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Fabulamundi. Il teatro e la “comunità europea”

fabulamundi
La rivincita di Michele Santeramo – Teatrul Odeon, Bucarest. Foto Mihaela Lungu

Dopo più di vent’anni dai trattati di Maastricht sull’unità economica e finanziaria europea, dopo aver oltrepassato i dieci anni dall’introduzione dell’euro come moneta circolante nell’intero territorio dell’UE, sembra giunto il tempo del passo inverso, il potenziamento di progetti locali su scala internazionale, certo perché si possa attingere a risorse maggiori grazie al lavoro congiunto di varie realtà extraterritoriali, ma anche perché si allarghi il senso della comunità e vada a investire – paradossalmente in un terreno di “unità” politica – i caratteri della differenza. In questo clima sembra innestarsi il progetto Fabulamundi, vera e propria “trade” culturale europea ideata dall’organizzazione italiana PAV, in collaborazione con soggetti europei rintracciati in vari paesi al fine di promuovere e sostenere la drammaturgia europea ma, qui sta il punto, alimentando la forza delle drammaturgie nazionali.
Il progetto coinvolge quattordici realtà – molto diverse tra loro, dalle piccole organizzazioni ai teatri nazionali – in cinque paesi europei, con l’Italia che grazie a PAV è capofila del coordinamento ci sono la Spagna e la Romania (che facevano parte già del primo progetto simulato l’anno precedente), poi la Germania e la Francia, partner già solido grazie al progetto Face à face sul quale questo attuale e più esteso prende corpo. L’Unione Europa, grazie al bando “Programma cultura 2007-2013”, è co-finanziatore al 50%, il resto delle risorse è stato reperito nei vari paesi grazie a partner istituzionali e privati (in Italia il MiBACT, il Comune di Milano, la Fondazione Cariplo, gli istituti di cultura e le ambasciate).

Dopo una selezione degli autori nei vari paesi operata dai partner (in Italia ad esempio sono Short Theatre a Roma, Teatro i a Milano, Festival delle Colline Torinesi a Torino) è stata elaborata una rosa di proposte di autori giovani e poco noti all’estero al fine di fotografare la situazione della drammaturgia contemporanea sul territorio nazionale. Ogni autore ha poi scelto un proprio testo, a partire dal tema del progetto: The Dangerous Opportunity, identificata su sollecitazione dell’UE ma molto utile per dare un canale di riferimento e collegarsi fortemente al presente.

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Villa dolorosa di Rebekka Kricheldorf – Short Theatre, Roma. Foto Claudia Pajewski

In una fase successiva invece, ogni partner si occuperà di attivare una relazione con strutture che fanno formazione (università, scuole di teatro), in modo tale che il viaggio di ogni autore inneschi un lavoro formativo in loco, immaginando di realizzare masterclass, workshop di drammaturgia, creare così una coda progettuale di approfondimento e analisi perché anche gli autori possano confrontarsi con altre visioni.
A favore di una funzionalità di regime vocata alla leggerezza è la scelta agile di proporre i testi attraverso mise en espace, senza cioè porre ipotesi degli obiettivi da raggiungere, ma semplicemente mettendo in campo l’obiettivo stesso.
Un’altra cosa su cui si sta lavorando – a partire dal ricco sito fabulamundieurope.eu in cinque lingue e con informazioni dettagliate ed estratti da testi di ogni autore – è un forum, uno spazio di dibattito in cui ciascuno degli autori potrà scrivere a proposito degli ambiti di discussione, partendo da un diario dell’esperienza e focalizzando poi sul tema le proprie riflessioni.

Se organizzare incontri con registi o attori può essere più semplice per il carattere di certo più espressivo della personalità relativa al ruolo, la scelta di convocare in uno spazio comune “l’autore” (gli italiani sono Magdalena Barile, Lucia Calamaro, Enrico Castellani, Tindaro Granata, Armando Pirozzi, Letizia Russo, Michele Santeramo, Riccardo Spagnulo, Daniele Timpano, Daniele Villa) è un coraggioso tentativo di mettere in relazione ciò che è solitamente nascosto rispetto alla scena, vocato alla segretezza dei percorsi compositivi, tipicamente solitario, con l’obiettivo di formare vere e proprie residenze creative internazionali e passare, da questo primo passo di indagine conoscitiva, a immaginare forme di produzione senza confini.
Con autori così diversi, ad avere risalto è un margine di rappresentatività delle più varie tipologie di scrittura: lo scrittore di compagnia, quello chiuso a casa, chi è già stato rappresentato all’estero e chi invece si affaccia ora, ognuno però accomunato da un desiderio di contaminazione attraverso l’unica arma che permette loro, in fondo, di tradurre una visione in forma scritta: la reciproca curiosità.

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La rivincita di Michele Santeramo – Teatrul Odeon, Bucarest

Che sia il settore culturale a beneficiare maggiormente di quest’idea di condivisione, non è certo casuale. Le arti hanno da sempre il privilegio di corrispondere qualità al diffondersi di un’influenza virale, sviluppando con dovizia l’estensione di teorie e pratiche oltre i confini nazionali, ma ciò che maggiormente ha frenato tali evoluzioni è stato senza dubbio una dispersione di esperienze mai davvero sistematizzate e perpetuate. Nel caso di questo progetto pare invece che la necessità di “fare rete”, anche sfidando l’attuale naturale pregiudizio attorno a questa espressione di cui troppo si abusa, sia generata da un proposito di concretezza, diversamente da reti viste nascere e morire in passato e che, come indica Claudia Di Giacomo co-fondatrice di PAV insieme a Roberta Scaglione e coordinatrice del progetto insieme a Carlotta Garlanda, rispondevano a esigenze «più ideologiche che fattive».
Un sentiero ramificato dunque si spande per l’Europa sotto il segno del drammaturgo, paradossalmente la figura più confusa tra i mestieri del teatro nelle varie percezioni europee, locali. Una densità di lingue (curioso notare la presenza della provenienza germanica nel solo tedesco, di contro alle altre quattro lingue di origine romanza) e urgenze differenti, percorsi variegati che si riconoscono all’insegna di un processo culturale da seguire con attenzione e ricco di grandi potenzialità germinali. Dove sta fallendo l’unità economica e finanziaria, chissà che non riesca l’arte a fare del Vecchio Mondo un mondo tutto nuovo.

Simone Nebbia

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