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Ritrovare Le Memorie del sottosuolo

Foto Giacomo Nicita
Foto Giacomo Nicita

Straniante e nuovo è il riavvicinarsi dopo alcuni anni a un capolavoro della letteratura russa come Memorie del sottosuolo di Fëdor Michajlovič Dostoevskij. La distanza che ci divide dalla prima lettura è ancora più profonda se il testo lo rincontriamo adattato a una messinscena teatrale.
Le parole riaffiorano piano piano alla mente cariche di un senso diverso ma familiare, un unheimlich letterario che ci sorprende, ci incuriosisce e, perché no, ci mette alla prova.

Nemmeno un insetto è il lavoro liberamente ispirato al romanzo del 1864, il cui adattamento teatrale e progetto scenico è affidato a Lorena L. Scintu con la regia di Carlo Cianfarini. In scena dal 7 al 12 gennaio al Teatro Studio Uno di Tor Pignattara, i due attori protagonisti (accanto a Scintu, Antonio D’Onofrio), danno corpo a quell’inettitudine voluttuosa del protagonista delle Memorie.
Passando attraverso il cortile del teatro si entra in una sala nella quale il piccolo palco rialzato e incorniciato da un arco sembra ricordare l’anfratto sporco e abbandonato nel quale si logora il personaggio: un letto disfatto, una tavola in attesa di essere sparecchiata, vestiti poggiati agli angoli, libri sparsi e un tappeto persiano a segnalare che, nonostante la trascuratezza, ci troviamo in un cantuccio sì, ma borghese. Lui, a petto nudo con la vestaglia e i pantaloni del pigiama; Lei, dapprima seminuda con il viso ricoperto di bianco, indosserà successivamente una camicia e, guardandosi allo specchio, continuerà a truccare il viso per farne una maschera con la quale sporcarsi e non riconoscersi. Da una parte Lui, l’uomo o il topo che, con un misto di orgoglio e quasi un’ipocrita fierezza, racconta in un monologo la propria quotidiana autocommiserazione, lottando contro quel positivismo ottimistico tanto odiato; dall’altra, Lei, che rappresenta l’inconscio, il sottosuolo, sottomesso a un Super Io ingombrante, che con severa consapevolezza cerca di redimere il povero inetto e di ricondurlo sulla retta via, dandogli una possibilità di (ri)uscita.

L’espediente di scindere in due personaggi la complessa e contraddittoria personalità del protagonista è volto, come sottolinea il regista a fine spettacolo, a dare l’idea di una sorta di lite familiare in cui la figura femminile rimprovera le “non azioni” del marito che sordo si rode nella sua riflessività di uomo borghese e acculturato, ma compresso in un’ ordinaria inesistenza.
Portare in scena un testo simile non è scelta facile, la sua “pesantezza” filosofica rischia di far cadere la messinscena nella noia e di rallentarne il ritmo, tuttavia l’adattamento in questione sembra superare l’ostacolo non solo grazie alla bravura degli attori – l’attrice accompagna la recitazione con movimenti mai eccessivi e attentamente dosati che evidenziano il contorcersi, non solo psichico, del protagonista – ma anche all’essenzialità con la quale si rende tangibile il pensiero derelitto dell’opera tutta. In questo, la vicinanza del pubblico agli attori (purtroppo solo tre spettatori) dato lo spazio esiguo, risulta funzionale al racconto: gli spettatori sembrano interpretare estranei interlocutori ai quali l’attore rivolge tutto il suo disgusto verso se stesso e il mondo esterno per non aver saputo essere «nemmeno un insetto». Sdegno corrosivo che in questa messinscena conduce il protagonista alla morte, forse approdo inevitabile e tanto agognato per una vita non vissuta, accompagnato dal suono di un carillon che ricorda una ninna nanna, suonata per cullare quella rabbia insoddisfatta in un altrove fanciullesco.

Lo schiaffo quantomai desiderato e mai ricevuto dall’inetto, giunge allo spettatore, allo stesso che anni prima lesse queste celebri Memorie dal sottosuolo. Diverse esperienze, altro sguardo, altra maturità. Un incontro scontro con le contraddittorie riflessioni di un uomo estremo nella sua lucidità, e crudele nella sua verità, irritante, pietoso, parassita, viscido e ingiusto, ma capace di colpire quelle che noi, fin troppo sicuri, chiamiamo certezze.

Lucia Medri

visto a Teatro Studio Uno, Roma
dal 7 al 12 gennaio

liberamente ispirato a Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij
regia Carlo Cianfarini
con Antonio D’Onofrio e Lorena L. Scintu
adattamento e progetto scenico Lorena L.Scintu

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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