Raffaele Viviani per Teatro in Video, 3° appuntamento
Oggi difficilmente l’annuncio di un lutto sarebbe accompagnato da un tono così solenne, nessuna sorella “poserebbe” a sfogliare i copioni di scena e di sicuro non accadrebbe di veder filmato il letto dove un qualche artista ancora giace nell’ultimo sonno. Ed ecco allora che, a guardare questo video del 1950, un certo sconcerto ci coglie nell’osservare le spoglie di Raffaele Viviani, il suo feretro che in carrozza si fa strada su un corteo di facce disperse dalle strade del tempo. Ma, per le stesse ragioni, sconcerto ci coglie nel constatare che il suo nome richiama in pochi qualcosa di conosciuto, anche per chi il teatro pratica, ama e frequenta. Sono in molti a vedere una città che è un universo intero come un’isola di solo folklore o un sudicio inferno di illegalità, e anche questo genera sconcerto. Perché Napoli è piuttosto un paradiso di contraddizioni tanto forti da generare misericordia e gloria della creatività e perché Raffaele Viviani è stato ed è fra i suoi massimi cantori, autori, poeti, interpreti e drammaturghi. Dalle tavole dei palcoscenici periferici vibranti degli schiamazzi di marinai, prostitute e poveretti, fino alle maggiori ribalte nazionali e alle tournée mondiali egli, unico della sua generazione, offrì di tutte quelle contraddizioni uno scorcio tenero e inclemente insieme, ricreò un genere mescolando prosa, melodia lirica e stilemi da café chantant così da trasformare la tradizione in un campo fertile di innovazione, grazie a una personale miscela di rispetto e abiura. Fra le prove interminabili, le repliche infinite, i progetti felici e infelici, gli incontri con Marinetti, l’amicizia conservata fin dagli esordi con Petrolini, i problemi di censura nel Ventennio, le recite sotto i bombardamenti e il dolore per la malattia che lo strappò alle scene, il Teatro restò per lui sino alla fine un mestiere come definizione del senso di sé e costruzione di uno sguardo del mondo, sintesi di una battaglia che esiste e che anela a un riconoscimento fin oltre la soglia del respiro.
«E la mia vita fu tutta una lotta: lotta per il passato, lotta per il presente, lotta per l’avvenire. Con chi lotto? Non con il pubblico, il quale anzi facilmente si fa mettere con le spalle al tappeto, ma con i mille elementi che sono nell’anticamera, prima di giungere al pubblico. Parlo del repertorio, delle imprese, dei trusts, dei trusts soprattutto. Oggi come ieri, l’uomo di teatro è in lotta continua con l’accaparramento dei teatri di tutta Italia, i quali sono tenuti e gestiti da pochissime mani, tutte strette tra loro». L’incontro con la morte dovrebbe essere per alcuni il passaggio da volto a maschera di tutti, visto che il “qui ed ora” è spesso una crepa illusoria nella ciclicità del “sempre”.
Marianna Masselli
Twitter @Mari_Masselli
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