HomeArticoliSciapò e il teatro a cappello. Un'intervista per caso

Sciapò e il teatro a cappello. Un’intervista per caso

Sciapò: il pubblico paga gli artisti a cappello. Siete d’accordo?

 

Su Twitter siamo stati intercettati da Laura Belloni promotrice  e organizzatrice della rassegna Sciapò, nata da un’idea di  Domenico Santo per il Teatro Civico 14 di Caserta nel 2011. Dal 15 aprile la rassegna sarà a Roma presso il teatro Tordinona con cinque spettacoli:  Ladyoscar (20 Chiavi Teatro, 15 aprile), Il macero (Roberto Solofria, 16 aprile), Cyrano (I Marabutti 17 aprile), Rosa Nurzia (compagnia esposti, 18 aprile) e La parola madre (Teatro di Legno , 19 aprile). La peculiarità dell’evento è il pagamento degli artisti con la formula del “cappello”. Sarà il pubblico a decidere quanto varrà lo spettacolo e  la performance lasciando  una somma a proprio piacimento.

Laura Beloni ci ha chiesto cosa ne pensassimo, ne è venuto fuori un interessante dibattito al quale potete aggiungervi rispondendo alla conversazione su Twitter o utilizzando qui i consueti commenti.

info: www.sciapò.it

https://twitter.com/LauraBelloli/status/453529741522644992

 

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2 COMMENTS

  1. C’è un’aspetto che mi ha colpito del ragionamento di Laura Belloni, quando dice che il cappello è un’arma a doppio taglio “solo se sbagli”. Mi ha colpito perché il “diritto allo sbaglio” è stato uno dei punti fermi della ricerca, rivendicato da più generazioni di artisti che volevano fare del teatro qualcosa di più che semplice intrattenimento. E’ anche vero che c’è chi ha abusato di questo diritto, creando una frattura tra pubblico e teatro di ricerca (ne parla bene Roberto Castello in un documentario che spero vedrà presto la luce). E quindi la voglia di ricucire quella frattura è sicuramente importante, nella scena di oggi. Ma senza perdere il diritto di cercare e, a volte, di sbagliare. Altrimenti la ricerca artistica non può essere altro che il passatempo di chi può permettersela. Il consenso che si cerca nel pubblico gioca necessariamente su ciò che si conosce già, sono rare volte è “progressivo”. Il teatro come arte, per me, è invece qualcosa che mi parla di ciò che non conosco ancora.

  2. Non sono d’accordo, gli artisti vanno pagati. Magari poco ma pagati. E’ un lavoro, non è un hobby. Se al ristorante mangio male non pago? Pago e non ci torno più. Dietro ogni spettacolo, anche il più piccolo, c’è un lavoro immenso. Sarebbe bello però se anche da noi prendesse piede il teatro di strada dove ognuno può cimentarsi con il cappello!! Ho visto all’estero artisti di strada meravigliosi con il cappello pieno di soldi. Ho scoperto poi che la sera lavoravano in fior di teatri!!!!

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