Il danzatore di Pina Bausch Lutz Förster per Teatro in Video, 5° appuntamento
Pina Bausch, pioniera di un nuovo modo di intendere la danza, in un continuo scambio di reciproche influenze tra il mondo fuori di lei, la sua fantasia e i suoi meravigliosi collaboratori, è stata, prima di tutto, in grado di rendere l’arte veicolo attraverso il quale esprimere l’umana natura . Semplice e raro nutrimento per i suoi lavori. Poche – ma quanto mai significative – le messinscene basate su una singola opera. Ancor meno gli adattamenti di “balletti” nel senso più tradizionale del termine. Quel che adesso è un genere, il teatro danza, fu per lei un variegato percorso che dalla danza espressionista passò per il teatro o per la modern dance includendo le più distanti pratiche artistiche. Questa propensione al mélange nella creazione diventò bandiera di stile quando a partire dal 1980 “stücke” (ovvero sia “pezzo”) fu usato come epiteto per ogni suo futuro spettacolo. I giochi infantili, un prato di garofani, una canzone di Gershwin, il linguaggio dei segni diventano allo stesso modo stimolo, esperienza di vita da cui attingere. Lo sguardo di un giovanissimo Lutz Förster durante uno spettacolo del 1983, Nelken, è solo uno degli infiniti modi coi quali Pina Bausch faceva entrare nelle sue coreografie la realtà, trasfigurandola in poesia. Concentrato a “cantare con le mani” ogni singola parola della nota canzone di Gershwin, The man I love, il suo sguardo sembra liberarsi di ogni sovrastruttura, quasi dimenticato il tema della canzone; nel suo deglutire iniziale, nella sua impassibilità, rimane una cosa sola, fortissima: la sua umanità danzata. Non si tratta di stupire per l’azzardo né di sconvolgere per la sfrontatezza, ma di rimanere, esposto, in quel leggero imbarazzo, perché «le cose più belle, nella maggior parte dei casi, sono completamente nascoste».
Viviana Raciti
Twitter
@Viviana_Raciti
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