Potrebbe risultare curiosa l’affinità etimologica di due concetti distanti quanto quelli di tradimento e tradizione, eppure la loro è radice comune che conduce a un medesimo orizzonte, leggibili entrambi nell’atto di consegnare qualcosa. Forse accogliere una tradizione, tramandarne un testo che sia in grado di aver ancora qualcosa da dire, cioè da mettere in gioco e non solo da raccontare, rappresenta in sé già un tradimento. Ma l’intento ha un che di nobile se permette, pur nella sua trasformazione totale, la possibilità che quel mito perduri. Le due letture che seguono cercano di render conto di esperienze distinte ma che presentano tuttavia alcuni spunti in comune.
Piccola Antigone e Cara Medea di Antonio Tarantino portato in scena da Teresa Ludovico e Tre Lai – Cleopatràs, Erodiàs, Mater Strangosciàs – di Giovanni Testori interpretato da Sandro Lombardi non sono soltanto monologhi che pur avendo carattere autonomo presentano vari punti di contatto o ancora riproposizioni di miti noti (più evidenti nel primo caso le fonti dei tragici greci, forse meno ovvie nel secondo), ma anche due possibili variazioni di come la parola e la voce possano essere veicolo privilegiato in grado di recuperare la trasmissione di un racconto attraverso un’esperienza essenzialmente orale e quindi condivisa.
Teresa Ludovico porta sulla scena due testi del proteiforme Antonio Tarantino, drammaturgo, pittore, politico; due lame fatte di parole in grado di riversare sui campi di concentramento polacco una desolata Medea odierna per la quale l’infanticidio rimane una paradossale rivendicazione, atto politico che si svuota nel momento stesso in cui è compiuto. Ma prima della deportata che ritorna a raccontare la sua storia ad un quasi sopravvissuto Giasone – muta figura che accoglie il mito e nell’ascolto permette che si trasformi in storia–, saremmo riusciti a intravedere qualcosa di apparentemente ancora più lontano. Dietro una figura altissima e ingobbita, prostituta malmessa e bianca, impensabile appare un’ombra di Antigone… [continua a leggere]
Tre lai, ovvero tre canti poetici ma anche tre lamentazioni d’amore questi monologhi di Giovanni Testori rappresentati in forma di lettura scenica presso il Teatro Vascello in occasione della XX edizione de Le Vie dei Festival: l’amore consumato e poi drammaticamente perduto da Cleopatra per il generale romano Antonio; quello mai realizzato e per questo capace di seminare follia nell’animo della regina Erodiade nei confronti del profeta Giovanni, e infine quello puro e disinteressato di Maria durante il Calvario. Sono tre donne che, seppur in maniera diversa, si ritrovano costrette a fare i conti con assenza insanabile. Dall’atteggiamento sognante di Cleopatra che, quasi per ingannare la nostalgia, stuzzica il giovane schiavetto – altra figura assente – prima di compiere l’estremo gesto; all’eretica regina che fa mozzare la testa dell’amato per la rabbia del non averlo posseduto, in un climax di follia e dolore il punto più alto di questa ascesa diventa catarsi inconsolabile e pura della madre che sacrifica il proprio figlio… [continua a leggere]
Viviana Raciti
I due articoli:
Piccola Antigone e Cara Medea di Tarantino per la regia di Teresa Ludovico