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Verdina Stella. Quel personaggio fatto persona

Foto di Eva Tomei
Foto di Eva Tomei

A guardare Mariella Celia concedere alla concretezza di un’idea ogni sera nuovo afflato vitale, specie se martoriati dal faticare quotidiano, si rimane almeno un po’ rinfrancati. Beneficeranno occhio, orecchio, poi cuore e memoria. Troveremo traccia del suo passaggio di immagine in bilico, persistente proprio per la ricercata instabilità d’equilibri, tra note che martellano ancorando al suolo per poi librarsi negli acuti da violino, in un cinguettio via via più assordante o nel calore di una ballata napoletana, trasmettendo in ogni caso, come per contiguità, desiderio e adesione al movimento. Fin quando quelle stesse sensazioni non sembreranno giungere a una folta schiera di personaggi di cui troveremmo non la citazione ma l’eco.

Verdina Stella, nome della protagonista e titolo dell’assolo che ritornerà in scena al Teatro Tor Bella Monaca il 27 e il 28 dicembre prossimi (in seguito al consenso di pubblico avuto durante le precedenti date previste dal programma della Casa Dei Teatri), è una narrazione coreografica per frammenti in cui il personaggio sembriamo sbirciarlo a diverse distanze. A una esposizione diretta se ne sostituisce un’altra che sembra composta di ostacoli alla visione, come se tra la quotidianità – pur raccontata – e la resa scenica si interponessero maglie di diversa grana che tuttavia non ne oscurano la comprensione o l’adesione empatica. La cura registica di Oretta Bizzarri affianca alla precisione della danza un’ampia gamma di qualità emotive tali da trasformare il movimento che diventa goffo, spezzato, armonioso, infastidito, iroso, in attesa. Si potrebbe continuare a lungo, ma la lista perderebbe quella freschezza propria di Verdina Stella, quasi un Chaplin al femminile, un personaggio che si muove suo malgrado trainata dalla propria mano, punto di forza pure estraniata dal corpo; nell’intensa fissità di alcuni momenti si scorge un mondo che l’attraversa, nel quale ella tenta di trovare la propria identità, la propria postura, il proprio equilibrio. Per quanto in certi casi la voluta cripticità di alcune scene rischi di rimanere troppo in là da quella cortina di maglie, Verdina Stella passa dalla spensieratezza all’inquietudine, tanto nell’astrazione dei gesti quanto nella concretezza del discorso incarna la doppia faccia di un litigio col genitore o di un rimbrotto tra passanti, vibra nell’attesa di una persona cara. Rimanendo costantemente presente e credibile, risulta interessante anche l’approccio alla componente verbale dell’opera, né invadente né tantomeno superflua. Supporto narrativo in parecchi momenti, questa parola – detta a mezza voce o al contrario a pieni polmoni – molto spesso finisce per diventare contenitore volutamente svuotato del suo significato originario, le brevi frasi sembrano acquisire senso forse più per la loro componente fonetica e sonora che per la loro intima storia. Come allungamento di una nota, le lettere si fanno carico di un valore nuovo, dalle molteplici interpretazioni, a dirle è un Io incerto che attorno a sé non trova nulla – se non al massimo un candelabro, un cappello o un cappotto – eppure non può far a meno di affermarsi, e per farlo usa tutto quanto le rimane.

Foto di Eva Tomei - elaborazione grafica Roberta Pellegrino
Foto di Eva Tomei – elaborazione grafica Roberta Pellegrino

Forte di questa connessione tra diverse possibilità espressive la drammaturgia dell’intero spettacolo, del 2011, trova compiutezza in un lungo percorso, tuttora aperto, in cui partecipa oltre alla modalità di creazione mediante improvvisazioni, una ricerca nel rapporto con l’altro. Ricerca che prende le sembianze di una vita assumendo corporeità virtuale eppure concretissima attraverso gli scatti di Eva Tomei e i video di Guglielmo Enea. Il gioco del portare il personaggio fuori dal palco o dalla sala prove non si rileva soltanto nella presenza di Verdina Stella sui social network – piazza sociale nella quale ormai sappiamo quanto il grado di finzione ridefinisca con altri parametri l’effettiva o comprovata appartenenza alla realtà – ma anche nello sperimentarsi direttamente in un ambiente quotidiano: in strada, al mercato, arrampicata sui lampioni o negli autobus; il personaggio diventa persona incontrando una classe di piccole ballerine, vere spett-attrici di un lavoro di cui rimane più di una traccia.

Quell’intensità di sguardo che si ritrova nei lunghi momenti di stasi rende qualcosa di quei rumori, si arricchisce di quei colori, e per nulla piatto continua a guardare e ad incontrare l’altro per continuare ad essere.

Viviana Raciti

Visto in dicembre 2013 al Teatro Tor Bella Monaca
Roma

Repliche straordinarie  27 e  28 dicembre 2013

Vai al programma del Teatro Tor Bella Monaca

VERDINA STELLA
di Oretta Bizzarri
con Mariella Celia
Musiche Waits, Bizet, Ovadia, Brahem, Cantelom, Corelli, Murolo.
Regia Video Guglielmo Enea
Materiale coreografico Mariella Celia
Luci Stefano Pirandello
Regia, coreografia e costumi Oretta Bizzarri
Produzione Compagnia Atacama, Oretta Bizzarri

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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