Era stracolma ieri la sala Squarzina, al primo piano del teatro Argentina. Tutti pendevano dalle labbra dei due protagonisti. Occupato qualsiasi posto a sedere, dietro, a ridosso del tavolino allestito dall’ufficio stampa c’era chi, in piedi, ascoltava prendeva appunti, twittava. Tutti pronti ad ascoltare, attendendo con fiducia e speranza: il giovane attore, quello più esperto, il regista affermato, quello che sgomita, il critico militante che conosce ognuno e quello che se ne sta in disparte, la giornalista che non ha bisogno di presentarsi per una domanda e il collega ligio al rituale. E il tema fondante è la speranza. Serpeggiava tra gli addetti ai lavori che cercavano di scrollarsi di dosso l’indecisionismo politico dei mesi passati, le scelte direttive degli scorsi anni (eccezion fatta per il progetto Perdutamente), l’orizzonte fosco sul Teatro India, i debiti degli enti locali… Marino Sinibaldi e Ninni Cutaia, rispettivamente presidente e direttore artistico di questo nuovo corso sono riusciti a infondere fiducia. E di questi tempi è un primo passo sostanziale.
I due assessori alla cultura Flavia Barca (Comune) e Lidia Ravera (Regione) hanno parlato a nome delle istituzioni, ribadendo che le scelte fatte sono tra le opzioni migliori su piazza per competenza e trasparenza. «E lo rivendichiamo nello stesso momento in cui mi sento di poter dire, con grande semplicità, che abbiamo fatto una cosa normale, ciò che i cittadini si aspettano e oggi più che mai pretendono: abbiamo proposto un impegno a chi aveva tutte le carte in regola per onorarlo, donne e uomini di teatro e di cultura dai quali come amministratori, ma anche come cittadini e come spettatori, ci aspettiamo molto, come è normale che sia» afferma Flavia Barca.
Per il Teatro di Roma Sinibaldi ha parlato della necessità di un «respiro nuovo», ma il neo presidente è consapevole che questa istituzione non può che essere il fulcro della città teatrale; obiettivo primario di colui che è anche il direttore di Radio Tre – lo dice con quel sorriso furbo ammettendo la citazione dell’allenatore della Roma Rudy Garcia – è «riportare il teatro al centro del villaggio». Da qui le connessioni con le altre sale cittadine: Ninni Cutaia farà rifermento al lavoro di Fabio Morgan al Teatro dell’Orologio, portandolo come esempio di giovane imprenditorialità teatrale.
«Non sarà un teatro dell’abbondanza, ma dovrà essere un teatro che parli a una società rattrappita». Sinibaldi auspica un’istituzione teatrale in grado di dialogare con un’epoca in profonda crisi. Alcune indubbie capacità di comunicazione il presidente le mostra proprio dispensando battute e frecciatine ironiche al ministro Bray (presente in sala) a riguardo della candidatura del TdR tra i teatri nazionali che saranno creati con la nuova legge sulla riorganizzazione dello spettacolo dal vivo.
Le sfide di Cutaia (Dirigente del Mibact, ex direttore generale dell’Eti-Ente Teatrale Italiano e già alla guida dello Stabile di Napoli fino al 2006) sono molto precise: produrre e portare in abbonamento la danza, affrontare il problema dei giovani artisti, ma anche dei trenta-quarantenni che pur avendo le capacità non hanno avuto la possibilità di entrare nel sistema, affrontare il tema degli spazi con la riapertura di India (Barca ha rassicurato che sarà consegnato nei tempi previsti, dopo l’estate), contribuire a creare una cultura teatrale diffusa con progetti educativi esemplari come quello de La casa dello spettatore.
C’è insomma la volontà reale di creare una struttura aperta e agile che possa diventare significativamente il centro propulsore della cultura cittadina. I due capitani coraggiosi hanno le antenne ben puntate sulla comunità teatrale e lo dimostra il fatto di aver risposto con prontezza alle domande, anche le più spinose. Dopo l’ennesima battuta di Sinibaldi – «era una domanda che non ci aspettavamo» – Cutaia sul Valle non si tira indietro: «Un teatro così come lo stiamo immaginando non può non relazionarsi col Valle». Non mancheranno neppure i contatti con la Casa dei teatri e della drammaturgia contemporanea, qui Barca anticipa un ripensamento da parte del Comune; verranno avviati inoltre progetti europei e residenze artistiche. Infine Cutaia ha accennato ad alcune linee produttive da seguire: «Un teatro pubblico deve investire su quegli artisti che hanno una ricerca in atto, su qualcuno che non sia la convenzione».
Certo, il nuovo Cda dovrà vedersela con i debiti di Regione e Comune verso lo Stabile (più di 5 milioni di euro), dovrà sollecitare i lavori degli spazi ai piedi del Gazometro, e soprattutto dovrà trattare con quella politica che ha ormai relegato la cultura e l’arte nell’ultima pagina di una fitta agenda di emergenze, ma chissà che questa volta la speranza non sia fatta di sola «materia di cui son fatti i sogni».
Andrea Pocosgnich
Twitter @andreapox
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Resta il problema di un direttore artistico che è uomo di apparato, non di palcoscenico: avremo l’unico teatro stabile d’Italia con un direttore artistico che non dirige, non mette in scena, non recita, ma semplicemente potrà cercare di imporre/condividere con alcuni soggetti una sua “idea” di teatro. Basta?
Secondo me è una svolta interessante, ci sarà lo spazio per più produzioni e residenze e non un accentramento artistico come avveniva con Lavia ad esempio, poi mi pare che Cutaia abbia le idee molto chiare anche dal punto di vista artistico… stiamo a vedere. Insomma se questo direttore che “non dirige, non mette in scena, non recita,” sceglierà gli artisti che dovranno “fare regia, recitare…” con criteri e progettualità a lungo termine e seguendo quelle direttive che ha enunciato in conferenza stampa allora il TdR avrà un futuro interessante.
grazie del commento luigi
Andrea