti di grazia. Una ricerca ancora più sentita e attuale in un tempo “liquido” come il nostro, che sembra negare continuamente una visione di futuro, costringendoci ad un eterno presente, spesso svuotato, superficiale ed opprimente. Uno spettacolo che parla della bellezza e della Grazia, ma anche del lavoro e delle fatiche che portano alla consapevolezza di come il cuore umano sia abitato dal mistero stesso di Dio.
Teresa d’Avila, nata il 28 marzo del 1515, fu donna di eccezionali talenti di mente e di cuore. Fuggendo da casa, entrò a vent’anni nel Carmelo di Avila, in Spagna. Faticò prima di arrivare a quella che lei chiama la sua seconda «conversione», a 39 anni. Ma da quel momento in poi concepì e attuò la riforma che prese il suo nome, unendo alla più alta contemplazione un’intensa attività di fondatrice: dopo il primo monastero di San Giuseppe in Avila, si dedicò infatti ad altre fondazioni e poté estendere la riforma anche al ramo maschile. Morì a Alba de Tormes (Salamanca) nel 1582. Beatificata nel 1614, venne canonizzata nel 1622. Paolo VI, nel 1970, la proclamò Dottore della Chiesa.
Lo spettacolo andrà in scena nella chiesa di Santa Maria della Vittoria (situata a Roma in via XX Settembre), dove è conservata l’Estasi di Santa Teresa d’Avila, uno dei capolavori scultorei del Bernini
26 – 29 marzo .15
PICCOLO ASMODEO
da Lilla Asmodeus di Ulf Stark
adattamento teatrale Nicola Lusuardi, Fabrizio Montecchi
regia e scene Fabrizio Montecchi
CON Tiziano Ferrari
TEATRO GIOCO VITA
Una favola sul bene e sul male che racconta lo strampalato viaggio sulla terra di un piccolo diavolo troppo buono per vivere nel mondo degli inferi. Essere cattivo proprio non gli riesce e nemmeno gli interessa e questo, per la sua famiglia, è un grande problema. Così Asmodeo viene sottoposto ad una vera prova e mandato nel mondo della Luce e della Terra, assolutamente inconsapevole di quello che lo aspetta. Da qui inizierà, con timore ma anche curiosità, il suo strampalato viaggio sulla terra.
27 – 29 marzo.15
CLAREL poema e pellegrinaggio in Terra Santa
di Herman Melville
concerto per voce, oud, chitarre e live electronics interpretazione e regia Valter Malosti
SUONO E LIVE ELECTRONICS G.u.p. Alcaro
OUD E CHITARRE Lucia D’Errico MUSICHE ORIGINALI Carlo Boccadoro LUCI Francesco Dell’Elba CONSULENZA SCIENTIFICA Ruggiero Bianchi
ASSISTENTE ALLA REGIA Elena Serra
Valter Malosti in uno straordinario e sconosciuto poema di Hermann Melville dove si perdono i confini tra viaggio reale e spirituale, alle fonti del Cristianesimo e dei suoi luoghi di elezione. Clarel, un giovane studente americano di teologia, insoddisfatto degli insegnamenti dogmatici ricevuti in patria, decide di recarsi in Palestina. Come i grandi eroi dei romanzi melvilliani, Clarel tenterà di superare le soglie dell’esperienza e della conoscenza, e proverà a dare risposta alle grandi questioni del sapere e dell’amore, del rapporto tra il fisico e il metafisico, della verità e del senso ultimo della vita. Clarel rappresenta il pellegrinaggio della speranza: un viaggio alle origini di un’elusiva e ipotetica Verità e di una sicura sofferenza. Quest’opera è forse il culmine più angoscioso e poetico del grande corpus dei libri melvilliani; forse più ancora di Billy Budd, tradizionalmente ritenuto lavoro emblematico ed epitome perfetta. Socraticamente fedele a uno gnosticismo sofferto, e non certo di maniera, Melville butta nelle fiamme di questa sua scrittura convulsa tutto il peso e il dolore di una ricerca irrisolta.
La forza dirompente dei versi di Melville è proposta in una forma spettacolare scabra, una sorta di concerto per voce, oud, chitarre e live electronics, in un tentativo di teatro musicale che vuole evocare l’invisibile e il mistero di un viaggio interiore e insieme reale.
8 – 26 aprile.15
SWEET HOME EUROPA
Dittico sull’Europa
Prima parte: genesi, esodo. Generazioni
Seconda parte: preludio a una fine del mondo
DI Davide Carnevali
REGIA Fabrizio Arcuri
MUSICHE COMPOSTE ED ESEGUITE DAL VIVO Luca Bergia e Davide Arneodo (marlene kuntz) CANZONI INTERPRETATE DA Nico
note ambiente istallativo del collettivo dinamitardo Portage
Un potente affresco dell’Europa (politico, sociale, religioso) si dipana precisamente sotto i nostri occhi: padri, madri, figli, mogli, mariti, compagni, estranei, esuli, uomini politici e d’affari si fanno rappresentanti del racconto della genesi di una Comunità, mettendone in scena i patti e i compromessi, le differenze e contraddizioni ideologiche e religiose, che hanno fatto dell’occidente un’idea dominante e insieme l’idea del suo stesso fallimento, culturale e sociale. Il capitalismo e il consumismo come metro e regola, anche dei rapporti interpersonali, hanno scardinato le regole tradizionali millenarie, lasciando intere generazioni in balia di guerre, più o meno giuste e più o meno sante, ma soprattutto di lotte per accaparrarsi le temporanee ricostruzioni.
“SWEET HOME EUROPA è un testo sul problema dell’integrazione. Sulla possibilità e la capacità di accettare l’estraneo, lo straniero, l’altro. Un Uomo, una Donna e Altri uomini sono i protagonisti di differenti storie particolari e allo stesso tempo di una stessa storia collettiva – quella di una famiglia, di un popolo, dell’umanità intera – che, nel continuo incontro e scontro tra civiltà, sembra ripetersi in eterno. Sull’Altro uomo ricade il peso delle generazioni precedenti e di quelle successive, il peso di una tradizione secondo la quale chi non può vivere nella propria terra ne cerca un’altra in cui fondare una casa e una famiglia, per un nuovo posto in una nuova società. L’Uomo che nella propria comunità occupa invece una posizione di potere – politico, economico, culturale – farà di tutto per mantenere il privilegio di cui gode ed esercitarlo a suo vantaggio, a discapito del debole. La Donna, dal canto suo, cercherà sempre il suo ruolo in una società occidentale che, mentre critica quella orientale, tarda ancora a riconoscere la reale parità tra i sessi. A quasi vent’anni dalla nascita della UE, la Grande Casa Europea è un “cantiere ancora aperto”, come lo definiva Gorbaciov. Ma in che direzione stanno andando i lavori? Stiamo costruendo uno spazio privilegiato per la garanzia dei diritti umani, o stiamo solo recintando una proprietà privata per vietarne l’accesso a chi non è desiderato? Questa Casa sarà una casa accogliente? A chi sarà davvero disposta ad aprire le sue porte?”
Davide Carnevali
11 – 24 maggio.15
PREAMLETO
il giorno del Signore di Michele Santeramo regia Veronica Cruciani
“Il potere a questo serve: a continuare a comandare”. Questa è una delle battute che Gertrude pronuncia per convincere un malandato Re Amleto a prendere l’unica decisione che le pare giusta. Il potere assoluto dei regnanti, cui il testo si ispira trattando di quel che accade prima dell’Amleto di Shakespeare, fino all’apparizione del fantasma di re Amleto, è oggi riscontrabile solo nelle dinamiche della mafia. A quelle si ispira la scrittura: parole come dignità, onore, rispetto, sembrano ormai relegate ad un mondo che conserva la struttura dittatoriale di uno che comanda e di altri che eseguono. Re Amleto è malato: non ha più memoria. Non ricorda niente, nemmeno chi sia sua moglie, né chi sia suo figlio Amleto, né tantomeno a quale faccia corrisponda suo fratello Claudio. Non ricorda niente ma comanda ancora, ha ancora potere di vita e di morte su tutti, come un capomafia. Indagare su quel che può accadere prima dell’Amleto significa scoprire sfaccettature dei personaggi che nel testo scespiriano rimangono solo alla fantasia dello spettatore. Perché Claudio e Gertrude decidono di spodestare Re Amleto? Perché Amleto non riesce a proteggere suo padre? È proprio vero che Re Amleto appare a suo figlio come un fantasma, o non è piuttosto ancora una volta il puro meccanismo del teatro a far credere ad Amleto che suo padre sia morto?
Ovviamente, la perdita continua della memoria produce nel personaggio del Re una tenerezza e una forza comica che sono parti centrali del testo, accompagnate dalla presenza di Polonio, consigliere timoroso, sempre indeciso, pronto comunque ad “accorrere in soccorso dei vincitori”, come molte figure di questa Italia. Il testo prova a mettere di fronte allo spettatore questi personaggi nell’atto di prendere la decisione che cambierà le vite di tutti. Mostra i retroscena dei rapporti interni ad un gruppo stretto dal vincolo familiare, che diventano lo specchio di quanto il comportamento umano possa distorcersi nella rincorsa ossessiva del potere.
13 – 17 maggio .15
LA BISBETICA DOMATA
di William Shakespeare
traduzione e adattamento Francesco Niccolini
CON Dario Cadei, Ippolito Chiarello, Angela De Gaetano, Franco Ferrante, Antonio Guadalupi, Filippo Paolasini, Luca Pastore, Fabio Tinella REGIA Tonio De Nitto
Questa e’ una storia che avrebbe potuto essere una favola. Caterina l’inadeguata, la non allineata e’ la pazza per questo villaggio. Dietro di lei, spigolosa ma pura e vera, un mondo di mercimoni, di padri calcolatori, di figlie in vendita, di capricci lontani dall’amore, di burattinai e burattini non destinati a vivere l’amore, ma a contrattualizzarlo. La nostra Caterina non sta a questo gioco e come in una fiaba aspetta, pur non mostrando di volerlo, un liberatore, un nuovo inizio che suo malagrado potrà costarle molto più di quanto immagini. Ed ecco che la commedia si fa favola nera, grottesca.
FACTORY COMPAGNIA TRANSADRIATICA
19 – 28 maggio.15
TRITTICO FURIOSO focus ricci/forte
MACADAMIA NUT BRITTLE [RECENSIONE]
Dall’incontro tra l’immaginario di Dennis Cooper, uno degli scrittori più affascinanti e controversi del panorama letterario statunitense contemporaneo, e ricci/forte, al secolo Stefano Ricci e Gianni Forte, definiti i due enfant prodige della nuova scena drammaturgica italiana e invitati a presentare le loro performance e i loro allestimenti su prestigiosi palcoscenici internazionali (Francia, Inghilterra, Belgio, Germania, Slovenia, Croazia, Romania, America, Russia, Spagna, Portogallo, Macedonia, Stati Uniti, Turchia), nasce uno spettacolo che è giù diventato un cult, dopo il successo di critica e di pubblico della presentazione nel 2009 del primo studio al Festival Garofano Verde di Roma. Spettacolo che rappresenta un unicum nel panorama della produzione teatrale italiana di ricerca, in forza di una scrittura pirotecnica e di una regia originale e innovativa, che porta allo stremo la resistenza e le possibilità fisiche dei performer, Macadamia Nut Brittle è una fiaba crudele sull’adolescenza. Ha per protagonisti tre ragazzi (Giuseppe Sartori, Fabio Gomiero, Pasquale Di Filippo), esploratori di sconosciute regioni esistenziali, sospesi in un limbo di cattiveria e stupore, che prendono il nome da un popolare gusto di gelato della Haagen Dasz; a essi fa da contrappeso una donna (Anna Gualdo), supereroina del quotidiano, consumatrice seriale di telefilm, in cerca di punti di riferimento in un deserto d’amore.
Il ritmo incalzante di un talent show, lacerato da monologhi di feroce intensità, porta il pubblico di spettatori-voyeur a riflettere, senza sconti e senza eufemismi, sul plastico mondo dei foreveryoung, sulla rimozione della soglia dell’età adulta, sugli incantamenti di una popolarità da Grande Fratello, sulla logica dei meccanismi televisivi che si fanno ordine e misura del mondo. E sull’ineluttabilità di quella data di scadenza improrogabile che è la morte. A fare da fondale a una parata di magnifiche ossessioni, forse strenui tentativi di salvezza, è uno scarno quanto desolato paesaggio di macerie colorate e pop, agitato da una bulimia di consumi. Una tensione vigorosa e sanguinante, fra esplosioni di violenza, esercizi di ginnastica sessuale estrema ed esplorazione del corpo e dei suoi limiti, senza tabù. Macadamia Nut Brittle non è intrattenimento, ma elettroshock. Porta in scena le nude emozioni dello spettatore e vuole riattivare i meccanismi di un pensiero critico, vincendo il torpore televisivo. Si ride, si soffre, ci si eleva e ci si schianta senza un attimo di respiro. Senza catarsi.
STILL LIFE [RECENSIONE]
Metti un’età dell’uomo, l’adolescenza, quando cominci a formare un’identità ma hai bisogno di stabilire una rete sociale. Metti la Fantasia, che ti attraversa da sempre e vorresti abitarla come la più intima delle tue stanze. Metti l’ignoranza degli altri, il timore del differente, l’angoscia bovina che non ci sia un ordine preciso sulla Terra. Metti un colore, il rosa, da sempre sinonimo falso di femminilità, di morbidezza emotiva. Metti lo sconforto, quando sei solo e sospetti che il dono sia condanna. Metti il buio, più facile di qualunque sberleffo. Metti tutto insieme e il risultato sarà l’Olocausto.
Il tema della discriminazione, del mobbing psicologico identitario che determina la repressione dell’immaginazione e spinge all’auto annientamento. Una vertigine per illustrare un germe che si annida ovunque ma che proprio nei licei scolastici, in quell’età in cui ogni futuro sembra possibile, stabilisce il suo paradosso smascherando i perimetri del gregge che diventeremo.
Massacro a cinque voci per una vittima. Il bullismo omofobico è il tema del lavoro STILL LIFE (2013) presentato per il ventennale del Festival Garofano Verde al Teatro Argentina di Roma lo scorso 25 Giugno: un evento civile nel Teatro della città, un contributo dell’ensemble ricci/forte per tentare di combattere la discriminazione identitaria. Un “omaggio” per ricordare l’adolescente romano, uno dei tantissimi, che si è tolto la vita impiccandosi con la sua sciarpa rosa.
Il Teatro è un mezzo potentissimo attraverso cui esaltare il potenziale che c’è nelle differenze tra esseri umani e lo strumento con cui comunicare nuovi modi di osservare la realtà, nel rispetto delle scelte e delle nature dei singoli. Un processo per fare politica, da intendersi come una responsabilità che i cittadini hanno all’interno della polis. Senza impugnare un mitra. Assumersi tale impegno diventa un atto di coraggio che pochi riescono ad avere. Preferiamo non vedere, evitare interrogativi che ci costringerebbero ad una riflessione. Preferiamo omologarci, appunto, ai canoni di una società precostituita. Questa è già l’anticamera alla repressione della fantasia e all’auto annientamento.
IMITATIONOFDEATH [RECENSIONE]
Percorso iniziatico sotto l’epidermide di Chuck Palahniuk. Un’ambulanza sgomenta, un grattaevinci urbano tra topmodelspatologie, miti del gossip e onde anomale corrosive che platinano in una confezione golden da caramella sperlari al cianuro.
Un’immersione ventimila leghe sotto lo smalto sbiancante, dietro l’estasi sacrificale, dove la ricerca identitaria trova un fiotto espressivo degno di un talk show da pay-tv degli emirati arabi; dove il paramorfismo è il dresscode d’accesso. Tra fallimento dell’allestimento e trionfo del mondo reale, indagare le complesse relazioni di brokeraggio tra i media e la dicotomica biancaneve in cui ci siamo fotocopiati. Analfabetizzazione dei legami interpersonali, sieropositività da Silver Surfer che ci allontanano dalle umane miserie lanciandoci, novelli Supereroi, nell’empireo di un nuovo sistema solare di amuchina consistenza; via da un patetico Rinascimento di gadget e frantumaglia etica, verso una rivoluzione copernicana dei rapporti dell’Uomo con l’Uomo.
Un lavoro affamato, concreto, sudato, inodore, metabolizzato, percettivo, scostumato nella sua iperbole sentimentosa. Cromo. Come i giorni che vorremmo. Una mappatura dell’ordinaria schizofrenia da cui siamo abitati. Una restituzione dickensiana nella sua parabola sociale, illividita dalle luci di un’epoca postindustriale ormai in ginocchio. Fuori dai clichè, perché la frontiera di ognuno non è mai una caricatura quando la si osserva con sguardo lucido e bianchezza di cuore.
Alla luce di un lungo percorso di aggiornamento sulle psicosi reali e virtuali della nostra indagine iniziatica, travasando nel corso dei due anni esperienze collettive e furori personali, masticando l’involuzione politica dei nostri Stati Territoriali e l’evoluzione percettiva del nostro Stato Personale, precisando attraverso i tentativi l’estetica di un flusso in continuo divenire per la sua modalità sfuggente, I M I T A T I O N O F D E A T H, nella sua apparente compiutezza, viene presentato con un cast internazionale e con un pluralismo linguistico creativo atto ad empatizzare senza checkpoint di frontiera, per produrre un evento culturale in cui le individualità nazionali vengano sovrapposte e shakerate insieme edificando un alfabeto emotivo comune: la radiografia di una simil_esistenza, in una simil_Europa dove, non rintracciando barlumi di autenticità vitale, forse lo sport migliore è praticare una sana imitazione della Morte.
21 – 24 maggio .15
PLANTING PERFORMING La radice, il sentiero, la dimora
Spazio esterno
CON Marie Öhrn TRADUZIONE PERFORMATIVA DALL’INGLESE ALL’ITALIANO Flavia Gallo
Un’esperienza delicata, meditativa, immaginifica e corporea allo stesso tempo, che trasforma bambini ed adulti… in piante! Si parte da un semplice vaso colmo di terra e dalla voce antica di una donna dagli occhi grigio-viola. Sarà lei a condurci per mano in un viaggio che arriva su, fino ai confini dell’universo, passando per il centro del pianeta.
Piccoli e grandi, preparatevi ad essere seme, a sbocciare, a crescere e a ritrovare il luogo della vera dimora attraverso il sentiero misterioso delle vostre radici
LE DOMENICHE PER I PICCOLI
Appuntamenti mattutini ad ingresso libero con la curiosità e la creatività che apriranno la sala dell’Argentina per coinvolgere il giovane pubblico e le loro famiglie in esperienze di qualità, intense e ricercate, e per far conoscere il Teatro e la sua storia. Un ricco programma di attività tra spettacoli, incontri, laboratori e letture, che coinvolgerà non solo i ragazzi, ma anche i genitori e gli insegnanti con percorsi formativi e laboratoriali al fine di costruire insieme momenti di condivisione ed occasioni di crescita e conoscenza attraverso il divertimento.
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