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Alessandro Gassmann e Riccardo III. Ricerca di vicinanza

R III. Riccardo III diretto e interpretato da Alessandro Gassmann. La recensione dello spettacolo in scena al Teatro Argentina

 

Foto Alessandro Riva
Foto Alessandro Riva

Dramma storico composto da Shakespeare probabilmente verso il 1592, Riccardo III è un’opera cruenta, nella quale la bramosia di potere del protagonista è pari soltanto alla sua incapacità di leggere nell’animo altrui la pietà per il suo corpo deforme. Al Teatro Argentina, la storia della contesa tra i Lancaster e gli York, intrisa di omicidi, di inganni e di solitudine, è dunque il primo approccio a un testo shakespeariano da parte di Alessandro Gassmann in veste di regista e primo interprete.

A lungo lontano dai lavori del drammaturgo elisabettiano forse per timore di confronti paterni (familiari e artistici) che ancora incombono nella memoria collettiva di chi c’era e di chi avrebbe voluto esserci, il regista già Premio Ubu nel 2010 pone davanti a sé con chiarezza alcuni obiettivi. Sorprendere, emozionare, avvicinare il pubblico.

Ma precediamo con calma. Anzitutto la vicinanza. Gassmann, sostiene nelle note di regia, per evitare un linguaggio aulico troppo distante da quello immediato – sicuramente impoverito – contemporaneo, decide di affidare l’adattamento allo scrittore, drammaturgo e traduttore Vitaliano Trevisan, al fine di ritrovare l’aderenza al pubblico secondo lui manchevole in tante messinscene shakespeariane. Non si parla di riscrittura, ma di una sottile per quanto sostanziale rivisitazione. Durante le due ore e mezza la lentezza di certe scene non sarà da attribuire quindi a quel linguaggio storicizzato: da tale punto di vista il risultato sembra essere raggiunto, anche se certo turpiloquio (principalmente di un unico personaggio, Hastings) rischia di essere tutto sommato inutile provocazione, che non trova eco nel resto dei personaggi né arricchisce l’interpretazione, rimanendo nel pubblico come unica motivazione di una risata convulsa.

Foto Alessandro Riva
Foto Alessandro Riva

Discorso diverso andrebbe fatto per un altro tipo di linguaggio, quello scenico, che in questo caso – sempre per quella ricerca d’adesione – è ricco di effetti visivi, luministici e sonori. Lo spazio richiama con dovizia l’atmosfera cupa da castello gotico nel quale l’oscurità visiva rispecchia quella interiore, dove non si prospetta mai un salvifico raggio di sole. Non sono un caso allora i volti scavati, cerei, ombrati di grigio a cui fanno contrasto la sontuosità dei costumi (confezionati da Mariano Tufano). Un’imponente triplice arcata divide la scena (di Gianluca Amodio); di questa, solo il più piccolo e centrale arco acuto rimane unica via d’accesso al proscenio, al più vivo contatto col pubblico, mentre i due laterali sono in realtà muri invisibili coperti da velatino. Le video proiezioni (ideate da Marco Schiavoni come nei precedenti spettacoli di Gassmann) in certi casi fungono bene da quinta non dipinta, ma animata. Eppure nella loro semitrasparenza – donando quell’idea di tridimensionalità fittizia tale per cui all’attore che sta dietro si sovrappone, ad esempio, un fuocherello a cui riscaldarsi – qualcosa non torna. A questo adattamento spesso si troverà accostato il termine “cinematografico”, probabilmente dovuto per lo più  alla successione di scene che, grazie alla suddivisione spaziale, sembrano scivolare l’una dentro l’altra. Nota curiosa: adornavano l’ingresso in platea due manifesti in 3D riproducenti il cast completo che sembra come sollevarsi dalla carta, farsi quasi reale. Tuttavia questo fittizio effetto da cinema stereoscopico non dovrebbe essere “naturalmente” presente in teatro? Evidentemente in questo caso no. I velatini così come i microfoni di cui tutti si servono, diventano barriera distanziante che difficilmente viene attraversata. Ed eccoci di nuovo a parlare di vicinanza verso il pubblico. Riccardo, da Shakespeare dipinto il più trucemente possibile (anche per un’esaltazione degli allora regnanti, discendenti dell’opposta fazione), sembra non avere spiragli: deformato il corpo e lo spirito eppure seduttore, abile manipolatore, insensibile ai sentimenti d’amore e pietà, persino la vendetta gli è indifferente, intento a falciare chiunque si presenti sul suo cammino. Conosce solo il suo obiettivo: ottenere un trono di cui non avrebbe diritto. Eppure nel tempo, sotto la coltre pesante di nefandezze, interpretazioni mirabili hanno mostrato anche paura, insicurezza e solitudine  profondissime.

Gassmann altissimo, qui col braccio rattrappito e l’andatura malferma, appare come un generale spregiudicato i cui intrighi sono tutti visibili, la complicità con noi è ricercata, ma sembra ridursi ad una richiesta di adesione per il più forte, non per colui che ha l’animo talmente logorato da ritrovare fatalmente l’umanità, rimanendone attratti nonostante tutto. Non si riscontra nella sua voce l’affanno e la fatica se non nelle sedute: ci piacerebbe scoprirla di più la sua debolezza, quell’infinitesimo scarto che da ferita subìta diventa rabbia feroce e assassina. Il gigante con le spalle ricurve ha improvvisi crescendo, rituona destandoci dal torpore, ma in noi resta lo stordimento d’effetto che, come lampo, squarcia il cielo ma non lo sconvolge, ritornando avviluppato nell’oscurità.

Paradossale che questa ricerca di vicinanza in alcuni punti anche raggiunta, non trovi alla fine suo completo svolgimento. Riccardo davanti all’ultima sanguinosa battaglia, al cospetto dei suoi fantasmi si ritroverà solo, finirà implorando, folle da scambiare il regno per una presenza, fosse anche un cavallo. Eppure, finalmente scopertosi uomo, l’attore non è più carne. La parola si fa immagine, diventa proiezione, virtualità che punta all’effetto, perdendo di vista il senso di questo, che non è fine ma tramite. Il teatro, ancora, è fatto di carne.

Viviana Raciti
Twitter @Viviana_Raciti

Leggi altre recensioni SPETTACOLI ALESSANDRO GASSMANN

In scena al Teatro Argentina fino al 6 aprile 2014 [cartellone 2013/2014]

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Forlì Teatro Diego Fabbri 11/04/2014 – 12/04/2014

R III • RICCARDO TERZO
di William Shakespeare
traduzione e adattamento Vitaliano Trevisan
scene Gianluca Amodio
costumi Mariano Tufano
musiche originali Pivio & Aldo De Scalzi
videografia Marco Schiavoni
ideazione scenica e regia Alessandro Gassmann
con (in ordine di apparizione) Alessandro Gassmann, Mauro Marino,Giacomo Rosselli, Manrico Gammarota, Emanuele Maria Basso, Sabrina Knaflitz, Marco Cavicchioli, Marta Richeldi, Sergio Meogrossi e con la partecipazione di Paila Pavese
produzione Teatro Stabile del Veneto, Fondazione Teatro Stabile di Torino, Società per Attori
con la partecipazione produttiva di “LuganoInScena”

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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