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Estate Romana e Teatro Valle Occupato. È guerra

Estate Romana. Dopo i risultati tante proteste e confuse congetture

 

"Losers" Tony Clifton Circus - Short theatre 2013 foto www.shorttheatre.org/
“Losers” Tony Clifton Circus – Short theatre 2013 foto www.shorttheatre.org/
[…] Associazioni culturali storiche, tagliate fuori dalle graduatorie dell’Estate romana e dai festival di spettacolo, pubblicate ieri dal Campidoglio, «per premiare gli amici e gli amici degli amici». A cominciare, vociferano i maligni, dall’Associazione culturale Area che promuove da molti anni una rassegna di grande successo, lo Short Theatre, organizzata nel 2012 al Teatro Valle con la collaborazione degli occupanti. Alimentando così il sospetto, anche se assai bravi, che sia stata Benedetta Cappon, ex portavoce del Valle ora in forze all’assessorato alla Cultura, a metterci una parola buona […]

A leggere queste parole scritte nero su bianco, sulla carta stampata di Repubblica, non si crede ai propri occhi, si sbatte le palpebre più volte e si pensa che errori del genere non si trovano neanche nel più amatoriale dei blog. L’articoletto di Giovanna Vitale (apparso l’11 giugno su Repubblica Roma) sembra uno di quei post su Facebook che immediatamente ricevono una sequela di intimidazioni alla correzione fino a quando l’autore non si decide a scusarsi. Ma qui siamo sul più importante quotidiano e a quanto pare l’autrice non solo non si è presa la briga di fare una telefonata a coloro che chiama Area (ovvero AREA06) per ascoltare i destinatari di queste malelingue, ma non ha neppure verificato il fondamento di certe voci con una semplice ricerca su internet. Con una fatica misurabile in una decina di secondi avrebbe scoperto che il festival Short Theatre non si è mai svolto al Teatro Valle.

Ora, a parte la pochezza giornalistica dell’articolo impreziosita da inesattezze macroscopische e insinuazioni da bar (anche perché Short Theatre non è appena atterrato da Marte, è la quinta volta che ha tra i propri finanziatori Roma Capitale) questo e altri indizi ci portano ad affermare che è cominciata una guerra senza esclusione di colpi e la mancanza dell’Assessore alla cultura – giacché Flavia Barca si è dimessa alla fine di maggio – non fa che peggiorare la questione. Della situazione relativa alla cultura romana al collasso ne abbiamo parlato in diverse occasioni ma questo è un momento cruciale: cavillosi, iperburocratizzati e molto complessi anche a detta degli operatori, i concorsoni per l’Estate Romana e per il finanziamento di “Festival di particolare interesse per la vita culturale della Città per il periodo 2014-2016” hanno mietuto vittime eccellenti, le graduatorie sono pubbliche, potete leggerle, ne nominiamo solo due che si collocano con proposte culturali agli antipodi (della seconda sentiremo la mancanza, della prima un po’ meno): All’ombra del Colosseo e Garofano Verde. Una kermesse di cabaret inserita in una sorta di villaggio turistico nel cuore di Roma e una rassegna dedicata ai temi dell’omosessualità, diretta da Rodolfo di Giammarco al Teatro Belli, entrambe nate negli anni Novanta ed entrambe con il ricorso pronto insieme a tanti altri che promettono battaglia. Il pezzo di Giovanna Vitale rompe gli indugi e ha l’effetto di una granata che precede la guerra civile: la miccia è il Teatro Valle.

Infatti, sull’altro fronte, i difensori della legalità hanno inasprito la lotta al fortino più rappresentativo della controcultura cittadina e probabilmente nazionale, il Valle Occupato appunto. Edoardo Sylos Labini, attore e da poco addetto alla cultura in Forza Italia, ha fatto partire una petizione sul GiornaleOff (di cui è direttore) in cui a gran voce si invoca lo sgombero del teatro settecentesco. Anche in questo caso non perdiamo tempo a confutare gli argomenti della petizione, ovvero le medesime tesi con cui in questi tre anni i più acerrimi oppositori dell’esperienza dei Beni Comuni hanno guardato solo alla superficie delle cose senza mai allungare lo sguardo al di là dei propri nasi. Anche perché basterebbe spiegare, come in molti hanno già fatto, che il famoso danno erariale di cui si parla nella petizione è quantomeno un controsenso, dato che il Valle, funzionando senza finanziamenti e ricevendo dall’amministrazione solo il pagamento delle utenze, rappresenta in realtà un risparmio per lo Stato. Oppure i firmatari della petizione immaginavano un teatro del genere dato in mano a imprenditori privati senza nessuna partecipazione pubblica? Ma, si sa, la prima arma delle guerre politiche è la deformazione della realtà e la violenza bruta ai danni di logica e semantica.

In un’altra epoca l’appello di Labini sarebbe caduto nel vuoto, ma in questo periodo di disfatta ideologica rappresenta invece il raccordo perfetto con la deriva morale e politica della sinistra italiana, Labini non fa altro che tendere la mano; gli basta sussurrare l’altro mantra di tutto il teatro privato romano: “perché un teatro occupato può fare concorrenza sleale a tutti gli altri teatri che, rispettando le regole, si assumono invece costi e oneri?” per far cadere nella rete gli arrabbiati, gli ingenui, gli ipocriti, i tartassati, gli sfiniti. Il Valle come capro espiatorio e la sua liberazione come soluzione a tutti i mali cittadini. E così invece di fare un fronte unico (almeno tra quegli artisti che occupano la cosiddetta zona del “contemporaneo”) per l’ennesima volta si chiamano a raccolta folle mettendo in mostra il dito invece della luna. Invece di chiedere la fine di una gestione frammentata e occasionale della cultura teatrale – di cui i bandi non possono rappresentare la soluzione eterna – e l’inizio di percorsi di progettazione almeno triennali, ecco l’appello per lo sgombero del Valle; invece di chiedere defiscalizzazioni e sburocratizzazioni per chi fa cultura, e un aiuto per quei piccoli teatri privati che non solo si spaccano la schiena per rimanere aperti, ma che addirittura fanno ricerca, promuovono rassegne di nuova drammaturgia e si aprono ai giovani autori, tutto senza un briciolo di finanziamento, si preferisce spostare l’attenzione sugli spazi occupati. D’altronde a rimbalzare dai quotidiani cartacei a quelli online ora c’è anche la protesta del consigliere Pd Pierpaolo Pedetti, rilanciata da Federico Mollicone (esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale), sul posizionamento in graduatoria Estate Romana della manifestazione Tropici organizzata all’Angelo Mai, sgomberato in primavera e ora tornato in funzione dopo che il Tribunale del Riesame ha disposto il dissequestro. I due politici chiedono la revoca dei finanziamenti all’Angelo Mai forse non avendo letto la graduatoria che vede l’associazione di Via di Caracalla situata in quella zona di attesa che frutterà qualcosa solo se i finanziamenti complessivi avranno un’impennata e comunque con decine di progetti posizionati prima.

E qui veniamo all’ultimo fronte di questa guerra, quello realmente ideologico: molti dei firmatari della petizione inaugurata da Labini nei propri commenti spiegano che ormai il Valle non è più un’occupazione artistica bensì politica, ed è vero, come dar loro torto, come d’altronde è politica qualsiasi forma d’arte urgente e necessaria, soprattutto in questo momento. Labini nella petizione si chiede anche perché Rodotà e Tsipras abbiano appoggiato gli occupanti, la risposta anche questa volta va ricercata nel laboratorio politico Valle. Quel teatro non è più solo un avamposto artistico ma una fucina di pensiero politico, ed è questo in realtà il boccone più indigesto tanto a destra quanto a sinistra: il Valle si è permesso di produrre riflessioni politiche e sociali alternative al diagramma piatto rappresentato dall’arco parlamentare. Il palco del Valle insomma era l’approdo naturale per le istanze della lista Tsipras. Nella pratica l’opposizione al pensiero dominante si traduce ad esempio nell’appoggio ai comitati di lotta per il diritto all’abitare e qui la situazione si fa incandescente perché, con il decreto Lupi (il Piano Casa), il governo a maggioranza Pd dichiara guerra alle occupazioni abusive e dunque indirettamente ai poveri, utilizzando come arma un articolo che sancisce l’impossibilità per chiunque occupi una casa di chiedere la residenza e l’allaccio delle utenze, cosa che a cascata rischia di trascinarsi dietro l’inaccessibilità a quei servizi fondamentali per ogni cittadino come salute e istruzione; ma tutto accade sventolando la bandiera della legalità, in una pratica di degenerazione etica che rende tutto possibile – perché badate bene il campo di battaglia è lo stesso. Allora, sì, è tutto vero: il Valle Occupato attua pratiche di concorrenza sleale, L’Angelo Mai si arricchisce con il bar, la cultura e il teatro a Roma possono continuare ad andare avanti con bandi occasionali, piscine a pagamento e spettacoli di stampo televisivo meritano di continuare a essere finanziati ed è cosa buona e giusta che chi è costretto ad occupare una casa non abbia diritto neanche di mandare il figlio a scuola… E addirittura sì quello che scrive lei, cara Giovanna Vitale, potrebbe diventare vero, magari nel 2012 uno Short Theatre si è davvero svolto tra le porpore del Teatro Valle.

Andrea Pocosgnich
Twitter @andreapox

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

12 COMMENTS

  1. Fra l’altro, il 23 maggio l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite si è pronunciato proprio contro l’art.5 del decreto Lupi che priva della residenza chi abita in edifici occupati, perché una misura di questo tipo si tradurrebbe in ulteriore violazione dei diritti di persone già vulnerabili dal punto di vista sociale ed economico:
    http://www.unhcr.it/news/dir/26/view/1735/integrazione-dei-rifugiati-a-rischio-senza-accesso-alla-residenza-173500.html

  2. Non credo che il problema sia il Valle. (e infatti non ne parlerò, perché poi Andrea dice cose tanto belle ma irrealizzabili, anche per il volere opposto dei singoli artisti, qualcuno anche ospite spesso al Valleoccupato).
    Il fatto è che i tre bandi (aggiungerei quello regionale), hanno decretato una epurazione vera e propria di una parte degli operatori e delle manifestazioni.
    Sembrerebbe che l’epurazione sia stata fatta a favore di una generazione o di una visione politica, invece va a appannaggio solo di alcuni.
    Non credo che la cosa sia stata magari voluta e non credo che la cosa sia del tutto sbagliata, ma la cosa è stata fatta male (ci sia o meno questa volontà e soprattutto sia volontaria e studiata a tavolino).
    E anche nell’articolo di Andrea c’è qualcosa di “particolare”.
    Per prima cosa “EstateRomana” non è solo un bando per il teatro ma per tutte le manifestazioni di intrattenimento e non…
    All’Ombra del Colosseo è la manifestazione che è stata proprio fatta fuori per un vizio di forma, non che non sia stata valutata come le altre o meno.
    A prescindere da ciò che penso io (che poi non è lontano da quello che pensa Andrea), all’Ombra del Colosseo è una manifestazione che accoglie probabilmente delle cifre che nessuna manifestazione finanziata, si immagina; inoltre c’è da dire che senza un vizio di forma difficilmente sarebbe stata fatta fuori perché è una manifestazione che aveva TUTTE le carte in regola secondo il bando.
    Perciò così è stata messa fuori gioco (lecitamente o meno lo si capirà dopo l’eventuale ricorso), poi però nella lista appaiono Tropici (classificata e non assegnata) e anche Dominio Pubblico (che penso si sia presentata come una costola di ArgotOff). Se ad esempio queste due manifestazioni si fossero presentate con come luogo, il luogo dove precedentemente sono state fatte (perciò Angelo Mai per la prima e Orologio e Argot per la seconda), allora anche loro non dovrebbero essere in lista dei finanziabili, perché da bando erano escluse tutti gli spazi senza agibilità e questi tre spazi non li hanno…
    Perciò si crea agli occhi di molte realtà rimaste fuori (nomino anche il Fontanone ad esempio) si vedono molte ingiustizie.
    Come è vista come ingiustizia il fatto che sia stata premiata (in alcuni casi accettata) in tutti e tre i bandi solo una pregressa manifestazione.
    Si deve capire che sono state “fatte fuori” molte realtà che l’EstateRomana l’hanno creata e fortificata negli anni ’70/’80/’90. A volte anche in maniera discutibile.
    Pensate un’estateRomana senza Fontanone, senza il teatro della quercia del tasso o senza all’ombra del colosseo:
    Si ridisegna l’estate a Roma.
    Ma aggiungerei i pochi soldi dati a Cadmo o a Teatri di Vetro (che forse è stato penalizzato dalla nuova location?) o tanti soldi dati a Padiglione Ludwig.

    Poi se uno vuole analizzare forse il problema sta proprio nelle persone che hanno deciso chi doveva stare in commissione e le persone in commissione, che vengono da una unica estrazione (non politica, ma culturale) e probabilmente sono state un po’ cieche difronte alle realtà che poco conoscevano e poco consideravano.
    Sta di fatto che i pubblici diversi dell’EstateRomana non sono stati accontentati tutti…

    (poi se vogliamo possiamo anche analizzare i “danni” o la “percezione dei danni” che il Valle fa a questi operatori, quando in inverno sono operatori di teatri oppure possiamo analizzare le complicazioni delle commissioni nel giudicare queste proposte)

  3. scusate non è chiara la frase
    “Come è vista come ingiustizia il fatto che sia stata premiata (in alcuni casi accettata) in tutti e tre i bandi solo una pregressa manifestazione.”
    Intendevo che è stata premiata sempre la pregressa esperienza di una manifestazione”

  4. mai lette tante bugie tutte insieme
    molte rassegne dell’estate romana sono state chiuse per mancanza di fondi e proprio Valle e Angelo mai assorbono e consumano migliaia di euro.
    non c’è alcun guadagno per il comune, in tre anni di occupazione fascista sono andati persi 4 milioni di euro, compresi nello stipendio di 600 euro che ogni mese gli occupanti si danno.
    gradirei più informazione e meno approssimazione.

    • Alceste questo è importante, leggi la graduatoria 🙂 è facile ti giuro:

      1) il TEATRO VALLE non ha partecipato all’estate romana, non esiste nessun progetto riconducibile al Valle

      2) L’Angelo Mai ancora non “assorbe” nessun finanziamento dato è in quella zona della graduatoria che diventerà finanziabile solo se ci saranno i fondi e/o se altri progetti rinunceranno. E’ tutto chiaro ora????

      ciao

      andrea

  5. Qualche considerazione non richiesta e grazie per lo spazio.
    Sorvolo sulla professionalità dei giornalisti che si occupano di teatro, di solito e direttamente proporzionale agli inviti a cena che ricevono da coloro su cui scrivono.
    Più interessanti le considerazioni che seguono sul Valle e la politica culturale.
    Ho firmato l’appello del Giornale off, malgrado la mia lontananza dalle loro posizioni politiche e culturali. La mia posizione è nota e disquisire sul danno erariale mi sembra stupido oltre che inutile.
    Sono d’accordo sulla visione della deriva morale, etica e politica della sinistra italiana che avrebbe dovuto prevenire l’occupazione del Valle avendone avuto la forza. Come addetto ai lavori mi sento effettivamente arrabbiato, ingenuo, non pericolosamente ipocrita(!), tartassato e sicuramente sfinito; tutto questo è vero ma non mi acceca al punto di far coincidere lo sgombero del Valle con la risoluzione dei mali cittadini e no (la situazione romana non è molto diversa dalla situazione agonizzante della cultura italiana, della scuola, dell’arte, dello spettacolo dal vivo, del cinema, dei musei, dei beni culturali…)
    Chiamare a raccolta una categoria di artisti per fare fronte unico su un tema (“zona del contemporaneo”, mamma mia!), sburocratizzare, liberare l’arte e il teatro da una politica stupida, invadente e ignorante (chiedo scusa per la citazione Sgarbiana) non è pratica avulsa dalla “liberazione” del Valle. Se tutto ciò avvenisse non ci sarebbe bisogno di sgomberare il Valle perché ognuno avrebbe il suo spazio con la possibilità di lavorarci, studiare, approfondire, maturare.
    Perché mettere insieme l’Angelo Mai con il Valle? Il Valle non è uno spazio occupato, è un teatro del settecento e io lo vorrei gestito in altro modo.
    Allo stesso tempo rispetto la voglia e la volontà di chi vuole uno spazio dove poter esprimere la propria cultura, i propri progetti culturali. Ripeto: culturali, non politici o ideologici. Non sono d’accordo sulla definizione di politica quale forma d’arte urgente e necessaria. La politica governa ed esprime delle regole. L’arte può al limite aprire gli spazi della conoscenza ma non genera regole. La politica genera regole. Se il Valle è diventato una fucina di pensiero politico, un laboratorio politico, non è più un boccone amaro per la destra o la sinistra: è un boccone amarissimo per me e per chi vuole che la politica si faccia altrove, magari nel parlamento o nelle piazze, magari in trincea. A teatro no, a teatro voglio conoscere il mondo, senza regole. Se la politica sale sulla scena deve risvegliare la mia coscienza, non incatenarla alle regole e alle idee. Le riflessioni politiche si possono fare ovunque ma se c’è bisogno di un simbolo come il Valle per produrle temo che rimarranno riflessioni sterili.
    In tre anni non mi è capitato di conoscere nessuno, addetti ai lavori a parte, che mi abbia detto o riportato: “l’esperienza del Valle ha contribuito a portare in luce nella mia coscienza l’esigenza di lottare e di stare a fianco di chi non riesce ad accedere ai diritti fondamentali in uno stato europeo del 21° secolo, il diritto alla casa, all’istruzione, alle cure, alla possibilità di esprimersi con l’arte”.
    Mi piacerebbe che gli occupanti del Valle non si aggrappassero al simbolo del teatro Valle per fare politica ma formulassero un vero e proprio manifesto di riappropriazione della possibilità di occuparsi della cultura da parte del popolo italiano. Il bando per l’estate romana che si sposa bene con il firmaturo decreto cultura per lo spettacolo dal vivo è un esempio chiaro e lampante di come la politica abbia abdicato al ruolo di fare delle regole chiare, certe e comprensibili per diventare gestore delle regole interpretabili e incerte.
    Regole fatte da burocrati che assomigliano ai buttafuori delle discoteche alla moda, qualche regola la seguono ma fondamentalmente fanno entrare chi gli pare. Intimare alla politica di fare le regole è lotta politica. Dove si fa? Chi la fa?
    Non credo di essere o apparire troppo negativo se dico che il cinema, il teatro, il teatro di strada, la pittura, la musica, ecc… sono per la politica italiana semplici appendici utili solo a qualche piccolo tornaconto!! Diventa ministro della cultura (uno peggio dell’altro da decenni) quello a cui si deve dare un contentino, generalmente a qualcuno che ambiva a ben altro! Il direttore generale dello spettacolo dal vivo si permette di dire e fare ciò che gli piace da più di un decennio senza che la politica abbia nulla da ribattere, destra o sinistra, un direttore per tutte e stagioni! Un direttore che anni fa millantava il riassesto del “Maggio Fiorentino” e del San Carlo di Napoli: sappiamo tutti come è finita. Un direttore che non è riuscito a produrre una seria legge per lo spettacolo e che ora ci impone un decreto demenziale.
    E’ perfettamente inutile che dibattiamo tra di noi di teatro contemporaneo, di ricerca, classico, moderno o antico: se allo stato, cioè alla testa, non frega nulla del teatro e dell’arte in generale, a noi che siamo il corpo non rimane altro che far arrivare qualche motivo di dolore.
    Lo spettacolo dal vivo, pubblico e privato, è allo stremo, veniamo tutti trattati
    come straccioni e noi ci ballocchiamo con le riflessioni politiche, dimenticando che anche Michelangelo, noto artista, mangiava facendo tale mestiere!
    Fare l’attore è un mestiere così come il musicista, il tecnico, il pittore, lo scultore, lo scrittore, il regista, il comico, il datore luci, il ballerino… Un mestiere da artigiano che a volte sublima e diventa arte. L’arte è un patrimonio che la politica dovrebbe coltivare come il contadino fa con il suo campo. L’arte è un patrimonio che tutti i cittadini dovrebbero difendere.
    Lottare per la Casa, l’Istruzione e la Salute è un diritto e un dovere di tutti i cittadini ma il campo di battaglia non è il palcoscenico del Valle.
    Grazie per l’attenzione. Robert Schiavoni

  6. Altra piccola cosa: sono andato più per curiosità che per altro ad una riunione privata di queste associazioni che si sono presentate al bando dei festival storici e all’EstateRomana
    e c’è da dire che le anomalie sono tante soprattutto per il bando dei festival Storici.

    Nel bando non si premiava veramente la storicità:
    c’è un festival rimasto fuori che quest’anno avrebbe compiuto la 69esima edizione (penso i Concerti alla Sapienza).
    Villa Celimontana è rimasta fuori (è arrivata ultima!!!)
    Anche il Cinema a Piazza Vittorio.
    Qui la cosa è paradossale: per 10 anni, questa manifestazione era tra i primi due posti dei festival più meritevoli, con questo bando scende al 37esimo!!!
    Si parla di una manifestazione che l’anno scorso ha aperto con 1200 persone per un film visto e rivisto.
    Una manifestazione che ha aperto quando Piazza Vittorio era in totale degrado ed è diventato un appuntamento importantissimo per la città…

    Qualche casino è stato fatto. Non dico che chi ha vinto non meriti e chi ha perso non demeriti. Non sono rimasti fuori i meglio e dentro i peggio.
    Ma se si voleva fare un bando per i festival storici, molti sono rimasti fuori…

  7. Credo che ci siano almeno 2 punti distinti nella conversazione.
    Uno riguarda la polemica con il valle sottolineata da Andrea, ma citata da repubblica solo come una chiacchiera di corridoio.
    L’altro lo specifico del bando e del suo esito.
    Sul secondo punto nn ho niente da dire. Ogni contestazione è legittima, ma il dato macroscopico è comunque il dimezzamento delle risorse disponibili.
    Su questo si dovrebbe, innanzitutto, ragionare.
    ma si fa fatica a farlo perché la situazione romana è talmente incancrenita da impedire qualsiasi fronte comune.
    Sul primo punto, invece, ho delle convinzioni apodittiche.
    Storta o parziale che sia, quella del Valle occupato è una bandiera che ha conquistato una visibilità internazionale.
    E, con buona pace degli operatori culturali e basta, ha una forte valenza politica.
    I beni comuni sono un fronte discusso e discutibile. Fortemente legato al problema dei beni indisponibili.
    Un dibattito del tutto aperto. Anche nel senso strettamente giuridico.
    Da cittadina, non accoglierei con soddisfazione nessuna soluzione del problema ottenuta semplicemente cancellando il fronte della battaglia.
    NON C’È CULTURA SENZA DIRITTI SOCIALI!
    Realtà come il valle, l’angelo mai, asilo filangeri, la Buridda di Genova e tante altre ce lo ricordano, in ogni giorno della loro esistenza. Per il solo dato di fatto della loro esistenza.
    Con buona pace di chi lotta per difendere sparute rendite di posizione, ci vogliono nuove regole e nuovi criteri. Va fondata una nuova legalità.

  8. C’è un errore di fondo in quello che dice Marzia.
    Premetto che quello che segue sono percezioni altrui che io vedo e sento quando parlo con queste persone.
    Nonostante non sia favorevole per altre questioni NON QUESTE, all’occupazione del Valle, NON SONO LE MIE OPINIONI.

    Le due polemiche sono viste molto unite. Perché una generazione di operatori (tra l’altro proprio quella più lontana da queste rivendicazioni) si è sentita tradita da questa politica.
    Anzi si accorge che la politica non c’è e non prende decisioni.
    Fa un bando dichiarando che è un bando per i festival storici ma quelli più storici (ce ne sono alcuni che hanno più di 30 anni) rimangono fuori e poi i politici stessi dicono a quelli rimasti fuori che si sentono spiazzati dalla vittoria di quelle associazioni (e vedrete che una soluzione economica verrà fuori).
    Si sentono traditi anche perché proprio sul Valle alcuni operatori (come il Valle stesso penso) chiedono una regolarizzazione della cosa (anche a favore del Valle).
    Perché a differenza di quanto dice Andrea, il Valle costa (o è percepito come un costo non necessario), toglie lavoro, non paga contributi o tasse e falsa il mercato (parlo sempre di percezione, che in alcuni casi è più o meno vera o grave in altri è assolutamente falsa).
    Sanno che per ottenere dei finanziamenti si fanno (ci facciamo) in 4 per raggranellare tutta la documentazione di un anno e validare il nostro operato, per avere quello che il Valle ha senza questi sbattimenti. Anzi una realtà che si oppone a certe decisioni (anche Comunali) è sovvenzionata anche di più di alcune realtà.

    Faccio un esempio di costi.
    Il Valle probabilmente ha 60kw (ho trovato questo dato su dei documenti precedenti all’occupazione)
    il Teatro Tordinona ha 20kw. Il teatro Tordinona spende circa 500 euro al mese di elettricità (ed ha abbassato sensibilmente questo dato dopo aver messo ovunque luce led dall’ufficio agli altri spazi, prima era di più).
    Perciò possiamo dire che il Valle probabilmente consuma almeno 1000 euro al mese.
    12000 euro l’anno che chiaramente non sono nulla, ma sono superiori (anche se di poco) al finanziamento stanziato dal Mibac dell’anno scorso…

    ORA PARLO SEMPRE DI PERCEZIONE DI ALTRI
    NON CREDO CHE IL VALLE RUBI QUEI SOLDI a noi del Tordinona o ad altri teatri
    MA CERCO DI FAR CAPIRE CHE IN UN REGIME DI TOTALE INSICUREZZA DATO DALLA POLITICA e in un caos di finanziamenti che vanno sempre a diminuire, per alcuni (NON PER ME) il problema economico del Valle diventa grave (o meglio è percepito come grave).

    Sento dire da operatori che falsa il mercato e che il Comune lo sta facendo.
    Altri forse più illuminati e più vicini a me, dicono “accettassero la fondazione, facessero un bando ad hoc per far vincere alla fondazione la gestione del Valle e così risolvono”
    Ma su questo come su altri fronti si è davanti ad una politica che non sa dare risposte…

  9. nell’articolo non c’è un solo concetto esatto, non una notizia giustificata, neanche una verità inconfutabile.
    Short Theatre non è mai stato fatto al Valle ma gli occupanti partecipano dallo scorso anno.
    il teatro Valle ha fatto chiudere teatri e compagnie grazie ad una concorrenza sleale. e per averne prova basterebbe guardare i dati Agis degli scorsi due anni.
    Tsipras non è politica, visto che si è già eclissato e Rodotà ha preso le distanze dagli occupanti.
    non è una guerra tra chi ha capito tutto e chi ancora spera di sopravvivere con l’assistenzialismo, ma tra improvvisati amatoriali in cerca di palco e di attenzioni, già che nessuno dei comunardi era mai salito sul palco del valle prima dell’occupazione, e professionisti che sanno come funzionano le cose.
    questo articolo è potenzialmente fascista e retrogrado!

    • Si Alceste è proprio come dici tu:

      gli occupanti partecipano a cosa???

      In che senso Tsipras si è eclissato? Sei nel parlamento europeo? Hai notizie da darci?

      Vabbè sul finale nel quale dici che questo articolo è fascista e retrogrado neanche rispondo perché ti sei umiliato da solo…

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