Emanuele Scieri, vittima della folgore, al Teatro di Documenti il caso del ragazzo morto nella Caserma dei parà
Lo spazio del Teatro di Documenti, scavato negli anni Ottanta dentro il Monte dei Cocci di Testaccio da Luciano Damiani – a lungo costruttore e pensatore degli ambienti di Giorgio Strehler – è un prezioso esempio di spazio dell’immaginazione che diventa realtà. Quando Damiani iniziò i lavori con le proprie forze nello stabile di Via Nicola Zabaglia, si accorse quasi subito del suono vuoto rilasciato dalle pareti, che attestava ciò che forse era solo una speranza. Dietro la muratura più o meno recente era celato un passato antico e dunque altri spazi da far emergere, su tre diversi livelli.
Più che un teatro potremmo parlare di uno spazio scenografico nel quale i singoli ambienti – foyer, sala, camerini, etc. – semplicemente si fondono in un pensiero unico che si contrappone anche all’idea usuale del buio totale: qui infatti le pareti sono bianche e l’arredamento (porte e sedute) tendono al massimo al beige, un chiarore abbacinante incapace di spegnersi totalmente anche con le luci abbassate.
Assistere in questo spazio dell’immaginazione a un lavoro in cui il teatro si fa veicolo per un processo di documentazione civile (il caso di Emanuele Scieri), di emersione della cronaca assopita sotto quindici anni di silenzio, è una contraddizione funzionale. Lo spettacolo scritto da Isabella Guarino e Corrado Scieri si inserisce in questa pratica che vede nella programmazione del teatro progetti sul tema civile e del lavoro.
Emanuele Scieri è morto la notte del 13 agosto 1999, il corpo è stato trovato tre giorni dopo, ai piedi della torre di asciugatura della caserma Gamerra di Pisa. Secondo le ricostruzioni, il ragazzo è rimasto in agonia, con la schiena spezzata, prima di andarsene. Ma in quei tre giorni nessuno l’ha visto, nessuno si è accorto ci fosse un corpo sotto a dei tavolini nel retro della caserma. In quella sera d’agosto, all’appello, Emanuele era semplicemente assente. Il lavoro diretto da Paolo Orlandelli e scritto proprio dai genitori di Emanuele, autori anche del libro pubblicato nel 2007 da Kaos Edizioni, Folgore di Morte e di Omertà, vive di una bellissima e genuina ambiguità: a raccontarci questa storia tragica e buia non troviamo un narratore o una piccola compagnia di professionisti esperti, ma una squadra di giovani, appassionati interpreti alle prime armi, supportati dall’esperienza di Giuseppe Alagna. Si divertono, sorridono di se stessi quando sbagliano, ma poi riprendono e si commuovono e alla fine, durante i saluti, i volti di alcune di loro si rigano di lacrime.
Ecco, c’è una sincerità visibile, un piccolo miracolo di cui forse è capace solo il teatro. Chi legge con frequenza queste pagine sa quante volte ci siamo scagliati contro certo velleitarsmo, ammonendo tentativi amatoriali spacciati per professionismo; ma nel caso di Emanuele Scieri, vittima della folgore tutto ciò diventa calore umano e veicolo di imprescindibile verità.
Determinante il ruolo di Paolo Orlandelli – in questo caso vero e proprio alchimista – che quattro mesi prima della messinscena ha avviato con i giovani attori un workshop di preparazione. Il risultato è una sorta di docu-teatro che però non rinuncia a momenti di ironia, le testimonianze dei parà colleghi di Emanuele, del generale e del procuratore responsabile delle indagini vengono estremizzate nei tratti fino a divenire grottesche; lo “Zibaldone”, una sorta di guida scritta dal generale Celentano per le reclute, è utilizzato come un vero e proprio laboratorio comico. Il risultato è spiazzante e antiretorico. E poi ci sono gli eventi, messi in fila da Isabella Guarino e Corrado Scieri uno per uno in modo semplice ma incalzante. Rimangono solo le domande e lo stupore: probabilmente ora, mentre voi state leggendo questo articolo, in libertà c’è qualcuno che fa di tutto per dimenticare un atto di nonnismo perpetrato in quella notte di agosto, una di quelle “goliardate” (così le chiamava la cultura militare per derubricarle) finita male. Mentre leggete qualcuno ha forse anche fatto carriera, come se nulla fosse successo, come se la vita di un ragazzo di 26 anni, lasciato agonizzante per ore in terra e trovato solo quando l’odore diventava insopportabile, valesse meno di nulla; sono corresponsabili di quei superiori che, secondo un testimone, hanno consigliato ai “nonni” di non soccorrere Emanuele. L’uomo, come lo Stato, può dimenticare, eppure riaprire ora quel fascicolo sarebbe un atto dovuto, rompere il muro di omertà e trovare i nomi di chi ha chiesto a Emanuele di salire sulla torre di asciugatura dei paracadute, come da usanza con le scarpe allacciate tra di loro, per poi metterlo ancora di più in difficoltà colpendolo con gli scarponi alle mani, e causando in questo modo la caduta mortale.
Al neo Ministro della Difesa Roberta Pinotti, invitato dal regista Paolo Orlandelli a teatro, ora spetta l’onere di scegliere se lasciare che questa vicenda rimanga ancora al buio (quattro le inchieste fallite) o se riaprire il caso per tentare di fare luce su quella notte d’agosto lunga quindici anni.
Andrea Pocosgnich
Twitter @andreapox
Firma la petizione per la riapertura del caso
in scena fino al 16 marzo 2014
Teatro di Documenti
Roma
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EMANUELE SCIERI, VITTIMA DELLA FOLGORE
di Isabella Guarino e Corrado Scieri
regia di Paolo Orlandelli
con Andrea Batti, Riccardo Bergo, Valeria Cammalleri, Lucia Caporaso, Domenico Franceschelli, Simone Frateschi, Aleandro Fusco, Giovanna Gentile, Raffaele Gliottone, Beatrice Picariello, Elisa Sensi, Davide Solari, Martina Taglianozzi.
E con la partecipazione straordinaria di Giuseppe Alagna.
Consulente Aldo Mantineo,
Aiuto regista Giacomo Orlandelli,
Assistente Stela Mazeva,
Tecnico Lucia Miele Liquori