Recensione di Infinita. Familie Flöz al Teatro Valle Occupato di Roma
Allora, signori, giù la maschera. È arrivato il momento di rivelarsi. Per quale motivo avete cominciato ad andare a teatro? Ci siete capitati per caso e vi ha catturato un’immagine, un gesto, una parola che in quel momento sapeva parlare di voi? Siete studiosi e volete verificare nelle sale a voi contemporanee la portata storica di quanto leggete? Vi ci hanno portato gli amici poi loro hanno smesso e avete continuato voi? Oppure si continua insieme e vi date appuntamento prima di una pizza o di una birra nel locale vicino? Ma io voglio sapere non perché ci andate, oggi, voglio sapere cosa vi ha spinto la prima volta a varcare il confine di una platea. Voglio ascoltare dello stordimento a farvi raggirare, della caduta in un sentimento che non vi appartiene eppure, ora, appartiene anche a voi, dell’anima restituita dopo un lavaggio centrifugo nella coscienza, dell’emozione per la distanza mille volte lontana e vicina insieme, andirivieni eterno tra la platea e il palco. C’è, nella vostra esperienza primaria, una briciola di tutto questo? E allora ascoltatemi, uscite da casa prendete un mezzo per grandi o brevi distanze non importa, arrivate al Teatro Valle Occupato di Roma oggi o domani, parcheggiate come e se potete, ma poi entrate e godetevi tutti i novanta minuti in cui Familie Flöz vi trascinerà dentro Infinita, nuova creazione e piccola guida all’ascolto di sé e dell’emozione teatrale.
Potrei scrivere una recensione. Fare il tecnico. Non lo farò. La sala del Valle era di nuovo pienissima, bello che accada in questo teatro che le amministrazioni dichiarano sempre in via di risoluzione o dismissione e che invece, nel frattempo, da quasi tre anni anima la vita culturale della città, quel teatro che solo, pur nella difficoltà di proporre un progetto artistico solido, sa offrire un simile spettacolo in grado di accordare tutti, fuori da ogni adesione – o aderenza – ai propositi di occupazione. È un dato, sia messo agli atti. Già ieri sera, lì di fronte, c’era chi provava a discorrere di lunghezza di quella scena o estensione di quella luce, ma non erano che orpelli, già in loro covava il desiderio di buttare tutte le carte in aria e dichiarare che Familie Flöz con questa che si deve dichiarare “anteprima romana” gli ha riportato negli occhi, per una sera appena, l’idea di teatro che aveva il loro sguardo “fanciullino”. L’hanno fatto secondo una ricetta che fu di Charlie Chaplin: «Una risata, una lacrima», alternanza di sentimenti in opposizione come un pungolo continuo a non arrendersi allo sguardo, enucleare gli occhi come a fargli fare un giro di slot machine, restituendoli all’immagine successiva intatti, pronti all’estremità opposta.
Familie Flöz è un gruppo che da più di dieci anni risiede a Berlino, ma è composto da artisti sempre diversi che danno vita quindi a creazioni autonome da una poetica unitaria, proprio rilanciando quell’idea di apparizione essenziale che al teatro, fin dalla sua origine, appartiene. La loro arte nasce dal teatro di figura e dalla clownerie, dalla danza, dall’uso circense, acrobatico, ma intimamente, fermamente drammaturgico: i temi si sviluppano attraverso la crescita interiore dei personaggi, in loro risiede l’intero spettacolo, nelle dinamiche di relazione, con mezzi definiti dalla stessa compagnia «antelinguistici», quindi primordiali. Di nuovo: essenziali.
L’indagine che guida Infinita è quella esile linea di confine tra la nascita e la morte, speculari situazioni dell’esistenza in cui si riconoscono dell’uomo i caratteri più istintivi, indifesi, senza il filtro del linguaggio. Con sapidità e leggerezza – una lacrima e una risata – entrano nelle grandi maschere che estremizzano i lineamenti e che di volta in volta sembrano come modellarsi, per ospitare il diverso sentimento che l’immagine composta va a innescare. I contrasti e le apparizioni dei bambini che litigano per una bambola attorno a un box per infanti, che muovono i primi passi, che si ingegnano per arrivare alle altezze massime di un tavolo e che scoprono la sottile differenza tra maschietti e femminucce, si animano del loro opposto, di quell’altro limite di demarcazione estremo che è la vecchiaia, in un ospizio dove c’è spazio per una magia continuamente sconvolta da geniali ed esilaranti trovate e da poetici rivolgimenti intimi, che la musica dal vivo di un pianoforte ratifica e presenta al conto della nostra commozione. In dialogo con un video animato che raccorda i contenuti e li stilizza, il contatto tra gli uomini indifesi sviluppa le tensioni che all’umano appartengono, le estremizza a darne piena verità. E se poi tutto questo non fosse accaduto realmente? Possiamo dire che non sia vero? È accaduto il suo gioco, la sua riproduzione ciò che lo rende vero in noi e quindi, apparendo, vero assoluto.
Simone Nebbia
Twitter @simone_nebbia
Fino all’8 marzo 2014 al Teatro Valle Occupato
Roma
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Familie Flöz
INFINITA
un’opera di e con Björn Leese, Benjamin Reber, Hajo Schüler e Michael Vogel
produzione di Familie Flöz, Admiralspalast, Theaterhaus Stuttgart
regie Michael Vogel e Hajo Schüler, maschere Hajo Schüler
scenografie Michael Ottopal, costumi Eliseu R. Weide, musiche Dirk Schröder
disegno luci Reinhard Hubert, animazioni e video Silke Meyer
video Andreas Dihm,
direttore di produzione Pierre Yves Bazin