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Grigio è il Discorso di Fanny & Alexander

Recensione di Discorso Grigio di Fanny & Alexander

 

fanny & alexander
Foto Enrico Fedrigoli

Tra un libro sfogliato con poco interesse e un bicchiere poggiato sul tavolo che spera di esser bevuto, un discreto numero di persone attende nel foyer l’inizio dello spettacolo. Interrompe questa inerzia serale – avvolta in un tepore da bar, con il tintinnio cristallino dei bicchieri in sottofondo, e il vociare soffuso e rilassato di fine giornata – un sibilo e poi una voce gracchiante ma pulita, diretta nel suo messaggio, annunciando: «Tra pochi minuti il Presidente parlerà alla nazione», lo farà nel suo Discorso Grigio, spettacolo prodotto da Fanny & Alexander e in scena al Teatro Valle Occupato per la sua stagione Altresistenze.

L’attore protagonista Marco Cavalcoli porta in scena la figura nevrotica, imprevedibile, mutevole e schizoide di un composito Presidente il quale, sciorinando un’oratoria in cui si alternano discorsi passati, presenti e forse chissà futuri, delinea il progetto di sperimentazione teatrale del duo Luigi De Angelis e Chiara Lagani: «Un lavoro sulla forma discorso, il rapporto tra singolo e comunità, tra individuo e gruppo sociale». Sei colori, sei tematiche, sei discorsi, interpretati da sei attori diversi, indagando l’oralità pubblica in ambiti che vanno da quello politico (grigio), poi pedagogico (giallo), religioso (celeste), sindacale (rosa), giuridico (viola), e infine militare (rosso). Il progetto artistico dei Discorsi diventa anche una rivista Numero O/1 Discorso Pubblico nata dalla collaborazione tra Fanny & Alexander e Pardès Rimonim, un gruppo teatrale francese con base a Metz.

Tramite l’espediente teatrale la dialettica quotidiana che lega insieme una comunità al singolo è analizzata, studiata e giudicata nei suoi subdoli messaggi, le formule ripetitive, i noti discorsi e le fallaci promesse. Il Presidente fa la sua apparizione in completo di giacca e cravatta, i capelli pettinati all’indietro e fermati da un paio di grandi cuffie simili a quelle utilizzate dai tiratori nelle gare. Pronto a sparare dunque, ma nello stesso tempo bloccato nella sua gestualità stereotipata, in un atteggiamento goffo caratteristico del ridicolo tentativo di ispirarci fiducia. Tuttavia, sembrerebbe che l’uomo impettito di fronte a noi non sia altro che la rappresentazione della nostra incoerenza, dovuta a quella bassezza sintomo di ignoranza propria a chi, per menefreghismo o passività, non pretende maggiore coerenza politica da chi dovrebbe avere il compito di fare le veci della comunità.

fanny & alexander
Foto Teatro Valle Occupato

Le doti virtuose di ventriloquo e la padronanza dei movimenti di Marco Cavalcoli stentano ad avere una precisa finalità, quasi annullati in un’estenuante coazione a ripetere: una macchietta che ha già recitato il proprio numero e che persevera a mostrarcelo fino a che lo spettatore, conoscendo le mosse e quali saranno le battute, si distrae e rompe quel legame dialettico fondamentale che sorregge e legittima il Discorso.
Torna nel finale anche l’enorme e grottesca maschera di Nicola Fagnani che, già vista in Discorso Giallo, in questo caso non delude per prevedibilità e intende rappresentare proprio quel nostro ventennale Presidente tanto odiato e anche amato.

Precisa ed efficace era la drammaturgia del Discorso pedagogico, i cui quadri scenici costituivano un flusso ipnotico e dialettico che teneva lo spettatore in scacco per tutta la durata dello spettacolo quasi fosse un bambino ammaliato dal fascino della televisione “cattiva maestra”; questa volta invece Fanny & Alexander sembrerebbe non possedere la stessa incisività, muovendosi invece a tentoni in una materia talmente ben conosciuta e appresa nel profondo, che non si può fare a meno di annullarla e poi dimenticarla nel suo ripetersi.

Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri

visto al Teatro Valle Occupato, Roma
31 gennaio e 1 febbraio duemila14 ore 21.00 | 2 febbraio duemila14 ore 18.00

DISCORSO GRIGIO
produzione FANNY & ALEXANDER
ideazione Luigi De Angelis e Chiara Lagani
drammaturgia Chiara Lagani
progetto sonoro The Mad Stork
regia Luigi De Angelis
con Marco Cavalcoli
annunciatrice Chiara Lagani
registrazioni Marco Parollo
abito di scena Tagiuri Abbigliamento
oggetti di scena Simonetta Venturini
maschera Nicola Fagnani
promozione e ufficio stampa Marco Molduzzi e Filomena Volpe
logistica Fabio Sbaraglia
amministrazione Marco Cavalcoli e Debora Pazienza

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

5 COMMENTS

  1. Una sola nota per l’autrice, visto che sembra non saperlo: Discorso Grigio è precedente a Discorso Giallo. Anche se lei, a quanto pare, ha visto prima il secondo.

  2. Carissimo Michele C.,

    È vero che l’autrice ha visto prima Discorso Giallo (come molti di noi qui a Roma). E, dal momento che i Discorsi vengono presentati in maniera autonoma, senza obbligare (con una maratona o con un qualche strano tipo di propedeuticità) lo spettatore a vederli in sequenza, mi pare che si abbia la totale libertà di metterli a confronto mettendo da parte la loro successione cronologica.

    Malgrado tutto, mi sembra che questa frase – che compare prima di qualsiasi paragone impostato – spieghi in maniera chiara che la sequenza è quella da te indicata: “Sei colori, sei tematiche, sei discorsi, interpretati da sei attori diversi, indagando l’oralità pubblica in ambiti che vanno da quello politico (grigio), poi pedagogico (giallo), religioso (celeste), sindacale (rosa), giuridico (viola), e infine militare (rosso)”.

    No?
    grazie di aver letto.

    Sergio Lo Gatto

  3. Certo, quella frase sì, ma il paragone successivo (“Torna nel finale anche l’enorme e grottesca maschera di Nicola Fagnani che, già vista in Discorso Giallo, in questo caso…” e “questa volta invece Fanny & Alexander sembrerebbe non possedere la stessa incisività…”) sembrava più imprecisamente dire il contrario. Comunque non è certo un problema! Intendevo solo precisare.

    Grazie di avere risposto

    Michele Carone

  4. Certo certo, è ovvio che poi lei si rifà alla sequenza in cui li ha visti. Ma scusa, il risultato non cambia no? La sua opinione è che l’uso della maschera sia più incisivo in Giallo che in Grigio.
    Grazie ancora
    Sergio Lo Gatto

  5. vorrei averlo visto per parlarne qui con voi. Ne ho visto solo dei trailer… mi verrebbe solo da dire – ed è la mia principale curiosità nei confronti dello spettacolo, cioè verificare con la mia personale sensibilità se il lavoro mi risuona più o meno nel profondo, da spettatore – che se un gruppo come Fanny e Alexander sente un tale bisogno di affrontare il grigiume (il titolo immagino non sia casuale) di una “materia talmente ben conosciuta e appresa nel profondo” e di scomodare il faccione esplicito di Berlusconi o di mettere in voce le vociacce dei nostri politici grigetti una urgenza ed un motivo da prendere sul serio ci siano. Non mi pare, da quel che ne ho visto, che si faccia nel lavoro un’operazione imparentata con le parodie televisive di Crozza, quanto a intenzioni e significato. Che riprodurre il grigiore comporti il rischio del grigiore, o meglio del far sentire allo spettatore più accorto che si sta parlando delle solite cose che sente in televisione (e per il solito lo spettatore accorto se ne stufa) è un dato di fatto ma penso che sia un segno importante. Se persino qualcuno con un percorso anche a volte così a rischio di esser tacciato per intellettualistico ed ermetico (chi a visto, che ne so, il loro Emerald city e altre tappe del Ciclo di Oz può testimoniarlo) si mette lì a fare uno spettacolo che affronti l’mpressionante di lordura, cliché, stereotipi, retorica d’accatto, buone intenzioni d’accatto, furbizia d’accatto ci frullano il cervello tutto il giorno, tutti i giorni, tutta la vita, oltre la vita, vuol dire che qualcosa di non rimandabile, da prendere di petto ciascuno a suo modo, in questo paese c’è davvero, che son tempi in cui a rischio di esser banali o ridondanti, molti artisti ci son cose che proprio gli scappan da sentirsi addosso in scena. Vorrei averlo visto. E invece ho perso pure il Giallo. E va bene. Buon lavoro.

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