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Taccuino critico. Hamlet, Bogosian e Binario 2

Hamlet Project, Piantando chiodi nel pavimento con la fronte, Binario 2.  Recensioni brevi

Tra le molteplici offerte teatrali, sul Taccuino Critico si appuntano segni di sguardi diversi che rispondono a un’unica necessità: osservare, testimoniare, dar conto dell’espressione pura, del piccolo e grande teatro…

hamlet project
foto hamletprojectx.wordpress.com

HAMLET PROJECT
di W.Shakespeare
Regia Patrizio Cigliano
con Andrea Cannucciari, Daniela Cavallini, Patrizio Cigliano, Domitilla D’Amico, Marco Manca, Marco Montecatino, Biagio Musella, Alessandro Parise, Cristiano Priori, Daniele Sirotti.
Con Gianni Giuliano nel ruolo di Polonio.
con la partecipazione straordinaria di Gigi Proietti nel ruolo del Fantasma
scene Fabiana De Marco
costumi Andrea Viotti, Anna Missaglia
light designer Pietro Sperduti
musiche originali Giacomo Del Colle Lauri Volpi
Con la partecipazione straordinaria in voce di Gigi Proietti nel ruolo del Fantasma.

Presentato come impresa rivoluzionaria “contro la crisi” a colpi di comunicati stampa che raccontano quanto sia stata innovativa l’intuizione di preparare uno spettacolo facendo sì che gli attori si dividessero costi e incassi (ovvero quello che da sempre accade in molte compagnie indipendenti), fregiandosi della presenza in voce registrata di Gigi Proietti (il padre di Amleto naturalmente), scegliendo gli attori senza provini fisici, ma a quanto pare tramite video-provini da smartphone, questo Hamlet Project in scena fino al 6 aprile al Teatro Orologio di Roma ha attirato una certa attenzione come esempio di artigianalità teatrale. Patrizio Cigliano, regista ma anche autore della traduzione e dell’adattamento, ha messo in piedi un’operazione di attacco frontale alla prima versione shakespeariana del 1603, rinvenuta nell’Ottocento e più agile di quelle successive. Obiettivo: azzerare i tempi morti con un ritmo che vorrebbe vibrare costantemente nell’azione e negli stati emotivi dei personaggi. Funzionali le musiche di Giacomo Del Colle Lauri Volpe, ma appunto il rischio è la solita emozione a tutti i costi. L’Amleto interpretato da Alessandro Parise piange subito (poi fortunatamente si riprende e trova nella finta follia un buon appiglio), affettazione e pathos sono dietro l’angolo per gli attori meno esperti. Interessante invece la soluzione scenografica: un cubo che in ogni faccia contiene un piccolo teatrino. Cigliano spinge sul pedale dell’azione curando ritmi, cambi di scena e duelli, per un Amleto che non sconvolge i palati più fini, ma che risulta un buon intrattenimento per uno spettatore alle prime armi.

Andrea Pocosgnich
Twitter @Andreapox

Al Teatro dell’Orologio fino al 6 aprile 2014

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Foto di Mena Rota
Foto di Mena Rota

BINARIO 2
sotto la panca la capra crepa
con: Luigi Morra
drammaturgia: Pasquale Passaretti
regia: L. Morra e P. Passaretti
una produzione: Etérnit in collaborazione con Teatraltro
grafica: Pasquale Aversario e Achille Pacifico
video promo: Matteo Mignani e Antonio Arcieri
assistente di produzione e organizzazione: Flavia Alvi
ufficio stampa e comunicazione: Valeria Zecchini

Vedersi scorrere la vita davanti lasciando che scivoli via nell’attimo rumoroso di un treno merci al passaggio al livello, un’insignificante stazione sperduta in cui farsi trasferire per una sorta di contrappasso esistenziale di una vita troncata: questo è il fulcro di Binario 2, che dopo aver ricevuto un riconoscimento al Fringe romano di qualche anno fa, torna nella capitale al Teatro Tordinona. Il monologo scritto da Pasquale Passaretti si svolge in una scena vuota tranne che per un microfono; saranno le parole a tessere il racconto della memoria del capostazione interpretato da Luigi Morra, sguardo attonito da clown bianco, intento a ricostruire il senso del suo esser lì. Nonostante i vari spunti interessanti sembra, tuttavia, che l’operazione manchi di precisione  e non sia in grado di affinare il valore scenico delle trovate, né di conferire il ritmo necessario a manifestare quel vuoto esistenziale e poetico di cui la vicenda vorrebbe farsi carico. Occasione sprecata l’abito troppo lungo, che avrebbe potuto arricchire quel senso di disagio di chi non riesce ad adattarsi al proprio ruolo e che invece rimane giusto un orpello. Ancora, al di la della meta-teatralità tutto sommato accessoria, l’uso del microfono solo in un caso sembra trovare una funzione, mentre in generale appare come amplificatore patetico (e la luce soffusa che isola il momento non aiuta) di una situazione che non avrebbe bisogno di ulteriori rimandi. Rimane, di questo treno in corsa non preso, la sincerità di uno sguardo e la certezza che, se meglio lavorata, avrebbe potuto portare risultati migliori.

Viviana Raciti
Twitter @Viviana_Raciti

Visto al Teatro Tordinona in marzo 2014
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Bogosian
Foto Paolo Landolfi

PIANTANDO CHIODI NEL PAVIMENTO CON LA FRONTE
di Eric Borgosian
con Stefano Skalkotos e la partecipazione di Michela Ronci
scene Mariangela Caggiani
costumi Sara Barsotti
progetto Audio e Luci Martino Fiorentini
regia Roberto Negri
Officina Dinamo

Chi ama la radio, o il cinema, di certo l’ha visto. Era il 1988 quando uscì un film inquieto, notturno, ma incredibilmente poetico come Talk Radio, di Oliver Stone. Conduttore radio, fulcro dell’intera pellicola, era Eric Bogosian, attore e drammaturgo che aveva scritto con Stone la sceneggiatura, a partire però dalla propria piéce teatrale. Perché Bogosian, che ricordiamo in molti altri film, è prima di tutto un autore, dissacrante, graffiante, come pochi scrittori americani, non a caso di origine straniera, precisamente armena. Quel suo tono galoppante, musicale, con un certo garbo passa in una piccola sala italiana, il Teatro Tordinona di Roma, dove Officina Dinamo di Roberto Negri porta in scena Piantando chiodi nel pavimento con la fronte, una serie di sei monologhi affrontati da un solo attore: Stefano Skalkotos.
La qualità trasformista di quest’ultimo permette una lettura dello spettacolo per quadri, connotati dalla cura del personaggio che è volta per volta arricchito di elementi vocali, declinati per varie inflessioni dialettali; è questo stile rock e incazzato di Skalkotos, più che l’accenno di una regia, a comporre le scene e salvare un’idea di spettacolo mutuata dal cinema e un po’ faticosa, senza molto più che una presenza muta (ironicamente provocante Michela Ronci in body rosso e pattini a rotelle) e un cappotto cammello a fare da interlocutore, perché sia scardinata una prevedibile sequenzialità. Eppure, a merito di Negri, una vitalità di fondo un po’ splatter attraversa il brulichio di queste esistenze ossessionate dalla protezione, dalla sicurezza e la città in cui spendono relazioni, compitando misura dell’esistenza che gli è preclusa. Ciò che non saranno e mai avranno. Li incatena a quel che sono.

Simone Nebbia
Twitter @Simone_Nebbia

Visto al Teatro Tordinona in marzo 2014

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