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Il Teatro Coppola tra terra e mare

Al Teatro Coppola di Catania: un viaggio nella Sicilia dei teatri

 

Platea del Teatro Coppola. Foto di Daniele Arona
Platea del Teatro Coppola. Foto di Daniele Arona

Lontana dai consueti lidi romani, protetta dai numerosi ombrelli che pendono dal soffitto del Teatro Coppola, ascolto il rumore del mare. «Sono a casa», mi dicevo, questo suono, anche se registrato, ne è conferma. Sul palco del teatro occupato catanese numerose reti pendono e assieme ad esse un violoncello. Ma lo spettacolo in scena quella sera parla di un altrove, come a confermare che l’attore non può esser profeta in patria:  è una Ballata per Venezia.

Ci si distacca dalla propria terra per curiosità giovanili, ansie d’affermazione, o semplicemente, perché si crede che quel territorio non presenti gli stimoli desiderati. Chi ha fame di teatro faticherebbe a ritrovare nell’offerta degli Stabili catanesi un territorio fertile e sensibile al contemporaneo e alla messa in crisi del presente; per cui, vigliaccheria o ignoranza, si parte. Ci si allontana e, poi, come risacca si ritorna indietro e ci si scopre sorpresi di trovare forme nuove; tra mercati del pesce e vie barocche, da qualche anno potreste rientrare nel Teatro Coppola, risorto sulle macerie del suo omonimo più antico, edificato nel 1820 come primo teatro comunale della città, in seguito distrutto dai bombardamenti, ripreso e abbandonato più volte. Fino alla fine 2011 quello spazio rimaneva inutilizzato, poi, anche sull’onda di quei movimenti di riappropriazione degli spazi affamati di cultura, all’allora ex attrezzeria del teatro lirico Bellini venivano tolti i sigilli.

Ballata per Venezia. Foto di Matteo Busato
Ballata per Venezia. Foto di Matteo Busato

Davanti agli occhi di cittadini si ergeva un luogo in pezzi che solo con l’aiuto più spassionato sarebbe potuto diventare quel che adesso lotta per continuare ad essere. Uno spazio polivalente dove, mi raccontano, ancor più che le necessità artistiche, sono quelle umane a ricoprire primaria importanza: una gestione comunitaria aperta a tutti dove chiunque possa acquisire e parimenti offrire il proprio contributo. Ciò che colpisce è come, a fianco di questo ritrovato bisogno da parte della città di un luogo in cui lasciarsi attraversare senza costrizioni di sorta, si possa trovare anche un’apertura artistica nella quale potenzialmente chiunque può proporre un lavoro. Il rischio di tale disponibilità è quello di trasformare il laboratorio protetto in cui sperimentare in una zona franca dove non si sente la necessità di confrontarsi col rischio. Invece la sorpresa sta nel constatare – almeno in questo caso – la presenza di lavori fuori dalla stretta cerchia dei conosciuti, il cui valore è evidente a prescindere.

Ballata per Venezia “arriva dal continente” o, meglio, fuori dall’isola da un altro arcipelago di lembi di terra staccati dal mare. Una produzione italo-francese per uno spettacolo che vive di entrambe le sonorità. In questa Giulio Boato, regista e videomaker veneziano si affida alla voce cullante dalla leggera inflessione francese di Juliette Fabre che, senza nessuna pretesa di totalità, si serve del racconto come di una passeggiata tra canali, accompagnando allo sguardo bambino il gioco tra il suono “analogico” del violoncello e altri inserti sonori digitali ideati e mixati dal vivo da Lorenzo Danesin, soffermandosi ora su un personaggio fiabesco, ora su una leggenda, ora su una possibile vicenda contemporanea. È un’ode a una città sepolta dalla sua stessa immagine – fosse quella del Doge perduta tra le acque, quella truffaldina del “Mammalucco” o di un centro invaso dai turisti con la sua poesia nascosta – la Venezia di questa ballata appare mai tronfia, quasi assopita dal cullare delle onde, dallo scroscio di una camicia bagnata. Come in sogno, questo è un racconto di un luogo inaccessibile, valicato per il breve tempo di un’ora.

Viviana Raciti
Twitter @viviana_raciti

Visto al Teatro Coppola in Aprile 2014

BALLATA PER VENEZIA
Dialogo armato tra una donna e un violoncello

Corpo, voce e violoncello: Juliette Fabre
Composizione e manipolazione audio: Lorenzo Danesin
Scene e allestimento: Carlo Risi
Drammaturgia e regia: Giulio Boato
produzione DOYOUDaDA

in collaborazione con: Alliance Française de Venise, Fucina del Corago, Teatro della Murata

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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