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Marco Maltauro riscrive la sconosciuta di Zweig a teatro

Recensione di La più grande storia d’amore mai raccontata di Marco Maltauro con Cristian Giammarini, Teatro Belli Roma

 

LA PIU’ GRANDE STORIA D’AMORE maltauro giammarini 1
foto www.teatrobelli.it

Lettera di una sconosciuta è un racconto di Stefan Zweig del 1922 in cui uno scrittore riceve, nel pieno della propria maturità, una missiva senza firma e mittente; nelle successive ottanta pagine l’autore austriaco implacabilmente intreccia una tela di ardori, sofferenze e ossessioni amorose che oggi diremmo incompatibili con lo stile di vita contemporaneo. Ma qui, a dire il vero, non si parla di relazioni di coppia, è l’assenza  della relazione a mangiare giorno dopo giorno l’anima e la vita della protagonista. Lei, perdutamente innamorata dello scrittore sin dall’adolescenza, sacrifica la propria esistenza all’idea stessa dell’amore incarnata dall’affascinante artista: una vita in attesa di essere riconosciuta da lui, nel tentativo di trasformare sporadici incontri in quella utopia nella quale durante gli anni non smette mai di credere.
Folgorante è una delle prime frasi, che apre le porte a un dissanguamento irrefrenabile: «Ieri il mio bambino è morto»: proprio con questa battuta Marco Maltauro dà il la alla propria riscrittura teatrale. La più grande storia d’amore mai raccontata, andato in scena al Teatro Belli, è un meccanismo drammaturgico che problematizza da subito la lontananza del testo di Zweig dall’immaginario collettivo contemporaneo. Il regista e autore affida il discorso metateatrale a un personaggio altro rispetto al racconto, l’attore di una compagnia scritturato per recitare una piccola parte nel dramma. Un personaggio apparentemente superficiale, rozzo, incapace di comprendere proprio la profondità dei sentimenti, sbeffeggiatore dell’amore e dell’ossessione che però nasconde a sua volta la ferita di sentimento non corrisposto. Con un abile gioco di specchi Maltauro sdoppia questa creatura generando non solo effetti comici spiazzanti e irriverenti, ma anche una tensione verso il racconto che altrimenti rischierebbe di impantanarsi nello stereotipo romantico viennese da primo Novecento. Lo spostamento operato avvicina il pubblico grazie a una scrittura dinamica e teatralizza, qualcosa di profondamente antiteatrale, ricostituendo in parte quell’adesione che anche il lettore più smaliziato e critico nei confronti della tematica amorosa riuscirebbe a destinare alle pagine di Zweig.

LA PIU’ GRANDE STORIA D’AMORE maltauro giammarini
foto www.teatrobelli.it

Ma se Maltauro è riuscito a cucire una trama credibile accanto a quella di Zweig, temperando anche i ritmi degli accadimenti sulla scena in una scansione ininterrotta che salta senza pietà dal comico al tragico e sorvola con abilità zone intermedie lasciate aperte alla sensibilità del pubblico, tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la performance di Cristian Giammarini. A lui il compito di farsi veicolo delle numerose voci contenute nel testo, di rendere mai inopportuni i cambi immediati che scrittura e regia richiedono in una schizofrenica e ammaliante interpretazione che talvolta può appoggiarsi solo su mutamenti di luce repentini, folate di fumo e qualche oggetto. Giammarini è solo in scena come lo è la protagonista sconosciuta della lettera di Zweig e quell’affondo che l’autore austriaco compie pagina dopo pagina verso la morte si riproduce nel meccanismo teatrale, in piccoli passaggi con i quali viene ricomposta la figura del protagonista in un’unica anima contenente sia quella dell’attore devastato dall’amore non corrisposto dalla prima attrice sia quella della donna sconosciuta. La catarsi arriva tra la nebbia soffiata dalla macchina del fumo: un paio di ali accennate in ampio tessuto bianco sono il simbolo posticcio di un’ascensione laica: «Ma io non credo più in dio e non voglio una messa, io credo solo in te, amo solo te e solo in te voglio continuare a vivere…»

Andrea Pocosgnich
Twitter @andreapox

Teatro Belli, Roma, Maggio 2014

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LA PIU’ GRANDE STORIA D’AMORE MAI RACCONTATA
DA “LETTERA DI UNA SCONOSCIUTA” DI S. ZWEIG
adattamento e regia di Marco Maltauro
con Cristian Giammarini
Una produzione Officina Concordia e a.Artisti Associati Gorizia

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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