Un nuovo progetto per Sguardi di quinta, un confronto sul discorso critico di due fotografe di scena (con Futura Tittaferrante è Ilaria Costanzo) che, facendo perno sull’alterità del linguaggio e dei tempi, scartano una mera pretesa di documentazione e vanno a ricercare quale energia si muove nello spazio invisibile. Prima, nella mezz’ora antecedente l’andare in scena, a frugare dietro le quinte per rivelare la materia di quel teatro che non si sa. Poi concentrate nell’attesa che questo si manifesti, dove la soglia spettacolo si fa aspettativa riconosciuta. (Redazione TeC)
The Four Seasons Restaurant, Il ristorante delle quattro stagioni. È il nome di un locale che esiste davvero sulla 54ª strada di New York, ma insieme è nome di un’esistenza scandita dalla lotta perenne tra la linea dell’evoluzione cosmica e i segmenti dell’uomo, l’infinito nei pensieri di chi, pur se ha concepito per la propria specie l’escamotage di contenere moltitudini, è in sé stesso concluso. The Four Seasons Restaurant è l’ultimo capitolo – terzo – di un ciclo immaginato oltre la suggestione derivata dalla lettura di Nathaniel Hawthorne, più ancora dal suo denso racconto Il velo nero del pastore che ha suggerito a Castellucci il primo Sul concetto di volto nel figlio di Dio e il successivo omonimo spettacolo. A stimolare l’artista è il perimetro del possibile, lo slancio umano che sfida e sfidando misura la distanza fra sé e l’universo, imponendo la sua strenua resistenza. (da Romeo Castellucci. L’artista e il buco nero di Simone Nebbia)
Fotografato a Roma (Teatro Argentina)
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