Recensione dello spettacolo in scena al Teatro Eliseo, da Il giuoco delle parti di L. Pirandello
Il teatro di Luigi Pirandello è costellato di trappole più o meno complesse per qualsiasi regista contemporaneo che aspiri a cercare nelle commedie dell’autore siciliano una traccia, imprescindibile, di presente. Quelle del ciclo meta teatrale per esempio si prestano sì a sperimentazioni varie, ma se non maneggiate con cura ed estro, con l’ardire di violarle, si rischia la messinscena storica o la farsa; le opere invece più legate al teatro borghese, quelle che legano a doppio filo il dramma con la filosofia pirandelliana e che si svolgono tra anguste mura domestiche, appartengono a un passato lontano nel quale apparenza e verità erano profondamente scisse, nel quale la libertà dell’individuo giocava una continua battaglia per sovvertire l’ordine morale. Ora sono ben altri gli steccati, i valori (o disvalori): quella dicotomia, polverizzata in mille particelle, ha preso altre forme. Nel Giuoco delle parti, nonostante l’incipit modernissimo (troviamo il protagonista Leone Gala che vive separato dalla moglie) per il periodo in cui fu scritto, il 1918, tutta la meccanica drammatica è mossa da ingranaggi che oggi sarebbero ben poco credibili: Silia, mentre è in casa con l’amante Guido, viene importunata da un branco di mascalzoni ubriachi che la scambia per una prostituta, inquilina dello stesso palazzo. La donna, volendosi vendicare dell’inettitudine del marito, fa in modo che questi sfidi uno di loro a duello… Insomma da queste parti la parola attualizzazione sembra davvero una chimera. Allora ben venga qualsiasi tentativo che sposti minimamente l’asse della percezione e della rappresentazione.
La compagnia di Umberto Orsini, in scena fino al 9 marzo 2014 al Teatro Eliseo ci prova, ma forse con una mossa troppo semplicistica, comunque da intendersi in una visione ben precisa di regia. L’adattamento di Orsini, Roberto Valerio e Maurizio Balò (autore anche delle scene) ha piantato il dramma nel terreno dei ricordi del protagonista facendo sì che i personaggi e la vicenda sbocciassero dal passato. Il Leone Gala di Orsini è un vecchio ricoverato in una casa di cura, dalla sedia a rotelle guarda le scene del suo passato farsi vive. La regia di Valerio risolve con una soluzione da manuale: una scenografia molto alta con pannelli scorrevoli, all’occorrenza semi trasparenti, è l’interno prima della casa di cura e poi dell’abitazione di Silia o dello stesso Gala. Come alla scena basta un movimento e una luce per cangiare l’ambientazione, alcuni attori devono operarsi per il doppio ruolo. Umberto Orsini si è circondato di giovani – Carlo de Ruggeri e Woody Neri, i quali non solo tengono in pugno a dovere i propri personaggi, ma riescono anche a colorarli di interessanti sfumature – e di attori la cui esperienza ed efficacia non permette sbavature: la Sila di Alvia Reale è altera, con un pizzico di follia; Michele Di Mauro gioca a dovere con la codardia di Guido Venanzi, ne fa un uomo piccolissimo, tanto da giustificare alla perfezione il gesto con cui prenderà il posto di Gala nel duello e poi Flavio Bonacci, medico sulle punte dell’ironia, che riesce a non cadere nei tranelli della macchietta. Ma soprattutto c’è una varietà complessiva nella recitazione che quasi mai si appiattisce su toni e inclinazioni vocali paludate.
Eppure allo spettacolo manca quella presa che permetterebbe di impedire allo spettatore di accasciarsi sulla poltrona. In parte vi è una freddezza dovuta di certo al meccanismo, l’impianto drammaturgico e scenico una volta compreso non sorprende più e anzi in due o tre occasioni risulta appesantito dalla voce off del protagonista che riflette sulla sua condizione attuale svelando così anche il gioco. Inoltre è proprio la performance di Orsini a non rendere giustizia al progetto nel suo complesso. Alla prima, con un parterre d’eccezione, fatto di giornalisti, attori e politici in platea, ma pure di tanti rigidi osservanti dell’ortodossia teatrale pronti a farsi viola al minimo gesto che possa mettere in cattiva luce la classicità di Pirandello, il protagonista recita per una mezzora buona su un piano vocale troppo intimo e dopo una serie di sussurri, cantilene e sillabe finali cadute in precipizi di incomprensione, tre o quattro spettatori bacchettano il grande attore: «Non si sente… voce!». Dopo poco tempo alcuni tra il pubblico se ne vanno, non sappiamo se per la voce bassa di Orsini o se a causa dell’impianto drammaturgico che in parte tradisce l’originale. Chi rimarrà vedrà comunque poco più del testo e il tradimento, di cui parla anche Orsini nelle note dello spettacolo, è una semplice cornice che da sola non può scardinare il sistema drammaturgico ed etico di una commedia pirandelliana del 1918.
Andrea Pocosgnich
Twitter @andreapox
in scena fino al 9 marzo al Teatro Eliseo [cartellone 2013/2014] Roma
Vuoi qualche consiglio sul spettacoli da vedere a Roma?
Agenda – Teatro Roma programmazione
Ogni settimana gli spettacoli da non perdere, una guida per orientarsi fra i numerosi teatri di Roma
IL GIUOCO DELLE PARTI
da Luigi Pirandello
adattamento Valerio, Orsini, Balò
con Alvia Reale, Michele Di Mauro
Flavio Bonacci, Carlo de Ruggieri, Woody Neri
scene Maurizio Balò
costumi Gianluca Sbicca
regia Roberto Valerio
produzione Compagnia Orsini
in collaborazione con
Fondazione Teatro della Pergola
DATE Tournée
Dall’11 al 16 marzo MODENA Teatro Storchi
Dal 18 al 23 marzo CATANIA Teatro Stabile
26 marzo LECCE Teatro Paisello
27 marzo BISCEGLIE Teatro Garibaldi
Dal 28 al 30 marzo BARLETTA Teatro Curci
2 aprile SENIGALLIA Teatro La Fenice
Dal 3 al 6 aprile CESENA Teatro Bonci
Dall’8 al 13 aprile FIRENZE Teatro La Pergola
14 aprile ROVIGO Teatro Sociale
15 aprile MANTOVA Teatro Ariston