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Antonio Rezza e Flavia Mastrella: Fotofinish, il delirio esploso

foto http://www.antologiarezzamastrella.it/
foto www.antologiarezzamastrella.it

Ci sono recensioni semplici da scrivere, quelle che filano via lisce come l’olio nello scorrere rapido delle dita sulla tastiera, mosse da una schematicità immediata dello sguardo che non si concede a nessuna resistenza. E poi ci sono recensioni che arrivano alla penna più spaventate, almeno in apparenza. Bloccano l’abitudine alla narrazione di fronte a un muro composto da una miriade di parole, nella cui materia tuttavia si avverte il timore che essa possa trasformarsi nel suo contrario, nell’assenza, nell’incertezza momentanea di non saper dir nulla per eccedenza della visione. Se sia da reputare un bene l’una o l’altra cosa è certamente questione di mordente, di inclinazione alla monotonia o al confronto continuo: la responsabilità della restituzione è, in verità, una lotta senza tregua cui non ci si può sottrarre per vocazione, quasi mai. Oltre al mordente, anzi prima ancora, c’è poi lo spettatore, senza il quale sarebbe solo il nulla, venendo a mancare entrambi i termini del processo oggetto-osservazione. E di spettatori al Teatro Vascello per Fotofinish ce n’erano molti, tanti da generare una fila chilometrica al botteghino e serate su prenotazione da esaurimento di posti. Tutti lì per Antonio Rezza, che fino al 19 gennaio proporrà in successione i suoi ultimi quattro spettacoli costruiti, come sempre, assieme al lavoro di Flavia Mastrella per le ambientazioni.

Tracciare una trama sarebbe arduo e forse in un caso del genere pure improprio se con questo termine si intende lo snocciolamento di una vicenda, lineare e conclusa. Quelli che si trasfigurano in scena sono bagliori di disfunzioni, o meglio ancora il torrente ipertrofico del pensiero libero, divenuto flusso nel silenzio rumorosamente paranoide di una solitudine visionaria. Un uomo isolato nell’architettura di strutture in stoffa e metallo cerca tramite la fotografia un corrispettivo che allevi la sua condizione. Lo specchio dell’immagine lo riflette sulle superfici cerebrali in una sorta di delirio progressivo e lo tramuta: in una suora, in candidato e uomo politico, nell’unico lavoratore di una micro torre gemella, nell’astronauta di una navicella spaziale grande a stento un metro, nel medico e nel paziente di un policlinico mobile, nel cane a guardia di un superattico che può viaggiare dalla città alla campagna sino alla Costiera Amalfitana e finanche, trasmutazione volontaria della virilità corporea, in un donna col sesso imploso nella strettoia delle cosce. Un’illusione senza tempo, fuggita all’assoluzione e racchiusa nell’arco di circa un’ora e mezzo.

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foto www.antologiarezzamastrella.it

Il meccanismo si edifica sul dispendio costante dell’energia convertita in azione concreta, sulle note indolenti di un sarcasmo corrosivo, sulla presenza scenica di Rezza – ritmica tutta personale di corpo e voce qui coadiuvata da Ivan Bellavista – nel montaggio dei momenti. Questi sono incisi e trasudati dalla costruzione dello spazio della Mastrella, dalle sue strutture di tessuto chiaro, leggere come sono lievi le piume delle idee in circolo; le forme in palcoscenico sembrano nell’ideazione partire dalla performance e al contempo essere l’origine dell’articolazione delle situazioni. Ogni cosa accade come fosse una deriva gratuita, non giustificabile eppure del tutto necessaria all’equilibrio di uno spettacolo che non lascia ravvisare momenti di stanchezza nella percezione. Al chiarore bianco e celeste della scenografia, quasi una suggestione fatata, si aggrappa l’anatomia in movimento come se la follia della mente gli esplodesse dentro, tutta estroversa nella maschera del volto, negli arti che manovrano i volumi arancio catarifrangenti dei crocifissi di diverse dimensioni, della frusta, della bicicletta che sembra un monociclo. Dove la consequenzialità argomentativa pare essersi suicidata per penuria di materiali su cui applicarsi, si deduce chiara la struttura e funziona senza pietà, persino per il pubblico destinato a veder perire la sua tranquilla estraneità all’atto scenico esaurito negli occhi, a trovarsi scoppiare letteralmente sotto i piedi i petardi di una guerra immaginaria, a morire sul palco col sedere palpato per mano di un poliziotto impazzito.

«Io c’ho problemi serissimi» ripete più volte fra le risate della sala l’interprete, questa figura deliberatamente anti-filosofica e insieme sofisticatissima di discernimento marcito. Usciamo con l’impressione di sentirci più normali, anche noi a cui il teatro ha appena strappato a morsi la coscienza di essere, come tutti, completamente fuori di testa.

Marianna Masselli

ANTOLOGIA
Fotofinish dall’11 al 15 dicembre 2013
Bahamuth dal 17 al 22 dicembre 2013
7-14-21-28 dal 26 dicembre 2013 al 5 gennaio 2014
Fratto X dal 7 al 19 gennaio 2014
 leggi l’articolo di presentazione dell’Antologia con foto e video

FOTOFINISH
di Antonio Rezza e Flavia Mastrella
con Antonio Rezza
con Ivan Bellavista
e con Giorgio Gerardi
spettacoli (mai) scritti da Antonio Rezza
habitat di Flavia Mastrella
assistente alla creazione: Massimo Camilli
disegno luci: Mattia Vigo – Maria Pastore
organizzazione generale: Stefania Saltarelli

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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