Il Teatro di Roma presenta la stagione 2014/2015 diretta da Antonio Calbi con un progetto culturale a tutto campo. Lo Stabile non si sbilancia sul Valle e tace sui Quaderni
Per la Stagione 2014/2015 al Teatro di Roma c’è aria di cambiamento, tanto che il pubblico i giornalisti e gli addetti ai lavori accorsi alla conferenza stampa dell’8 luglio 2014 al Teatro Argentina hanno preso posto sul palcoscenico, spinti a tastare da subito con mano e sguardi il ribaltamento di prospettiva fatto intendere da Antonio Calbi. La storia infinita e imbarazzante (leggi qui) che ha portato l’ex direttore del settore spettacolo del Comune di Milano alla direzione della più importante scena romana l’abbiamo vissuta giorno per giorno e non è il caso di ripercorrerla; allo Stabile capitolino serviva dunque un direttore artistico capace di mettere a punto gli ingranaggi di una macchina complessa e costretta a funzionare col freno a mano per i tagli subiti dai soci. Proprio alla conferenza stampa con trasparenza e sincerità l’Assessore alla cultura della regione Lazio, Lidia Ravera, ha sottolineato come l’ente regionale abbia dovuto tagliare del 30% il suo contributo evidenziando però anche l’impegno a ripianare i debiti accumulati negli anni verso l’istituzione teatrale. Vi era bisogno di qualcuno che guardasse lontano e aprisse gli spazi pubblici alla pluralità dei linguaggi teatrali del contemporaneo e questo a grandi linee sulla carta è avvenuto, da qui anche la gioia dei commentatori che in queste ore si stanno prodigando a tirare le lodi del nuovo corso: a Ottobre riaprirà il Teatro India, chiuso da due anni per lavori, dove sostanzialmente troveranno spazio quegli artisti romani che già da alcuni anni gravitavano a fasi alterne attorno allo Stabile, Lucia Calamaro, Accademia degli Artefatti, Tagliarini/Deflorian, Lisa Ferlazzo Natoli, Teatro delle Apparizioni (gli ultimi due già previsti lo scorso anno in co-produzione), Manuela Cherubini, Veronica Cruciani, ricci/forte, con degli innesti di tradizione e lunga esperienza come Leo Gullotta e Maurizio Panici, il gradito ritorno di Saverio La Ruina, l’incursione di Ulderico Pesce con il suo spettacolo-documentario sul caso Moro (recensione) e l’apertura ai giovani di Punta Corsara con Hamlet Travestie. L’india si aprirà anche ad alcune produzioni nate in seno ai Teatri del Sacro e a un progetto che vede, grazie all’Atcl, il ritorno dei testi di Jon Fosse a Roma, diretti qui da tre giovani registi. Nessuna traccia però di una seconda tappa del progetto Perdutamente: durante il periodo di passaggio della direzione Cutaia si vociferava di un possibile prosieguo, una valorizzazione del lavoro già svolto nel precedente triennio che qui sembra non aver trovato posto o che releghi alcune scelte coraggiose di nuovo a un rango minore; all’idea di factory che tenga conto dell’evoluzione artistica della città nelle ultime generazioni è stata preferita quella di un programma ben preciso, certo di qualità ma forse senza sorprese.
E l’india è un po’ lo specchio ridimensionato dell’Argentina in questo senso, ovvero l’idea di un teatro-mondo che rappresenti la molteplicità – che i maliziosi saluterebbero con un “dentro tutti”. In parte la creatività collettiva e l’idea di progetto aperto le ritroviamo proprio all’Argentina a Novembre con Ritratto di una Capitale dove verranno dirette da Fabrizio Arcuri “24 scene di un giorno qualsiasi” ambientate a Roma e scritte dagli autori più disparati (da Daniele Timpano a Cristina Comencini, passando per Emanuele Trevi, per intenderci). Per il resto il principale palcoscenico dello Stabile proporrà un ampio ventaglio di esperienze artistiche: l’incipit è anche quest’anno dedicato al Romaeuropa Festival con Hofesh Shechter, Virgilio Sieni (intervista), Angélica Liddell, Alain Platel, Motus; a solleticare il palato del grande pubblico ci penseranno Valerio Binasco che dirigerà Silvio Orlando nel Riccardo III, Roberto Herlitzka con un testo di Gianni Borgna diretto da Antonio Calenda, il ritorno di Tony Servillo con Le voci di dentro, Franca Valeri diretta da Giuseppe Marini e Filippo Timi con il Don Giovanni. Giancarlo Cauteruccio trova proprio all’Argentina lo spazio per mostrare a Roma Eneide di Krypton. Non mancano neanche due grandi della regia e sperimentazione internazionale come Antonio Latella (tra le mani il classico eduardiano per eccellenza, Natale in casa Cupiello) e Romeo Castellucci con una nuova creazione.
Quattro anni di Peter Stein
Un discorso a parte andrebbe fatto per il mastodontico progetto disegnato attorno alla figura di Peter Stein, il maestro sarà regista residente per ben 4 anni, accompagnando proprio il lavoro del direttore Calbi; avrà una compagnia di otto attori con cui potrà lavorare quotidianamente – percepiranno uno stipendio fisso e continuativo – a una serie di progetti raccolti nella definizione di “Prospettiva Stein”. Si comincia quest’anno con la drammaturgia contemporanea di Botho Strauss, Der Park, per toccare poi autori come Pirandello, Čechov, Shakespeare, Racine e la tragedia greca con l’Orestea.
I dubbi però che avremmo voluto sollevare pubblicamente al termine della conferenza stampa, se non fosse stato per un improvviso rompete le righe che ha permesso solo un paio di domande male ascoltate tra il caos dei saluti e degli abbracci, non riguardano però la visione artistica (e comunque non solo), ma sono alla base del ruolo politico e culturale dell’istituzione. Sono anni che parliamo di un teatro continuamente sotto scacco dal punto di vista economico eppure all’apparenza non si bada a spese (numerosi i progetti collaterali che vedranno sul palco dell’Argentina anche delle lezioni di archeologia) e non vorremmo che a rimetterci poi saranno gli artisti; quali sono ad esempio i costi del progetto di Stein? E ancora, perché non puntare sul maestro tedesco in una dimensione produttiva ridotta e incrociarne invece lo sguardo anche con quello di un altro regista, per ricompensare la pluralità di spunti con una pluralità di sguardo? Soprattutto nella situazione attuale, del cui disastro economico ci si è preoccupati di dar conto, fare ammenda e offrire rassicurazioni proprio in conferenza stampa, sarebbe doveroso per uno Stabile pensare sì al prestigio di nomi internazionali, ma ancor di più usare le risorse per restituire ossigeno a creatività anchilosate dalla mancanza di opportunità. E non stiamo parlando necessariamente di debuttanti, visto che il teatro italiano è pieno di artisti che hanno portato avanti la ricerca teatrale degli ultimi vent’anni e ora sono costretti a rinunciare a qualsiasi sostegno.
Il rapporto con il Teatro Valle
La presenza del Sindaco Ignazio Marino inoltre non ha chiarito il ruolo del Teatro di Roma nella vicenda del Valle post-occupazione, ma soprattutto ancora una volta ha taciuto sul dialogo che l’amministrazione capitolina aveva intrecciato con il Valle prima delle dimissioni dell’Assessore Barca, dialogo che ha portato a un dossier pubblicato dal Fatto Quotidiano con un gran colpo di scena giornalistico. I cosiddetti “facilitatori” chiamati dal Comune hanno stilato un documento di più di novanta pagine in cui focalizzano l’esperienza del Valle analizzando i pro e i contro e fornendo idee per eventuali soluzioni: l’affidamento al TdR con «successivo finanziamento di progetti di valorizzazione triennali a soggetti nonprofit»; un bando pubblico (che poi è l’dea di Marino) e la concessione a un «consorzio che includa le principali organizzazioni teatrali non riconosciute della città, a seguito di un processo di aggregazione e di partecipazione e selezionato in base a procedure di evidenza pubblica». Il giornale online diretto da Peter Gomez sottolinea come la prima soluzione sia quella maggiormente caldeggiata dai facilitatori e soprattutto – e questo è il nodo centrale con il quale si riconosce all’occupazione una serie di lavori e processi durati tre anni – che «La “scoperta di un nuovo pubblico”, secondo gli esperti, bilancia le principali criticità: “l’illegalità determinata dall’occupazione” e “l’evasione dei diritti d’autore Siae”, principale argomento di chi sostiene che il Valle faccia concorrenza sleale alle altre compagnie». Il Sindaco probabilmente avrebbe fatto una figura migliore a prendere in considerazione questo dossier invece di far finta che non esista.
Il futuro dei Quaderni del Teatro di Roma
Inoltre tra le poche novità partorite all’interno del Teatro di Roma nell’era Lavia, una delle più efficaci per estendere lo sguardo dello Stabile verso la città era quella dei Quaderni del Teatro di Roma, rivista diretta da Attilio Scarpellini nella quale scrivono anche i nostri Sergio Lo Gatto e Simone Nebbia, oltre che Graziano Graziani, Maria Teresa Surianello e Katia Ippaso. In breve tempo la pubblicazione edita dallo Stabile è diventata apprezzata e richiesta, andando anche letteralmente a ruba visti i pochi mezzi messi in campo dal teatro in questi anni per distribuirla capillarmente nella città. Eppure non una riga è apparsa nella corposa cartella stampa e nessuna parola né dalla direzione artistica né dalla presidenza è stata spesa in conferenza per un lavoro che in questi anni ha impreziosito l’opera dello Stabile arrivando nelle mani di operatori culturali nei teatri di tutta Italia – dall’ufficio delle attività culturali del TdR è arrivato non solo agli altri Stabili pubblici, in quello di Torino è archiviato nel Centro Studi come pubblicazione di approfondimento, ma anche nei festival, nei centri di produzione, negli stabili d’innovazione e privati – tutto con un budget mensile ridicolo, che non supera le 2500 euro al mese. Certamente una direzione artistica forte e capace, come sta dimostrando di essere quella di Calbi, ha il diritto di ripensare qualsiasi strumento e modalità, ma siamo certi che la sfida lanciata dal TdR alla molteplicità e alla complessità necessiti anche di uno sguardo critico attento e partecipato.
Andrea Pocosgnich
Twitter @andreapox
Stagione 2014/2015 Teatro Argentina
Stagione 2014/2015 Teatro India
leggi tutti gli articoli relativi al nuovo direttore del Teatro di Roma
Articoli di politica culturale e caso Teatro Valle
Vuoi qualche consiglio sugli spettacoli da vedere a Roma?
Teatro Roma – Spettacoli in Agenda
Ogni settimana gli spettacoli da non perdere, una guida per orientarsi fra i numerosi teatri di Roma
la stagione del teatro India è come quella del Valle, solo fatta molto meglio.
gli occupanti dovrebbero tacere, imparare e tornare a fare i camerieri!
Bell’articolo. Condivido quasi tutti i dubbi di Andrea (troppi soldi, presumibilmente, per il solo Stein, e una bulimia progettuale che, se non accompagnata da una precisa “disclosure” sui costi, rischia di alimentare dsicussioni), tranne quello sulla rivista (credo si tratti solo di una dimenticanza, sarebbe un crimine chiuderla). Del Valle non parlo: aspetto il ritorno della legalità…
Resta, alla fine, un’abbuffata di idee, alcune eccelse, altre “buttate lì”, forse frutto di una reazione istintiva al lungo stop al quale il Teatro di Roma è stato costretto, nella maggior parte dei casi stimolanti: forse si potevano usare maglie un po’ più strette (Valeri e Timi non mi convincono), ma l’inizio è comunque molto positivo.